sabato 30 luglio 2016

30 luglio 2016 - Tema libero

Non sono sicura di potervi scrivere lunedì prossimo, quindi gioco d'anticipo.
E visto che siamo in tema di libertà da regole e consuetudini, immaginate che vi scriva la mail più bella del mondo.
 
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Cosa dice la lettera che sopra ogni altra cosa vorreste ricevere?
 
Quella che vorrei ricevere io è molto banale. 
Assomiglia a un bigliettino dei baci Perugina.

Buon week-end!

E, naturalmente, buona settimana.


Silvana


lunedì 25 luglio 2016

25 luglio 2016 - Breve fenomenologia delle rondini



Ci sono cose che non mi stancherei mai di guardare.
Ad esempio, i cani che giocano. Soprattutto nella neve.
Poi, i cormorani che vanno a caccia, sott'acqua. Mi piace farmi sorprendere dal loro punto di risalita, e dalla durata dell'apnea.

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Pescatore cinese con cormorano - Immagine da Pinterest


Le torte che lievitano nel forno anche, mi piace seguirle passo passo, ma davanti a un forno fa troppo caldo.
E i vasai che lavorano al tornio. Anche se muoio di invidia, perché per il tornio io sono negata. O forse, proprio per quello.


L'altra mattina stavo andando al lavoro, e mi sono fermata qualche tempo a guardare delle rondini.
Erano appollaiate su un certo albero del parco e vociavano tutte insieme, forse garrivano - mi pare si dica così - insomma cantavano, con uno strano suono meccanico che mi ricordava il cicalino del Rischiatutto in scatola che avevo da piccola. Magari salutavano il mattino, o piuttosto erano spaventate per la mia presenza e si avvisavano l'un l'altra: "Attenti a quella, c'è poco da fidarsi...". Con gli uccelli non si può mai dire, non me ne intendo.

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Le rondini sono belle come gli arcobaleni, e ai nostri occhi stanno a significare dire più o meno la stessa cosa.

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Arcobaleno di Vilnius


Certamente, che siano sole o in compagnia, fanno primavera, come altrove le cicogne – ma da queste parti le cicogne non arrivano. Io, le cicogne, le ho viste solo in Portogallo, in Tunisia, in Olanda, e di sfuggita un po' anche in Spagna, e ogni volta ho pensato che le cicogne da sole valevano il viaggio.
Qui, però, parlo di rondini.

Cicogne a Setubal
Le rondini, mi aveva detto un tipo che amavo, hanno una macchia rossa sotto la gola.
Da quel momento, ho sperato di riuscire a scorgerle abbastanza da vicino per verificare se si trattasse di una delle tante stupidaggini profferite da quella persona.
Ad occhio nudo non ci sono mai riuscita.
Un paio di anni fa, però, ero a Verona, ho sorpreso una famiglia in un nido e ho zoomato a più non posso. Per una volta ho dovuto dar ragione al Tizio.
E' per questo che mi piace far fotografie: la macchina è un occhio in prestito, che funziona meglio del mio.


Avevo sentito dire, inoltre, che le rondini, se si posano a terra, non sono più in grado di riprendere il volo.
Questo pensiero aveva suscitato in me, da piccola, ansie e preoccupazioni. E anche qualche incredulità.
La mia natura bassa mi portava a ritenere inevitabile il contatto con la terra, eppure di rondini in difficoltà sui marciapiedi ne vedevo poche – anzi, nessuna.
Poi, qualche tempo fa, ho potuto sfatare il mito: ho sorpreso una rondine sul bordo di un fosso che attraversa il parco, e ho provato ad avvicinarmi, ma quella è volata via senza problemi.
Tanto meglio.
Vero è che una rondine a terra è poca cosa. Perde poesia.
Devo dire la verità: quella volta, nel parco, ho trovato che l'impavido uccellino assomigliasse a un prete di campagna, o a una suora dall'aria molto dimessa.

Mario Giacomelli

Forse questo ha qualcosa a che vedere con l'ascetismo e le altezze che le rondini sono solite frequentare.
Ma Baudelaire si è espresso meglio, anche se lui parlava di albatri.


