martedì 27 marzo 2018

26 marzo 2018 - Per tanti, ma non per tutti

Come dicevo tempo fa, whatsapp è un'applicazione che offre l'illusione di avere vicino anche chi ti sta lontano.
A volte, anche semplicemente sapere che un'amica è su whatsapp ti dà l'impressione di avere un bel rapporto con lei, anche se in effetti non ricevi un "Ciao", nemmeno virtuale, da un secolo circa.

Con whatsapp si può chattare - cioè, chiacchierare - scambiare video e foto.

E' naturale, è fisiologico: si formano dei gruppi di interesse. Delle correnti tematiche.
A me piacciono i gatti.
La gente lo sa.
Immaginate quale sia il soggetto più comune nella memoria del mio cellulare?

Ma I GATTI, naturalmente!

Se invece a voi i felini non interessano, evitate di leggere quanto segue. Chiudete gli occhi. Non sbirciate nemmeno.
Perché io qui vi mostrerò

Blik, un micio barcelloneta.
Il gatto della sorella della mia amica. La quale, non potendo mandare le foto del suo beniamino alla congiunta, poco sensibile al soggetto, le invia a me. Che sono ipersensibile.
Blik, come potete vedere, potrebbe essere il fratello quasi gemello di Titina.

E poi c'è


Gatto, il dolcissimo micione romano della mia amica omonima.
Che ultimamente ha patito le pene dell'inferno per una convivenza forzata con 


Mafalda, micia viaggiatrice della padroncina, uno dei tanti giovani cervelli in fuga d'Italia.

E poi vi mostro anche


questo bel micione anonimo che la mia amica Pittipatti ha incontrato in vacanza, l'anno scorso.
Guardate che begli occhi azzurri!

Ed ecco qui due belle gatte francesi, Patatì e Patatà


​(le gatte francesi amano la toilette, proprio come le nostre)


Sono madre e figlia. Vivono nelle Hautes Alpes, in aperta campagna, in regime di semi-adozione. E la vita nella natura, lontane da strade battute da auto assassine, le ha portate a raggiungere e superare il centenario gattesco.​

Centenario è anche Amore

che di amore ne ha ricevuto a tonnellate, dalla sua mamma Elisa.

E questo è Scott, il beniamino del nipote della cugina di un mio mostruoso ex.


Non è fenomenale?
E quest'altro supereroe


si chiama MInù, non Batman come sembrerebbe giusto, ed appartiene alla mia amica d'infanzia, Daniela.
Un paio di anni fa è scappata di casa, ma poi è ritornata.
La gatta, intendo.

Daniela si chiama anche la mamma di questi due campioni,


che qui


e qui



​potete vedere in versione adulta.
Daniela, in questo caso, sarebbe mia sorella, quindi Roni e Nuvola sono i miai nipoti.

Poi, non mancano nel mio cellulare immagini di gatti da adottare:


che assomigliano misteriosamente ai peluche preferiti delle mie amiche bambine:


Se passiamo ai gatti finti, poi, vi mostro i gatti che io produco maniacalmente ogni volta che termino un rotolo di carta igienica

Se ne volete un paio anche voi non avete che da chiedere, bas​ta aspettare qualche giorno e sono lì pronti.

E questo è solo un piccolo esempio di tutta la popolazione gattesca che straborda dalla mia Gallery.
Ma mandatemene ancora, di gatti non ce n'è mai abbastanza.

Naturalmente, nel mio cellulare non può mancare lei,


lei,
























sempre lei,


immancabilmente lei,

​​















la mia Titina, la mia piccola gioia pelosa, che in questi tempi di amicizia virtuale, in cui nessuno mi abbraccia, nessuno mi bacia, nessuno mi tocca, quasi nemmeno i medici quando mi visitano, rispetto agli altri è l'unico essere vivente con cui ho un contatto fisico - a volte violento e doloroso, è vero.

Ma scusatemi se è poco.

Buona settimana!


Silvana

lunedì 19 marzo 2018

19 marzo 2018 - Le ombre

Nel racconto "L'avventura di un impiegato", Italo Calvino racconta di un uomo che dopo una conquista galante, non incontrando nessuno a cui raccontarla, dall'entusiasmo passa alla delusione, e si sente sfuggire il ricordo dell'esperienza dal cuore, quasi non l'avesse mai vissuta.

Io l'ho sempre pensata come Calvino: a che serve vivere un'emozione, o un qualsiasi episodio della vita di tutti i giorni, se non ne parli con nessuno?

