lunedì 29 maggio 2017

29 maggio 2017 - Il tempo: banalità e luoghi comuni

Sono a Francoforte per la terza volta.
La seconda è stata meglio della prima.
Forse speravo in una progressione infinita, ma mi pare che la realtà non mi venga incontro. 
Stamattina a scuola, ad esempio, mi sono annoiata a morte. 
Ma forse è troppo presto per dire.

Che sia un errore cercare di ripetere le esperienze?

In metropolitana, proprio come un anno fa​

Cosa avevo in mente quando ho deciso di mescolarmi tra ragazzi di vent'anni, cui risulto trasparente e che, se mi parlano, mi danno del lei?
Forse non è più tempo.

Perché si sa, le cose cambiano, e in genere cambiano in peggio.
Oggi, ad esempio, ho fatto un giro da Hugendubel, la libreria più grande e bella di Francoforte (a rigore, non potrei permettermi di dirlo, visto che è l'unica che conosca, ma in società le affermazioni categoriche fanno sempre un effettone. Perché non dovrei approfittarne anch'io?). Una volta andavo da Hugendubel apposta per navigare in internet gratis. Il free wi-fi, che servizio simpatico e magnanimo! Anzi: mitico.
Ebbene: nella mia bella libreria il wifi non c'è più.
Come se non bastasse: per andare in bagno adesso ti chiedono 50 centesimi (no, dico: mille lire per una spruzzatina!), mentre prima era gratis.
(Se pensate che io abbia investito una moneta in spruzzatine vi sbagliate: sono andata da Nordsee, 500 metri più in là, mi sono mangiata un panino con l'aringa cruda e mi sono fatta dare  il codice per accedere alla toilette, senza costi aggiuntivi. Viva l'aringa. Viva Nordsee).

Abbandonata a me stessa in centro, sotto un sole che picchia manco fossimo in Toscana ad agosto, decido di ascoltare un concerto di organo in Santa Caterina. 

La vetrata che avevo di fronte, lassù in alto

La chiesa è buia e fresca, ma manca ancora un'oretta.
Io mi siedo e aspetto.
Dico una preghierina e aspetto.
Prendo due appunti e aspetto.
Penso a quello che ho lasciato a Milano e aspetto.
Poi, inizia un brano di Messiaen. Non conoscevo Messiaen. 
Adesso lo conosco.
Orrore puro.


Passiamo così tanto tempo ad aspettare, ma per lo più non ne vale la pena.

Infine, mi torna in mente il lunedì di due settimane fa: uscivo dalla scuola di ceramica e c'era un tramonto bellissimo e lunghissimo - lungo in senso spaziale: una mia amica di Roma me ne ha inviato testimonianza fotografata.
Io vedevo la mano nera di un albero profilarsi controluce tra i palazzi, come a fermare il sole che andava scomparendo. Come a voler fermare il tempo.


Ma il tempo non si può fermare.

(Ve l'avevo detto che arei scritto banalità e luoghi comuni).

Buona settimana!


Silvana

P.S.: In programma nel concerto di stasera, però, c'erano anche Bach e Bruhns, che mi sono piaciuti molto!


lunedì 22 maggio 2017

22 maggio 2017 - Rione storico

La luce tirata a secchi sui muri, i panni stesi, i bambini per le strade, i cancelli arrugginiti, le scritte surreali, i riflessi nelle vetrate, i fiori, i gatti, i cani, i pini come progetti architettonici, le ombre come nuvole, i cortili come giungle, le tendine alle finestre che sembrano palpebre, il silenzio, le grida dei ragazzini che giocano a pallone in piazza, la capitale che si rannicchia nel borgo, l'eternità che fa il punto un sabato pomeriggio di sole:

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Roma, per me, è una città immensa perché riesce sempre a stupirmi.
Sabato scorso ho capito che Roma, in fondo, è una grande città di mare - un po' più distante dal mare perché in effetti è molto grande - e magari nel corso della Storia non avrebbe voluto essere nient'altro.

Dice Silvana, l'amica che mi ha accompagnato per queste strade, che se fossimo state a Trastevere i vetri rotti alle finestre non li avremmo visti. Lì riparano tutto subito - perché è una zona turistica.

E allora io non lo scrivo, dove sono stata di preciso, così se questo rione storico diventa turistico io non c'entro pe' gnente.
(Non che creda di essere come il Touring Club).

Buona settimana!


Silvana


lunedì 15 maggio 2017

15 maggio 2017 - Suoni e rumori

Che poi, considerate tutta una serie di cose, mi si potrebbe chiedere: ma come mai non hai ancora chiesto il trasferimento dalla biblioteca in cui lavori?

Molto è dovuto alla mia inerzia connaturata.
Altrettanto alla bellezza del luogo.

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Altrettanto ancora al percorso che seguo per arrivare - cioè al parco che attraverso in bicicletta.

