Como degli scemi, al liceo, ogni volta che la nostra prof citava un topos noi sghignazzavamo.
Il topos, in realtà, non è un piccolo roditore, anche se l'idea di questi animaletti scorrazzanti per la storia della letteratura scatenava le nostre risa: è un luogo comune, una figura retorica, una similitudine che si ripete, secolo dopo secolo, autore dopo autore, di poeta in poeta, di scrittore in scrittore.
Tra le erbe alte del parco, nei giorni scorsi ho ammirato i fiori.
Ammirato ed amato.
Poi, come doveva capitare, è passata la trebbiatrice, che ha raso tutto al suolo.
Col mio rimpianto per i fiori perduti sono solo l'ultima di una lunga fila.
Oltre ai poeti, chissà quanti contadini prima di me. Quanti turisti, alpinisti, botanici...
Insomma, tutti lì in lunga schiera a piangere la morte dei fiori.
Che insieme alle erbe vengono poi raccolti in rotoballe, e portati via, per la gioia delle mucche ruminanti.
Così è, tutto si ripete: cresceranno altre erbe, altri fiori, io scatterò altre foto, altri poeti piangeranno quando verranno recisi.
Io però, ve lo prometto, non ne parlerò più.
Buona settimana!
Silvana
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