Spesso, per divertirsi, i marinai
catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
indolenti compagni di viaggio delle navi
in lieve corsa sugli abissi amari.
L’hanno appena posato sulla tolda
e già il re dell’azzurro, maldestro e vergognoso,
pietosamente accanto a sé strascina
come fossero remi le grandi ali bianche.
Com’è fiacco e sinistro il viaggiatore alato!
E comico e brutto, lui prima così bello!
Chi gli mette una pipa sotto il becco,
chi imita, zoppicando, lo storpio che volava!
Il Poeta è come lui, principe delle nubi
che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
esule in terra fra gli scherni, impediscono
che cammini le sue ali di gigante.
Charles Baudelaire, da I fiori del Male, trad. G. Raboni

Più di tutto, naturalmente, le rondini mi piacciono quando volano.
Qui, un racconto dalla raccolta "Il Giorno e la Notte", che ho pubblicato in autonomia su Amazon:

Le rondini

Un uomo e una donna passeggiavano nel parco, verso sera, tenendosi per mano.
Erano circondati da decine di rondini in volo. Le guardavano rapiti.

Il marito, etologo, pensava: “Vanno a caccia di insetti…”
La moglie, poetessa, “Volano per non morire di felicità”.

Questo comune interesse per le rondini, tra tante altre cose, li univa.
Era un matrimonio ben riuscito.

Di rondini ce n'erano tante anche a Francoforte, nella via dove abitavo.

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La mia bellissima finestra
Un giorno, si sono messe a sfrecciare basse tra una casa e l'altra, e Viki ha spiegato che quando fanno così vuol dire che è in arrivo un temporale, perché la pressione schiaccia a terra gli insetti cui loro danno la caccia. Io lo sapevo già, ma sentirselo dire in tedesco è tutt'un'altra cosa. Anche perché in tedesco capisco poco.
L'altra mattina, al parco, le rondini volavano rasoterra, sfiorando l'erba.
Le loro manovre mi sembravano pericolosissime.
Le rondini sono meglio degli stunt-men.
In più, preannunciano il temporale.

E quando vado in bicicletta e mi finisce in bocca un moscerino, penso di essere un po' rondine anch'io.
Ma questo l'ho già raccontato.
Ho anche già raccontato che i moscerini sono molto dolci. Provare per credere.
Questo ci rivela che le rondini sono golose.

Sento sempre dire che le rondini sono in pericolo. Che l'inquinamento le sta cacciando via dai nostri paesi.
Dunque vederle ritornare, a primavera, mi rallegra ancora di più.

Invece, i passeri.
I passeri sono sempre stati tra noi, li abbiamo dati per scontati. Non abbiamo mai preso in considerazione una loro eventuale scomparsa.
Eppure, proprio loro sono stati spazzati via dal diffondersi delle cornacchie e di altri odiosi uccellacci, recenti invasori.
Le rondini non mancano alle nostre primavere. Ma la città, d'inverno, non è più allietata dalla presenza di questi piccoli amici.



Il che è stato come perdere il pane quotidiano.


Ma l'altro giorno, al ritorno dal lavoro, le rondini erano lì, sempre sullo stesso albero. E anche il cielo si era rischiarato.

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Prendiamo quel poco di bellezza che ci tocca, quando arriva, e stiamo contenti.

Buona settimana!

Silvana





lunedì 18 luglio 2016

18 luglio 2016 - I vantaggi della concretezza

Un paio di giorni fa sono tornata a casa.
Ieri è arrivata anche Titina.


​Notare il piccolo pipistrello tedesco alla sua destra

Stanotte lei un po' ha dormito, un po' ha giocato. Mi ha chiesto la pappa quando mi sono alzata per andare in bagno. Poi mi ha fatto le fusa.
Insomma: tutto è rientrato nella norma.
Mi domando come sia possibile, al ritorno dalle vacanze, ripiombare così di colpo, e assolutamente, nella vita di tutti i giorni.

Comunque.

Stamattina ero a casa.
Ho copiato le foto di Francoforte sul pc. Mi sono lavata i capelli. Ho spazzato in anticamera (le pulizie, sempre con moderazione, mi raccomando). Sono uscita per andare in banca e a fare un po' di spesa. Ho trovato fila dappertutto.
E dappertutto un pensiero mi ha accompagnato: devi scrivere la mail del lunedì!

Arrivata a casa, ho ripiegato e messo nei cassetti il prodotto di tre lavatrici. Forse quattro.
Non ho acceso il pc per scrivere la mail.
Non ne avevo voglia.
Un'idea da sviluppare in mente ce l'ho, ma ho preferito uscire per andare a mangiare in trattoria, prima di raggiungere la biblioteca per il turno del pomeriggio.

Una scelta vincente.

