Io e la mia amica Marie ci stavamo avviando verso la fermata del bus per tornare alla base.
Ero ancora sulla sabbia, in vista della strada, dietro la duna.
Mi scappava la pipì.
Parlavo, parlavo, e nel frattempo pensavo: Ma io non potrei fare finta di niente e accucciarmi qui sulla sabbia? Con una mano tengo su il cellulare, con l'altra sposto un po' il costume con mossa strategica, e mi libero del fastidio fisiologico.
In effetti, la gente in giro era poca. Ma la duna a Cagliari è molto bassa.
Fortunatamente ho desistito e resistito.
La pipì l'ho fatta più tardi, in un luogo preposto.
E mi è venuta in mente mia prozia Monica, la sorella del nonno Francesco che non ho mai conosciuto.
Negli ultimi tempi della sua vita terrena, aveva sviluppato una mentalità molto libera: se le scappava la pipì in giro per la strada, si accucciava e la faceva.
Poco dopo l'hanno portata in un ricovero.
Questo, ancora una volta, mi dimostra che certe abitudini che crediamo molto personali sono in realtà ereditarie e genetiche, come quella di assaggiare il cibo dalle padelle, mentre sta cuocendo (che mi viene dal bisnonno Tone), o quella di strappare pagine dalle riviste per conservarle e leggerle più tardi (da nonna Emilia).
E chissà quante altre abitudini erano di altri prima che mie, e io semplicemente non ne sono al corrente.
Le mie prozie Carola, Barbera e anche la Monica, in her prime
Questo mi dimostra, inoltre, che sono sempre più lontana dai fiori dei miei anni, e mi avvicino pericolosamente a un'età senile in cui forse farò cose su cui non ho tanto tanto il controllo.
Ma c'è stato altro, a dimostrarmi che ormai sono sempre più agéé, e sempre più zitella incallita.
Infatti, vi confesso che mentre scattavo dossier fotografici a Marie, che come tutti gli stranieri può fare il bagno molto ma molto prima, nella stagione, di noi tutti più o meno indigeni,
e mentre cercavo scorci scenografici nel quartiere di Castello,
o mentre prendevamo il caffè al bar,
o cercavamo spirito
(anche quello Santo)
sulle terrazze panoramiche, al tramonto.
E mentre ci arrampicavamo sulla Torre San Pancrazio per sentirci più vicine al cielo,
e davamo ala caccia chi alle volpi
e chi alle pavoncelle,
e mentre pedalavamo nelle saline per avvistare fenicotteri infreddoliti
o passeggiavamo infreddolite sul lungomare,
mentre verificavo la sussistenza in vita di vecchie conoscenze
o cercavo interpretazioni fiamminghe della serena convivenza tra me e Marie,
mentre ero in vacanza, insomma, e mi dedicavo a tutte queste amene attività, io non facevo che pensare a LEI.
Lei, che avevo lasciato a pensione dalla zia, e nel frattempo esplorava la casa-vacanze
si abbeverava tranquilla,
si dilettava con le gocce d'acqua,
faceva la posta ai piccioni del balcone,
giocava alll'astronauta
per tornare infine sulla terra, tra di noi.
Faceva insomma, nel frattempo, tutte queste cose titinesche.
L'ultimo giorno a Cagliari, rimasta sola, sono andata a fare un giro al Museo Archeologico.
Al Museo Archeologico trovo sempre qualcosa che mi colpisce nel profondo.
Questa volta, ho incrociato una scolaresca in visita guidata.
La ragazza del Museo parlava dei tophet, luoghi sacri fenici rinvenuti in vari punti della Sardegna, legati alla nascita e ai bambini.
Si diceva che i Fenici facessero sacrifici di piccoli umani, ma è una calunnia - spiegava la guida agli scolari.
Non possiamo sapere con certezza il senso di tutto, ma abbiamo trovato ossa di piccoli animali bruciate, e loro sì, loro probabilmente erano stati sacrificati per ingraziarsi l'arrivo di un bambino.
E allora, penso io, qualcuno da qualche parte deve aver sacrificato non so, un vegetale, forse una zucca, perché nella mia vita arrivasse Titina.
Grazie comunque, chiunque tu sia stato.
E grazie alla zia che ha ospitato Titina con tanto amore e senso della responsabilità.
Buon 25 aprile, buona settimana!
Silvana
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