lunedì 1 luglio 2019

1 luglio 2019 - Cattedrali in fiamme

Nell'autunno di due anni fa sono andata a Parigi.
E' stato un bel viaggio.
Con la mia amica Sophie, in quell'occasione, ho girato intorno a Notre Dame. Senza entrare.
La luce era nordica, cangiante, grigio-azzurra, e sotto il trascorrere delle nuvole sembrava che la Cattedrale si fosse messa a danzare.

Quando ho saputo che Notre Dame era in fiamme, qualche mese fa, sono rimasta scioccata.
A parte il piccolo rimpianto personale di aver perso poco l'ultima occasione di visitarne l'interno, ho avuto la fortissima sensazione che stesse bruciando una Grande Madre della nostra civiltà.
Dunque, ho dormito sul divano di fronte alla televisione accesa sul canale delle notizie. 
Una specie di piccola veglia personale.

Strano a dirsi, dopo la prima reazione emotiva violenta, mi sono abituata all'idea di una Notre Dame menomata. O, per meglio dire, non ho più pensato a questa perdita.
In fondo, storicamente le cattedrali nascono e muoiono.
Vengono inaugurate, poi bruciano, o sono demolite, vengono restaurate... Anche loro, come noi, sono organismi viventi. Forse perché sono opera nostra - e quindi come noi subiscono i colpi del destino.

D'altronde, anche le multinazionali hanno dimenticato i milioni promessi per la ricostruzione.
Mi pare d'aver capito che alla fin fine quelli che hanno versato offerte per la ricostruzione sono i provati cittadini. 

Qualche giorno fa Andrea Camilleri si è sentito male ed è entrato in coma.
A quanto ne so, ancora adesso sta dormendo.

MI è subito venuto in mente il paragone con Notre Dame.
Camilleri, il nostro piccolo padre, quello che in tutti questi anni ci ha divertito, ci ha indicato con naturalezza la cosa più giusta da pensare in questo mondo sempre più difficile.
Nonostante la sua età veneranda, non mi è mai venuto in mente che potessimo perderlo. La nostra garanzia di civiltà in carne ed ossa.

Sto leggendo una raccolta di racconti di Montalbano.
Spero che la mia lettura funzioni come un mantra, come una di quelle preghiere che tengono in vita il mondo nella mente di Dio che dorme.
Spero che tutti quelli che amano Camilleri stiano leggendo un suo libro.

Nelle storie di Montalbano si ripete regolarmente il risveglio dell'eroe.
In tutti i romanzi - credo - il nostro commissario apre gli occhi al giorno: a volte ristorato, a volte accaldato, a volte con lo stomaco ancora in disordine, o magari risentito per una lite con Livia.

Naturalmente, io non so nulla dello stato di salute di Camilleri - presente o futuro.
Spero che il mantra del risveglio possa funzionare. Che l'Autore si rialzi insieme a Montalbano, e torni tra noi.
Oppure, meno egoisticamente, spero il meglio per lui.

IN ogni caso, ho la certezza banale che continuerà a vivere tra noi nella cattedrale di parole che ci ha lasciato. Anche se mi mancherà la trasparenza con cui ha sempre visto ed indicato la scelta più umana e più giusta da compiere, in ogni occasione.

Capitano, nostro Capitano.


Buona settimana!

martedì 25 giugno 2019

24 giugno 2019 - La lentezza

Venezia è una città lenta.
Accaldata.
Affollata.

Non si può aver troppa voglia di correre, a Venezia.
O di lavorare.

Vi mando l'immagine di una gara a cronometro tipica del luogo.





Fulmini sì, ma solo di bellezza.


Buona settimana!


Silvana

lunedì 17 giugno 2019

17 giugno 2019 - Una storia che si ripete

Como degli scemi, al liceo, ogni volta che la nostra prof citava un topos noi sghignazzavamo.
Il topos, in realtà, non è un piccolo roditore, anche se l'idea di questi animaletti scorrazzanti per la storia della letteratura scatenava le nostre risa: è un luogo comune, una figura retorica, una similitudine che si ripete, secolo dopo secolo, autore dopo autore, di poeta in poeta, di scrittore in scrittore.

Tra le erbe alte del parco, nei giorni scorsi ho ammirato i fiori.
Ammirato ed amato.

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Poi, come doveva capitare, è passata la trebbiatrice, che ha raso tutto al suolo.

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Col mio rimpianto per i fiori perduti sono solo l'ultima di una lunga fila.


Oltre ai poeti, chissà quanti contadini prima di me. Quanti turisti, alpinisti, botanici...
Insomma, tutti lì in lunga schiera a piangere la morte dei fiori.

Che insieme alle erbe vengono poi raccolti in rotoballe, e portati via, per la gioia delle mucche ruminanti.

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Così è, tutto si ripete: cresceranno altre erbe, altri fiori, io scatterò altre foto, altri poeti piangeranno quando verranno recisi.

Io però, ve lo prometto, non ne parlerò più.