Tanti anni fa l'ho detto a un tipo che frequentavo, ma quello mi ha risposto: "Sciocchezze! La racconti, tu, la m. del tuo cervello? Io, ad esempio, non lo racconterei a nessuno che vorrei che mia madre morisse!"
Sarà forse che io questo desiderio non l'ho mai avuto, ma il suo punto di vista non l'avevo mai considerato.

Ero giovane.
E più ero giovane, più avevo il difetto di non censurarmi mai. 
Dato poi che i miei vissuti erano piuttosto malinconici, il risultato era che non avevo molti amici.
La gente allegra ha più successo, nella vita sociale.


Con la maturità sono cambiata.
Mi faccio molti più problemi, a raccontare quello che provo.
Mi censuro molto. Solitudine, ansia, sconfitte, disperazione le lascio là dentro.
Il risultato è che taccio assai, e ascolto gli altri.
Ogni tanto, qualche interlocutore se ne approfitta... 

Ma mi sembra che queste reticenze siano molto diffuse, tra i "grandi".
Col tempo, forse, perdiamo il contatto non solo con la creatività e col fanciullino che è in noi, ma anche con le nostre ombre.

Allora, perché qualcuno le ascolti dobbiamo pagare.


E poi, ci sono i portavoce, gli artisti.
Quelli che scrivono, compongono e dipingono per tutti noi, esprimendo vissuti che in genere si fa fatica a portare alla luce.


L'Urlo di Munch. A me questo quadro in realtà non è mai piaciuto.

Anche considerando il mondo delle semplici "canzonette", ad esempio, a me sembra che le canzoni dell'amore perduto siano infinitamente più belle di quelle sull'amore trovato (ma per maggiore allegria ve ne faccio sentire una tutta rosa).


Beh, più o meno...

Oppure, troviamo dei modi alternativi, laterali, per raccontare i nostri lati oscuri.
Non dimenticherò mai Roberta, l'amicizia di un'estate a Palinuro, che rimasta vedova pochi anni prima mi parlava della morte del suo cane. "E' stato un momento terribile!", rievocava.
Ma sulla morte del marito non mi ha mai detto una parola.

E così, è anche a questo che servono i nostri piccoli amici.
Giorno dopo giorno, ci aiutano a sopportare e a imparare sentimenti ed eventi tanto più grandi di noi.
In cambio, cosa ci chiedono?

Se penso a Titina direi: tanto amore, una scatoletta di tonno, e qualcosa da distruggere in casa, di tanto in tanto.

Un prezzo equo, direi.

Buona settimana!

lunedì 12 marzo 2018

12 marzo 2018 - L'ultimo arrivato

Faccio ceramica dall'inizio del millennio.
E' stata mia sorella a spingermi. Come spesso avviene, c'è lei all'inizio delle cose.
Mi ha anche regalato gli attrezzini necessari.
Di questo la ringrazio.

La prima maestra, che si chiamava come me, non è stata incoraggiante. Anzi, mi prendeva in giro ed era burbera e scontrosa.
Però io ho insistito, non so bene per quale ragione. Ma ho insistito.

Dunque, un anno dopo l'altro ho frequentato dei corsi professionali della regione (a quei tempi esistevano i finanziamenti e c'erano tante possibilità in più). Corsi di decorazione, modellazione, raku, tornio.
Per breve tempo ho sognato di cambiare mestiere e di andare a fare l'operaia ceramica in Toscana.
Ma in fondo ho sempre saputo di avere un talento limitato.
Non creo pezzi nuovi, se non di rado. In genere, copio quelli ideati dagli altri.
Quindi, oggi mi dico che ho fatto molto bene a non nutrire illusioni e coltivare frustrazioni. La ceramica è rimasto il mio hobby - e tuttavia chiamarlo hobby ha un suono riduttivo - e ne sono contenta.

In uno dei corsi di cui sopra purtroppo ho incontrato la persona che si è incistata in casa mia per qualche anno.
Addirittura, insieme a lui e ad altra gente ho comprato un forno, che ho posseduto per qualche tempo. Mai usato.
Il forno era installato nel laboratorio affittato da quella persona.
Pensavo che ci saremmo andati insieme a lavorare, ma non è mai stato così.
Lui preferiva dare fondo al suo tempo, alle sue risorse ed energie con prostitute e psicopatiche, per me non gli rimaneva nulla.