A parziale compensazione, vi mando un breve racconto che ho scritto tanti anni fa.
Sono sicura che renderà ancora più chiaro il mio punto di vista.


Le idee

Giuseppe era postino, consegnava le lettere in una zona della sua città. Verso mezzogiorno,

in genere, il suo giro era finito, e aveva tutto il resto della giornata per sé.

Faceva le cose più svariate, Giuseppe, per passare il tempo. Di certo non si annoiava.

Ogni tanto, soprattutto nella bella stagione, si comprava un giornale e andava al parco a

leggerlo dalla prima all’ultima riga.

Gli piaceva molto, il parco. Gli piacevano l’erba, gli alberi, la fontana gorgogliante, e anche

gli altri frequentatori dei giardini, che guardava di sottecchi, benevolo, tra un articolo di cronaca e

un articolo di sport.

Un giorno, notò un signore che sedeva sulla panchina accanto alla sua, immobile e diritto

come un fuso, con le mani appoggiate sul ricciolo del bastone da passeggio e il bastone stretto tra le ginocchia.

Così sedeva all’arrivo di Giuseppe, e così sedeva quando il portalettere aveva ormai finito di

leggere il giornale.

Giuseppe pensò “Forse sta male. Forse c’è qualcosa che non va”, e si alzò per andare a

domandarglielo.

“Mi scusi”, disse a quel signore, “Vedo che è fermo lì così da tanto tempo… Si sente poco

bene? Posso fare qualcosa per lei?”

L’altro lo guardò appena, spostando verso l’alto le pupille degli occhi, poi aggrottò le

sopracciglia e rispose, un po’ seccato:

“Non mi disturbi, per favore: sto lavorando”

“Sta lavorando?”

“Sì, certo. Aspetto le idee”

“Aspetta le idee?”

“Ma cosa fa, mi fa l’eco? Sono uno scrittore e aspetto le idee, il mio lavoro è così. Qualcosa

in contrario?”

“No, no, certo…” rispose Giuseppe intimidito, “Si figuri… Mi scusi, buonasera”, e

indietreggiò cercando di non far rumore, con le palme sollevate.

“Ma che lavoro strano!” disse tra sé e sé, quando si fu allontanato. “Però, potrebbe essere

interessante. Voglio provare anch’io!”. E andò a sedersi al capo opposto del parco, nella stessa

posizione dello scrittore, o quasi, perché il bastone non l’aveva.

Giuseppe aspettò le idee per un’oretta. Non gli veniva in mente nulla di preciso: pensava che

doveva riordinare la cantina, poi ascoltava i passeri che ciangottavano rumorosi su di un albero

poco distante, vedeva le madri che chiamavano i loro bambini e tornavano a casa. Si distraeva,

insomma.

A un certo punto, gli si formò nella mente come per magia un’immagine nitida e bellissima:

un pollo arrosto dal bel colore dorato, ben servito su un piatto con contorno di patate arrosto.

“Accidenti, che fame che ho!”, si disse Giuseppe. “Oramai è quasi ora di cena. Passo per la

rosticceria sotto casa e compro un pollo!”. E subito si alzò per mettere in atto il suo progetto.

Quando arrivò a casa, andò dritto in cucina tenendo ben alto il sacchetto del suo acquisto.

Luisella, la moglie, lo vide e sorrise, “Ciao! Che cos’è che hai qui?” chiese, prendendogli il

cartoccio e aprendolo, e poi:

“La nostra cena! Bravo, che bella idea, io non sapevo cosa preparare! Avevo proprio voglia

di pollo…”, e gli diede un bacio con lo schiocco.

Fu così che Giuseppe, nella sua speculazione intellettuale, ebbe successo.

Non così lo scrittore, che per quel giorno, nonostante tutto l’impegno, non scrisse neanche

una riga.

E per la rabbia saltò la cena.


Il mio menù di oggi: fusilli con ricotta e speck, punta di vitello al forno, zucchine, acqua minerale e caffè.
E chi m'ammazza, a me?




Buona settimana!


Silvana


lunedì 11 luglio 2016

11 luglio 2016 - Routinario reportage

I nostri pensieri disegnano una linea continua nelle nostre vite.
Lo stesso i nostri passi.
A volte tracciamo sempre gli stessi percorsi.
A volte - ZIIIP! - la linea si allunga verso destinazioni insolite. Andiamo A Londra. A Malaga. A Stoccolma. A Canicattì.
A Canicattì, evidentemente, ci vanno in tantì: è un luogo citatissimo.