Buona settimana!


Silvana

lunedì 3 giugno 2019

3 giugno 2019 - La gallina nera

Dice una mia amica che il Parco Nord è gestito molto bene: si capisce che alberi e piante sono curati con attenzione e consapevolezza, e tutto cresce o viene tagliato con un ritmo forse ignoto ai più e magari all'apparenza casuale, ma una ragione sottesa al di sotto di ogni scelta agronomica si può sempre intuire.

Non so se sia vero.
So che le erbe di una certa zona che attraverso io per andare al lavoro sono altissime.
Prima, quando pioveva tanto, erano verdi verdi.
Adesso, dopo due giorni di sole, hanno già cominciato a ingiallire.


Tutti ricordiamo, purtroppo, l'omicidio della piccola Yara.
Il suo caso ha rappresentato il realizzarsi delle mie peggiori paure.
Quando ero piccola, ritornavo spesso la sera tardi da casa di mia nonna lungo la Milano - Venezia. Guardare il buio fuori dal finestrino, immaginare i campi freddi e neri oltre i guard-rails, e pensare di poter essere là, persa in quell'oscurità spaventosa, mi riempiva di sgomento.
E questo è toccato alla povera ragazzina: rimanere abbandonata per giorni e giorni in un campo, sola e abbandonata, nell'oscurità della morte, al gelo.

Ma i prati del Parco Nord sono diversi.
L'erba alta che cresce lungo i sentieri mi lancia un richiamo cui non rispondo mai, ma che sento continuamente.
Guardo quel mare verde - ora già dorato - e mi affascina vedere i fiori sospesi nelle sue trasparenza, come pesci nell'acqua.


Penso al pelo folto e morbido degli animali, in una versione stranamente vegetale.

Se quello fosse il pelo della mia Titina, io a entrare e a perdermi nell'erba sarei come una pulce che le sta vicino alla gola, là dov'era più calda.

Potrei stendermi pancia all'aria al centro del prato e non mi vedrebbe più nessuno.
Non mi sentirei sgomenta e impaurita.
Di giorno prenderei il sole guardando il cielo azzurro.
Di notte dormirei sotto le stelle.
La notte non sarebbe il mostro della Milano - Venezia.
Sarebbe come una gallina nera - e io nascosta tra le sue piume. Per sempre.

Buona settimana!


Silvana

lunedì 27 maggio 2019

27 maggio 2019 - Andreia

Quando ero al liceo, ero innamorata di una persona che si chiamava Andrea.
Andrea era il mio sogno infinito, il mio pensiero costante, il mio codice segreto.
Scrivevo "forza" dappertutto, perché questo vuol dire la parola "andreia" in greco antico. Lo scrivevo in stampatello maiuscolo, a caratteri inclinati - così la resa del concetto mi sembrava più dinamica.
FORZA FORZA FORZA era dappertutto: sui quaderni, sui libri, alla lavagna, inciso nel legno del mio banco.
I miei compagni erano esasperati, mi odiavano anche per questo.

Qualche giorno fa un mio collega tuttologo - una di quelle persone che ha conoscenze su ogni cosa, ha avuto ogni tipo di esperienza nella vita, e condivide molto con chi ha intorno - mi ha detto che essendo preparatore atletico ha notato in me la stoffa della vera sportiva dotata. Se per pura ipotesi mi facessero un carotaggio nelle carni, di certo risulterebbe che ho una buona quantità di fibre lunghe - quelle che danno velocità - e una massima parte di fibre chiare, che danno forza.

Io non so bene cosa pensare di questa rivelazione su di me alle soglie della vecchiaia.
Mi sono persa una ennesima fulgida carriera? La carriera agonistica?
Ma quante cose avrei potuto essere, se non avessi perso a studiare quello che ho studiato, e che non mi ha portato a niente?
Chissà, forse il mio collega mi ha voluto prendere un po' in giro... Ma sentire parlare di se stessi in termini che non avresti mai sospettato è sempre affascinante.
Si apre una porta su certi aspetti di te che mai ti saresti aspettato.

D'altronde, quando un mio conoscente capace di leggere i tarocchi mi ha chiesto quale fosse il mio arcano maggiore, io ho risposto senza esitare "La forza!".
La signora che con nonchalance spalanca le fauci di un leone, una mano sotto e una sopra... Come non ammirarla?

Qualche giorno fa una mia amica lontana mi ha consigliato di vedere il film della Coixet "La casa dei libri". "La protagonista mi ha fatto pensare tantissimo a te!", mi ha detto.
Io ho guardato questo film. L'eroina è una donna ancora giovane, vedova da anni, che in un paesino di campagna apre una libreria in una vecchia casa. Ma la Lady del luogo la prende a malvolere, e per nessunissima ragione al mondo scomoda il nipote deputato e gli fa varare una legge in Parlamento che le consente di portare via casa e negozio alla protagonista, senza che le venga versato il becco di un quattrino come risarcimento.
Allora, la donna prende il mare e abbandona quel tristo villaggio, con  tutti i suoi averi chiusi in una valigia nemmeno troppo grande.
Unica amica, unica persona a dirle addio è la ragazzina che per qualche tempo l'ha aiutata in negozio.
Solo allora lo spettatore scopre che è sua la voce narrante del film, che alla fine dice "Di lei ricorderò sempre l'assoluto coraggio e l'amore dei libri".