Quando se n'è andato, temevo che si sarebbe portato via anche la ceramica.
Invece lei è rimasta.
La terra è più forte delle vicende personali.

Dunque, ogni anno mi iscrivo a un corso. O, per esser più precisi, a un laboratorio.
Durante l'estate, quando non vado a ceramica, non sto male. Ma se non facessi ceramica durante l'inverno, per me sarebbe un problema.
Già le volte che non riesco a raggiungere la mia classe, il mercoledì sera, mi sembra di aver buttato via un pezzo di vita.

La ceramica è un collegamento con un aspetto insolito di me.
Le arti figurative. 
L'uso delle mani.
La produzione di oggetti.
Quando e come potrei esercitarli, se non grazie a lei?

La ceramica mi insegna la pazienza.
Prima di portare a casa un pezzo finito, devo farlo, e aspettare che asciughi, e poi cuocerlo, e poi decorarlo, e poi ricuocerlo.

A volte la pazienza è troppa.
A volte di pazienza si muore.

Però, l'altra sera ho portato a casa questo.



A differenza di quasi tutte le altre mie opere, l'ho ideato io (su ispirazione altrui, naturalmente, non esageriamo con la creatività...).
E non ha difetti. Non una crepa, non una macchia nello smalto, niente di tutto ciò. Solo qualche sbaffo di ceramica scoperta - ma perché è fatto a mano, parbleu.

Speriamo che la Titina non me lo spacchi.

Evviva Cappuccetto Rosso e il lupo.


Buona settimana!


Silvana


lunedì 5 marzo 2018

5 marzo 2018 - Ricordate suor Germana?

Ricordate suor Germana?

https://www.youtube.com/watch?v=bk2Gi0MEP8M

Un tempo mi divertiva molto leggere ricette. Leggere ricette mi faceva sognare. Quelle di suor Germana non erano particolarmente fantastiche, però in uno dei suoi libri ho trovato le indicazioni per il piatto più essenziale del mondo.
Diceva suor Germana: fate la bistecca. Prendete la padella, metteteci un po' d'olio, scaldatela, adagiatevi la carne, giratela sui due lati, quando è cotta salatela e mangiatela.
Se volete un piatto più dietetico, togliete l'olio e fatela alla griglia.
Se avete problemi di pressione, togliete il sale.
Se poi volete un piatto davvero leggero, togliete pure la bistecca e avrete raggiunto la perfezione, ho pensato io.
E mi sono fatta una bella risata.

Non so se ho già parlato degli aironi del parco.
La prima volta che ne ho visto uno, credevo di sognare. Se mi fosse apparsa la Madonna non sarei rimasta più strabiliata.
Ancora adesso, incrociarne uno per me è sempre un avvenimento. Non ci si abitua mai ai miracoli. Non ci si crede.
Un paio di mesi fa, mi è capitato di avvistarne uno in un mattino nebbioso.
La nebbia è bel tempo, mi ha insegnato mia madre, e il sole ancora basso la tingeva d'oro. Dal fosso si levavano folate di vapore. Dai rami degli alberi ancora pendevano foglie gialle
All'improvviso, a venti passi da me un airone è emerso dall'acqua del canale. Ha spalancato le ali enormi, ha allungato il becco e con un paio di balzi sui suoi trampoli ha preso il volo.
Non sarei mai stata abbastanza veloce da fotografarlo. Ho pensato che dovevo accontentarmi di rivedere la sua immagine chiudendo gli occhi, nella mia mente. E ho cercato di farne una bella stampa.

Qualche giorno fa ha nevicato.
Uno spettacolo fiabesco, è vero, ma io riesco a pensare solo al disagio.
La poesia la lascio a chi ha l'automobile, o a chi può aspettare il disgelo comodamente, a casa propria.
Io devo attraversare il parco a piedi - e ancora non ho comperato le scarpe da trekking nuove, dopo che le mie fide amiche del cammino di Santiago si sono disintegrate.
Però, vedendo queste tracce, mi è tornata la poesia nel cuore.


Le impronte degli aironi nella neve sono come stelle grosse.
Guardando queste, poi, io piccola Sherlock ho capito che l'airone è passato di qui mentre ancora nevicava, e l'immagine che ho visto con la mente era stupenda.


La fotografia del'airone senza macchina fotografica.
L'immagine dell'airone senza airone.
La bistecca senza bistecca.

Less is more.


Buona settimana!



Silvana


https://www.youtube.com/watch?v=i9nXEXWlQ5Q