Il fosso, ad esempio

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Mi piace metterci dentro gli occhi quando l'acqua è trasparente.
Mi piace guardare le canne che crescono.
E le erbe che si riflettono.
Le pietre del fondo che scintillano.
Mi piace incrociare la famiglia De' Paperis, certe mattine.
Sentire le acque che gorgogliano.
Ma, soprattutto, ascoltare le rane che gracidano.

Se dovessi fare la lista delle cose che mi mettono di buon umore, sempre e comunque, almeno un pochettino, il cra-cra delle ranocchiette occuperebbe una delle prime posizioni.
Mi stupisco di tornare a sentirlo a primavera, quando quegli animaletti si risvegliano dal loro misterioso letargo.
E ogni volta che odo un tonfo nell'acqua, un movimento furtivo, e quel richiamo forte, sguaiato, buffo, simpatico, grottesco, mi viene quasi da ridere.

Le rane, quando gracidano, sembra che ruttino.
Sono rutti alla faccia nostra, alla faccia dei cinesi che vanno a catturarle per mangiarsele (lo so, li ho visti) - ma loro ogni primavera ritornano lo stesso.
Coi loro rutti da adolescenti che hanno voglia di trasgredire le regole - però senza cattiveria.

Mi chiedevo, dunque, ascoltando le ranocchiette: cosa sarebbero i posti che ci piacciono, senza i rumori che li rendono vivi?
Il mercato, senza il vociare della gente.
La stazione, senza i richiami degli altoparlanti.
I boschi, senza lo stormire delle foglie.

Le mattine, senza il canto dei merli.

I merli non sono ancora scomparsi dalla mia città, per fortuna: a differenza dei passeri, ne vedo tanti in giro per i parchi e per i prati, lucidi neri e grassi come proto-industriali inglesi.
Quando li odo fischiare, all'alba, mi sento tanto donna di Neanderthal, sospesa sull'inizio del nuovo giorno.
Una sigla di apertura da brivido ancestrale.


E un altro suono che mi faceva venire i brividi, anni fa, era la campana della chiesa vicina all'albergo dove ho alloggiato, quando sono andata ad Amsterdam.

Il motivo che diffondeva era molto bello, struggente.
Non ho mai provveduto a registrarlo: il mio cellulare di allora non era abbastanza smart. D'altronde, non l'avrei registrato lo stesso.
Il mio albergo - e quindi anche la chiesa - era a poca distanza dalla casa-rifugio di Anna Frank.

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Immagine da Google

Fermare su un cellulare la musica che lei deve aver sentito ogni ora - ogni ora un'ora di sopravvivenza in più - mi sarebbe sembrato sacrilego.

Meglio lasciare che queste onde sonore si perdano nel tempo e nello spazio.



Buona settimana!


Silvana


lunedì 8 maggio 2017

8 maggio 2017 - Sogni

Dall'inizio dell'anno ho una nuova tradizione personale: se passo una giornata in qualche modo bella, priva di patemi e angosce, a suo modo speciale - di quelle che il poeta Catullo avrebbe definito "lux candidiore nota" - io ne conservo il fogliolino dal calendario a strappo e lo infilo in bocca a uno delle mie due guardie anti-incubo (sul blog, un giorno, ne potrete vedere la foto. Attendere con pazienza).
Per ora, ne ho collezionati uno per mese.

Il fogliolino di marzo si riferisce non a una giornata, ma a una nottata. A un sogno che ho fatto, particolarmente bello.

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Odilon Redon: Yeux clos (da Google Images)

Col passare del tempo i particolari mi passano di mente, ricordo però che qualcuno mi diceva, e me lo diceva col chiaro intento di insegnarmi qualcosa per sempre, perché mi rimanesse in mente anche durante la veglia, dunque mi diceva: "In qualsiasi stanza tu possa entrare, c'è qualcuno che ti vuole bene". E io ho pensato - non so se ancora nel sogno, o appena sveglia - che questo qualcuno che mi voleva bene fosse uno spirito, un'anima dei trapassati, che secondo quelli dotati di vista ultraterrena ci circondano sempre e ovunque. Con grande probabilità mio padre. E ho pensato, per qualche motivo irrazionale, o forse semplicemente perché di carenze affettive io sono ricca e il bisogno di compensarle si fa sentire sempre più forte, ho pensato che questo che mi veniva detto in sogno fosse vero. 
E ne ho provato gioia.

Di sogni che mi portassero gioia, nella vita, ne ho fatti all'incirca due o tre.
Altri sono stati a loro modo ugualmente interessanti. Spesso, accostabili tra loro per una qualche caratteristica comune.

Così, mi è accaduto diversi anni fa, mentre dormivo accanto a una persona che mi faceva sentire tranquilla e serena (così credevo io, nella mia pia illusione), di sognare un altro fidanzato di molto tempo prima, che mi faceva sentire elettrizzata ed entusiasta e frenetica.
Al paragone, la tranquillità del momento mi era sembrato uno stato inferiore della mia qualità di vita, della mia felicità, e di conseguenza mi ero sentita triste e in colpa.

