Qualche anno fa sono stata professoressa d'inglese, ma l'esperienza non è stata positiva.
Ero in un professionale,
e ritrovarmi a gestire delle classi di scalmanati poco interessati alla lingua straniera è stato scioccante.
Ma fondamentalmente, diciamolo, insegnare è un'attività che trovo noiosa.
Però c'è una cosa che mi piaceva, della docenza.
L'aula professori.
L'aula professori è uno spazio dove un certo numero di poveri disgraziati si ritrova e si presta mutuo conforto.
Nascono amicizie.
Nascono amori e amorazzi (tanti, tantissimi! Ah, che luogo ad alto tasso di intrallazzamento, le sale professori!).
Si conversa angosciosamente - ma anche amabilmente, a seconda dei casi.
L'aula professori, in una scuola, è un luogo ad alto tasso di socialità.
Io ricordo un collega che, più o meno in questo periodo dell'anno, mi diceva: "A novembre arriva la prima botta di stanchezza. Si lavora ormai da qualche mese. Ferie, dopo l'estate, non ce ne sono state. Il mese prossimo arriverà Natale, ma per ora è ancora lontano.
E' proprio un brutto momento, novembre.
Ma se lo superi è come aver fatto tre quarti dell'anno scolastico".
E poi, il mio maestro di coro.
Un brano che cantavamo al coro
Non frequento più il coro degli anni scorsi per la ragione fondamentale che lì si canta pochissimo.
Il maestro non cercava occasioni per farci esibire, e anzi ignorava quelle che proponevamo noi.
Non si faceva altro che andare alle prove.
E alle prove, io passavo la maggior parte del tempo ad aspettare che arrivasse il turno, per me e le altre contralto, di intonare la nostra brevissima frasetta.
Il maestro, invece
Il maestro, anche giustamente, non dico di no, cantava moltissimo: tutte le parti di tutte le voci.
E poi, non smetteva mai di parlare.
Raccontava la storia della musica.
Ci dava raccomandazioni sull'impostazione della voce.
Esprimeva le proprie impressioni.
Alla fine, per me era diventato insopportabile, perché come ho già detto io al coro non avevo voglia di ascoltare, ma di cantare.
Però all'inizio mi piaceva.
In particolare, il maestro ci aveva detto di come lui vive questo momento dell'anno.
Che è un momento in cui la natura e le persone si ritirano in se stesse, si richiudono come trattenendo il fiato,
Aspettano.
E in quel momento, per come lo aveva detto lui, lo avevo trovato affascinante.
E dunque, l'altro giorno io e la mia amica Marie ci scambiavamo battute e immagini con la chat di pinterest.
Lei mi diceva che a novembre non ci sono obblighi.
A novembre si va all'hammam e ci si fa grattare il pelliccione
Immagine da pinterest
A novembre si mangiano un sacco di dolci
Immagine da pinterest
E si fa pure il bis.
Immagine da pinterest
A novembre si ha il diritto di prendersela comoda e di cazzeggiare alla grande.
Immagine da pinterest
Novembre, insomma, per tutti questi motivi, è una vera figata.
E io aggiungo: novembre è una vera figata perché per 30 giorni
Lato sud di casa mia
se siamo pieni di dolori, dentro e fuori
Lato ovest
e non abbiamo voglia di fare niente
Titina nel rifugio anti-novembre
e pensiamo che la nostra vita sia finita
Lato nord
possiamo sempre dare colpa al fatto che è novembre, il quale ci assedia da ogni punto cardinale, dall'alto e dal basso, dal prima e dal dopo.
Vista dalla biblioteca
Forse per questo ci converrebbe sperare che novembre non finisca mai.
Novembre ci giustifica.
Les feuilles mortes
Grazie, novembre.
Però, in fondo...
Robert Doisneau (immagine da Pinterest)
vivement juillet!
Sarebbe a dire: speriamo che luglio si sbrighi ad arrivare.
Buona settimana!
Silvana
Nessun commento:
Posta un commento