Io ho allungato la mia linea fino a Francoforte, e qui ogni mattina traccio il mio percorso di routine, da casa a scuola.
Ho cominciato la settimana scorsa, e questa settimana finisco. 
Non dura a lungo. E voglio mostrarlo anche a voi.

Dunque:


Questo è l'uscio.
Daniela, la padrona di casa con cui sto facendo amicizia, ha fatto un po' fatica a darmene le chiavi. Per un paio di giorni mi ha chiesto: "Dove le hai messe? Non le dimentichi, vero?".
La capisco benissimo.
Anch'io farei fatica a dare le chiavi di casa mia a una sconosciuta.
Soprattutto, a una come me.


Queste sono le scale.
I tedeschi, spesso, vanno sulle scale a fumare, per non impestare la casa.
Sono molto gentili, i tedeschi. Anche con se stessi.


Questa è la porta che dà sul cortile.


Questo è il cortile, dalla parte del portone che dà sulla strada.
Aprite sempre con prudenza questi portoni, e prima di uscire sul marciapiede guardate a destra e a sinistra.
Martedì scorso stava per investirmi una macchina con gli scopettoni rotanti in azione.
Oggi mi ha mancato per poco una bambina bionda in bicicletta.



​Il portone affaccia su Marburgerstrasse.
Qui, una settimana fa, ho visto un signore caduto dalla bici.
Era steso in mezzo alla strada e urlava "Au au au!" (in tedesco vuol dire "Ahi!) tenendosi una spalla.
Mi sono chiesta se fosse il caso di andare ad aiutarlo, ma subito sono accorse altre persone col cellulare alla mano per chiamare l'emergenza.
Molto meglio così: immaginate se in un momento di bisogno vi soccorresse una straniera che non capisce unaa parola di quello che dite e che non sa nemmeno il numero del pronto soccorso... Una disgrazia dopo l'altra!


Marburgerstrasse sfocia in Leipzigerstrasse.
Leipzigerstrasse mi piace moltissimo.
E' vivace, colorata. La versione nordica ed educata di - diciamo - via Padova a Milano.
Stamattina però era coperto, la fotografia non le rende giustizia.
Dice Daniela che una volta era più bella: c'erano negozietti tipici, e adesso ci sono catene globalizzate.
A me piace comunque.


L'ingresso della metropolitana che prendo io.
La stazione si chiama - guarda un po' - Leipzigerstrasse.


L'ingresso alla stazione.
A Francoforte non ci sono tornelli.
Ogni tanto, è vero, passa il controllore, ma di fatto la Società dimostra di fidarsi di te.
E' lo stesso principio che si respira nelle biblioteche pubbliche.
E io qui, ve lo giuro, non ho mai viaggiato senza biglietto.


Il binario.
Qualche giorno fa ne ho fatta una più bella e meno mossa, ma non c'era il treno in arrivo.


Interno di un vagone della linea U-6.
Se nella foto riconoscete vostro cognato di Francoforte non ditegli che è sul mio blog: non ho voglia di cancellare facce.


Cambio linea a Konstablerwache, passo a prendere un qualsiasi treno delle S-Bahn che vadano da sinistra a destra.
Le S-Bahn sono linee che vanno fin fuori città. Mi pare che S stia per Schnell, cioè veloce.
(Così, giusto per dire qualcosa)


Interno della S-Bahn.
Il solito discorso: se riconoscete la cugina del fratello del vicino della zia, non ditele niente.


Scendo a Ostendstrasse.
Ostend sta per "Estremità est" (della città).
Qui c'è la mia scuola.


"Ausgang" è una parola molto utile da sapere da queste parti: vuol dire uscita.


La pedonale che mi porta a scuola.
In fondo si vede il nuovo grattacielo della BCE.
Mario Draghi lavora qui, in un piano verso il centro del palazzo.
Chi lavora alla BCE non è ben visto da queste parti: è gente che non si mischia con gli altri, hanno un sacco di privilegi e di soldi e hanno rovinato il mercato immobiliare, portando il prezzo degli affitti alle stelle.
Una volta tanto, un problema che in Italia non abbiamo. 


Il piazzale davanti alla scuola.



​Il cortile della scuola.
Si tratta della Volkhochschule, un istituto comunale di educazione permanente, dove frequentano i corsi - ad esempio - gli stranieri che devono dimostrare di conoscere la lingua per poter lavorare.
Non un Goetheinstitut elitario, dunque.
Un'istituzione meritoria e democratica dove noi, Milanesi in spedizione di gemellaggio cittadino, siamo stati trattati molto molto bene.