Pochi giorni fa, invece, ho sognato quest'altro compagno e la serenità e il senso di appartenenza che mi faceva sentire.
A confronto con la sensazione di solitudine e l'abbandono che mi accompagnano al presente, un'altra volta, ho potuto provare una volta di più che la mia qualità di vita ha raggiunto uno stadio inferiore.

Riflettere su questo doppio crollo verso il basso, però, mi ha reso consapevole che un domani, malata, potrei sognarmi sana, come credo di essere adesso, e di nuovo proverei l'esperienza dell'inesorabile peggiorare della qualità della mia vita.

E poi, nessuno ci dice che non si sogni anche da morti.
Forse, da morti sogniamo tutto il tempo di essere vivi - magari anche malati ma vivi, così che eternamente abbiamo la sensazione dell'ultimo, estremo peggioramento del nostro stato.
Non possiamo saperlo.

Quando ero giovane, una delle mie opere letterarie preferite era Waiting for Godot di Samuel Beckett.
Una delle "gag" che si ripetevano regolarmente, nel corso del dramma, era Vladimiro che insultava Estragone - forse addirittura lo picchiava, non ricordo - perché Estragone si incaponiva a voler raccontare i propri sogni.

Anche voi vorreste insultarmi? Forse anche picchiarmi?
Pazienza.
A voi va comunque il mio più sincero augurio:

Buona settimana!


Silvana





lunedì 1 maggio 2017

1 maggio 2017 - Altri angeli 2

Per un certo periodo sono andata a farmi tagliare i capelli dai cinesi.
Il risparmio era notevole.
Ho un taglio che, mi pare, rientra nei loro canoni mentali, quindi se la cavavano abbastanza bene.
Certo il risultato non era perfetto ma, mi dicevo, nel loro caso è normale: io mi spiego e loro non mi capiscono. 
Chiedevo di scalarmi le punte e loro non le scalavano, però erano giustificati: non parlano la mia stessa lingua.
Diverso è andare dagli italiani, che ti fanno pagare cinque volte di più e le punte non te le scalano lo stesso.
E dunque.

Poi, qualcosa è cambiato.
La vista degli asiatici per diverso tempo non mi ha fatto piacere.


Ho vagato qui e là tra varie pettinatrici italiane che non sempre mi capivano, raramente apprezzavo.
L'emergenza psicologica antiorientalistica alla fine è rientrata, ma non sono tornata da loro.
Ho notato che una mia compagna di coro aveva proprio un bel taglio. Mi sono informata, ho saputo che la sua parrucchiera era solo a cinque minuti da casa mia, ci sono andata e da allora non ho più cambiato.

Dalla mia parrucchiera di fiducia, adesso, le punte me le scalano.
La premessa è irrinunciabile, ma il segreto della mia fedeltà non è questo.
Il segreto si chiama Susanna.

Susanna è rossa di pelo, e molto dolce.
Mi lava i capelli soavemente.
Senza troppo insistere, mi consiglia l'acquisto di certi prodotti piuttosto costosi, ma solo perché ne ho effettivamente bisogno.
Mi sorride.
Parla con me, ma con misura.

L'ultima volta mi ha detto di conoscere mia sorella, perché abita nello stesso palazzo.
Mi ha raccontato il sogno della sua vita - avere una casa col giardino per poter avere un cane, e andare a vivere al mare.

Un sogno semplice e dolce come una ciambella.

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Immagine da Google

Alla fine, l'ho vista contenta di vedermi andare via contenta.
Ho commentato: "Dovrei venirci più spesso, qui..." e lei ha annuito, ma non perché le interessi guadagnare di più. Le fa sinceramente piacere vedermi con la testa in ordine, per il mio bene.
Lo so. 
Lo sento.

Il negozio della mia parrucchiera dà sulla strada principale della mia città, e ha tre grandi vetrine a vista.
Quando ci passo davanti e scorgo la sua testa rossa, mi fa piacere.
Mi scalda un po' il cuore.
Sono contenta che esista.

Eppure, non ci tengo a fare amicizia con lei.
Non desidererei frequentarla al di fuori del negozio.
Mi basta che stia lì, e intravederla di tanto in tanto, e varcare quella soglia ogni tre o quattro mesi per farmi mettere a posto la testa, soavemente.

Tempo fa ho scritto che i nostri amici sono gli angeli che ci accompagnano nelle gioie e nelle traversie di questa terra.
Però, se penso all'uomo delle pattumiere di quando ero bambina, e alla mia parrucchiera, adesso, mi dico anche che ci sono angeli che ci accompagnano un poco da lontano.

E' bene avere degli avamposti di paradiso a distanze diverse, lungo il percorso tra noi e l'infinito.

E non è detto che sia giusto guardare le creature celesti troppo da vicino...



Buona settimana!