Spero sia questa la ragione per cui la mia amica lontana ha pensato a me, nel vedere quel film. I libri e il coraggio...

E il pensiero mi va a un altro, grandissimo film: La lista di Schindler.
Come tutti ricorderanno, a un certo punto Schindler dice al comandante del campo di concentramento: "Lei è un essere superiore, una persona generosa e buonissima!".
Naturalmente non era vero: il comandante era anzi un nazista folle e scellerato come e più di molti altri. 
Ma sotto l'influenza delle parole di Schindler, per un paio di giorni non uccise nessuno.

Così mi chiedo: sono io forte? Sono coraggiosa?
Una bambina che piange sempre perché gli altri non fanno che prenderla in giro è una debole?
E se non avessi avuto una infanzia infelice, se non fossi abituata ad affrontare traversie e frustrazioni, sarei ancora qui?

Non lo so se sono davvero forte, ma per favore, voi ditemelo lo stesso.

E magari, qualche volta, anche che sono bella.

Grazie.


Buona settimana!

lunedì 20 maggio 2019

20 maggio 2019 - Una storia semplice

Oggi è il mio compleanno, e vi regalo una storia bella.

Forse l'ho già raccontata, ma se mi ripeto fingerò che non sia per un mio difetto  di memoria, ma perché voglio nutrire il nostro spirito bambino, che davanti alle cose belle non si vergogna di volerle ascoltare sempre uguali.

E' una storia che mi ha raccontato Magda, e sa di paesi freddi e verdi, di gente semplice che lavora sodo, di sogno e di riscatto.

E' una storia semplice.

Mi racconta dunque Magdalena che nel suo paese viveva un signore che rimase vedovo molto presto, con due o tre bambini da crescere.
Dunque, questo signore passò venti o trent'anni da solo, magari quaranta, pensando a lavorare e a crescere i figli.
Poi, all'inizio della vecchiaia - diciamo, credo, verso i 60... Verso i 65... Non saprei... Insomma, un giorno questo bravo papà va a un funerale e incontra una signora della sua età, e nasce l'amore.
Da quel giorno, i due vissero insieme felicemente tanti tanti anni - venti, trenta, non ricordo di preciso -, condividendo una lunga vecchiaia sana, proficua e felice.

Per tutto quello che di fiabesco ha questa storia, cui io penso di rado ma sempre con piacere, e di consolatorio, e anche di fantascientifico, e di umile, di quotidiano, di tenero, di costruttivo, di folkloristico e di sorprendente, io ringrazio Magdalena che me l'ha raccontata.

E spero che a voi piaccia quanto è piaciuta a me.

Immagine correlata


Buon compleanno. Auguri.

Buona settimana.


Silvana

lunedì 13 maggio 2019

13 maggio 2019 - Ancora!

Mi piace cantare nel coro perché ci esibiamo gratis.

Intendo dire: se ci pagassero proverei la soddisfazione di guadagnare qualcosa dedicandomi ad una attività artistica (andrebbe tutto sul conto del coro, comunque, non su quello mio personale...).
Però, per come stanno le cose, dedicare tanto tempo insieme a un gruppo di altre persone per costruire qualcosa di bello, che poi si lascia vagare nell'aria come un seme di soffione, mi piace.
Agiamo fuori dall'ottica del guadagno.
Siamo contrabbandieri di vibrazioni sonore.
Regaliamo bellezza.

Lo scorso fine-settimana sono stata in Umbria col coro.
Abbiamo partecipato a una rassegna sabato sera. Abbiamo cantato una messa domenica mattina.
In cambio, l'organizzazione ci ha regalato un giro turistico di Gubbio.

Da quei cantores assatanati che siamo, abbiamo approfittato della visita al Duomo per improvvisare un Alleluja in un cantuccio.
Più tardi, visitando la chiesa di un convento di monachine di clausura, abbiamo ripetuto l'exploit.


Ed ecco il piccolo miracolo - l'emozione, lo struggimento, il momento d'oro, il fiorire del senso.

Le suorine del convento di clausura si sono affacciate alla grata da cui possono guardare nella chiesa.
Terminato l'Alleluja ci hanno applaudito e ci hanno chiesto: "Ancora!"
E noi abbiamo fatto il bis.


Prima di uscire, una di loro è scesa a farci i complimenti ("Qui accanto fa le prove un coro e ogni tanto vengono a cantare, poi anche altri, ma nessuno così bene!"), a ringraziarci, ad augurarci Pace e bene.
Questo auguro anche a voi - ed egoisticamente, soprattutto a me stessa.

Pace e bene.

Buona settimana.