Nell'atrio: il tabellone dove ogni mattina cerco di capire in che aula ho lezione.
Oggi ero nella 5001.


L'ascensore.
Terza lezione di tedesco: EG sta per Erdgeschoss, piano terra.


L'interno dell'ascensore.


Che si apre sull'atrio del quinto piano.


La porta dell'aula di stamattina.
E' venuta mossa, mi dispiace: ero un po' in ritardo e ho fatto tutto molto in fretta.
Non capisco cosa sia quella macchia scura là in fondo: forse un fantasma?
Mi pare che potrebbe essere la mia ombra, perché un poco mi somiglia, ma non capisco come possa essersi proiettata proprio là.
Bho.


Eccomi arrivata, sui banchi di scuola.
Fine del viaggio.

E mi chiedo quante volte si debba ripetere un percorso perché diventi routine.
Chissà se i beduini del deserto pensano questo, dei loro spostamenti.

Buona settimana!

Silvana




lunedì 4 luglio 2016

4 luglio 2016 - Mano mia, piccola mano mia

Io non leggo i classici. Preferisco passare il tempo coi miei contemporanei. Li sento più sulla mia stessa barca.
 
E poi, i classici mi annoiano. Ad esempio: Malombra, di Fogazzaro. Da piccola non sono riuscita a guardare nemmeno lo sceneggiato in tivù.
 
Però una scena me la ricordo bene. Una scena che mi aveva messo i brividi. Era quella in cui la protagonista rinveniva l'antica lettera in cui un'antenata la chiamava, da aldilà del tempo, per dichiararla la propria incarnazione. "Mano mia, piccola mano mia", recitava la missiva nella regia dello sceneggiato, "non ti riconosci?".
 
 
Prima di tornare a Francoforte a fare il mio abituale corso di lingue estivo, ho dedicato qualche ora al ripasso della grammatica. Almeno quella.
 
Ho ripescato il mio fido manuale degli anni '80, tutto ingiallito e sfarfalleggiante, e l'ho ripercorso dall'inizio alla fine. Dal presente del verbo essere agli esercizi supplementari - che naturalmente non ho fatto.
 
A me il tedesco non è mai entrato nella testa. Ci sono troppi dettagli da imparare, troppe lettere maiuscole, troppi verbi in fondo alla frase. Quindi, che sorpresa è stata per me trovare, verso la fine, una paginetta che verosimilmente avevo composto da sola, chissà quando, per il puro piacere di scrivere.
 
Non ricordavo di aver mai raggiunto una tale padronanza del tedesco. Non ricordavo di aver inventato quella storia.

 
(Forse ispirata da Filumena Marturano?)
 
Non ricordavo proprio nulla. E non ricordandomi, mi sono trovata piuttosto divertente.



A pensarci bene, noi possediamo solo il filo dei nostri pensieri, lo stream of consciuousness che ci accompagna da quando si forma la nostra coscienza a quando la perdiamo del tutto. Immaginate l'inchiostro di una biro che si distende in una linea lunga lunga, a sottolineare tutto quello che fate.
 
Non è inquietante tornare indietro di qualche passo, e non riconoscere affatto la linea che abbiamo tracciato?
 
Ad ogni modo, ecco la traduzione della paginetta che avevo scritto al tempo che fu:
 
Caro amico,
 
ho ricevuto la tua ultima lettera, che mi ha fatto molto piacere. Devo confessare però che forse hai aspettato un po' troppo, prima di rispondermi. Vent'anni è un sacco di tempo!
 
Inevitabilmente, nella mia vita è cambiato qualcosa. Innanzitutto, adesso sono una signora sposata. Sono così innamorata di mio marito... Che è un'ottima persona: ha riconosciuto nostro figlio come se fossse il suo. E tuttavia, ho sempre temuto che anche lui un giorno ci potesse abbandonare, come hai fatto tu. Per questa ragione, ho comprato una pistola (naturalmeente, ho il porto d'armi).
 
Per mettere a buon frutto ciò che questo episodio mi ha insegnato, quando tornerò comincerò a disseminare per casa delle tracce dicertenti di me stessa.
 
Voglio ritrovarle nei giorni a venire, quando avrò perso del tutto la memoria, per farmi sorridere.

Gute Woche, cioè

Buona settimana


Silvana