lunedì 6 febbraio 2017

6 febbraio 2017 - Due episodi sulla terza età

Il primo episodio vede me come co-protagonista.

Sono per la strada. Marcio come una disperata sotto la pioggia. Ho sulla spalla uno zaino pesantissimo, una mantella che copre zaino e cappotto, e l'ombrello aperto in mano.
Trafelo.
Per ragioni che non so, quando sono di turno al pomeriggio e a casa al mattino, per quanto cerchi di anticipare il momento di uscire per andare al lavoro, sono sempre in ritardo.
Così, in vista della fermata dell'autobus, dopo aver attraversato il parco a piedi, cerco mentalmente di coordinare tempi e impegni: prima di arrivare in biblioteca pranzerò in trattoria. Ma prima di mangiare devo procurarmi l'antinfiammatorio che le mie ossa dolenti anelano. Riuscirò a incrociare una farmacia lungo il cammino? La troverò aperta? Vale la pena provare...
In vista della fermata incrocio degli indigeni. All'apparenza, una coppia di nonni con nipote - un ragazzino di circa sedici anni. I nonni si inguattano lesti in un portone. Il nipote rimane in circolazione, e il suo percorso è parallelo al mio.
Mi avvicino e gli chiedo: "Scusa, sai dove sia una farmacia da queste parti?".
Quello si stringe nelle spalle, si incupisce. Con gli occhi bassi bofonchia: "Lo so, ma non glielo so spiegare", e prosegue andando dove se ne deve andare, con la testa incassata nelle spalle, all'apparenza rancoroso per la propria incapacità.
In piedi alla fermata, faccio i miei calcoli mentali: passa il tempo, sale la fame, si avvicina l'ora di chiusura del mattino...
Vedo passare un'altra indigena. E' una signora di una terza età non avanzata. La fermo, gentilmente chiedo, e quella risponde, indicandomi una strada che si apre sul lato opposto:
"Sì, la farmacia è giù per via Corridoni".
"Ah, ma mi allontana dal percorso, io ho poco tempo..." considero ad alta voce. "Me ne servirebbe piuttosto una sul percorso dell'autobus..."
"In questo caso", ribatte lei, calcolando mentalmente, "Dunque... Un due tre... Scende alla quarta fermata, e se la trova proprio davanti!
"Grazie molte!" faccio io.
"Di niente!", risponde lei sorridendo, contenta di essere stata utile. E prosegue svelta svelta sulla sua strada, andando certamente a lavorare - in senso lato - da qualche altra parte.

(Per la cronaca: ho trovato l'antinfiammatorio, ma nei pressi della trattoria, in una farmacia ancora diversa, che fortunatamente ho trovato aperta).

Il secondo episodio mi vede ancora co-protagonista, spalla di mia madre.
Non siamo delle gran chiacchierone, io e lei.
Col tempo, ho imparato a pazientare quando mi parla di risparmi e carovita, e a portarla su tre argomenti fissi se davvero voglio avere un dialogo con lei.
Questi argomenti sono: i gatti. La spesa al supermercato Esselunga con le sue offerte. I membri della sua famiglia.
L'altro giorno, passo a trovarla dopo il lavoro.
Lei si sta preparando la merenda: tira fuori uno yogurt dal frigo, mette la caffettiera sul fuoco, si rompe una noce.
Io le chiedo se per curiosità ricordi chi fosse il mio bis-bisavolo: avevo appena sentito parlare di un bis-bisavolo in House of Cards, e cercavo raffrontare le distanze, per capirle.
Mia madre comincia a snocciolare nomi e date.
La invito a seguirmi in bagno, perché devo fare una cosa da quelle parti che non posso più rimandare.
Lei viene con me, si siede sul bordo della vasca, e dopo aver rievocato suo nonno Tone, nato un secolo esatto prima di me, non fa a tempo ad arrivare al bis-bisavolo, perché all'improvviso le viene in mente la caffettiera sul fornello acceso e corre (per modo di dire) in cucina.
Io la raggiungo.
Un po' di caffè si è rovesciato sul piano di cottura candido.
La vedo prendere tre biscotti dallo scaffale, e asciugare con quelli il liquido versato.
"Io qui ci lavo anche tre volte al giorno!" mi dice.
"Ma... E il detersivo?"
"Dopo, io risciacquo sempre molto bene!"
"Posso fare una foto ai biscotti?" chiedo io. Erano davvero belli, gonfi di caffè su tutto quel candore"
"No!" fa lei, piccata.
E se li mangia.

Dunque, lo so, non avrei dovuto raccontare questa vicenda in questo contesto. Avrei dovuto rispettare il riserbo di mia madre.
Se ne parlo, è solo per sottolineare l'stremo senso di pulizia, sia esterna che, in un certo senso, interna, che l'episodio mi ha comunicato.
Una pulizia che forse si perderà, con le vecchie generazioni.

Quelle che sapevano dare indicazioni per la strada, e non buttavano mai il pane.
O il caffè.

Buona settimana


Silvana

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