lunedì 29 aprile 2019

29 aprile 2019 - Patrimonio

La scorsa settimana è venuta a trovarmi la mia amica Sophie dalla Francia.
Come già successo, la visita delle amiche da fuori è l'occasione per fare la turista nella mia città - che ogni volta riscopro bella.
Il cielo non era "bello quando è bello" e non faceva caldo, ma per lo meno non pioveva come avevano previsto - dunque, tutti fuori a spasseggiare!
Dopo le modernità di piazza Gae Aulenti e le bizzarre mode di Corso Como, ecco che io e Sophie entriamo da Eataly - l'ex teatro Smeraldo, dove mia mamma andava a guardare i musical quando era signorina.

Che dire? Un tempio.
Cibo dappertutto. Sopraffino ben confezionato ed italiano.
Tanta folla che vuole libare e mangiare. Oppure regalare. O solo sognare...
Mentre Sophie preme per uscire il prima possibile per non soffrire più la frustrazione di non poter comprare tutto, io passo un po' sperduta tra gli scaffali, tenendomi le mani allacciate dietro la schiena - atteggiamento che ho in comune col principe Carlo, quando guarda qualcosa che gli interessa. 
Lui forse per concentrarsi meglio, io anche per non destare sospetti nelle commesse. Non sia mai che pensino che sto rubando (forse ho davvero un'aria sospetta, chi lo sa, ma mi ricordo che persino alla bancarella del mio editore, alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna, sono stata tallonata passo passo da una assistente. Chissà se a dirle che ero un'autrice avrebbe smesso).
All'improvviso, sono stata fulminata da un ricordo.

Apro una parentesi: non mi piace molto che si commenti come sono fatta fisicamente. 
I complimenti fanno sempre piacere, senza dubbio. Quanto al resto, mi è già stato detto molto di me quando ero una bambina grassa, penso che basti.
Faccio rare eccezioni per le persone di cui ho deciso di fidarmi a prescindere.
Quindi, il giorno in cui il mio collega simpatico, guardandomi le mani, mi ha detto con aria stupita, come davanti a un animaletto sconosciuto e strano ma in fondo simpatico: "Ma che dita grosse hai...", non me la sono presa.
E' vero: ci si è messo anche un principio di artrosi. Ho le dita grosse...

...e quando da Eataly mi sono presa due dita con una mano, dietro la schiena, all'improvviso si è risvegliato dentro me il ricordo fisico, lontano lontano ma preciso, inequivocabile, di quando mio padre mi portava a fare un giretto - io molto piccola, probabilmente sotto i cinque anni - e per guidarmi mi offriva due grandi dita da stringere.

Ho dentro me un patrimonio genetico che ha spinto le mie ossa verso la misura L.
Ho dentro di me il ricordo di qualcuno che si prende cura di me e mi guida.
E anche se io, dopo l'infanzia, ho avuto tanti problemi con mio padre, sono stata felice di ritrovare questo ricordo così intimo e dolce.

Ero già una ragazza grande quando lui mi disse, probabilmente in un momento conflittuale: "Non incontrerai mai nessuno che ti voglia bene più di me". Che lui intendeva fosse una dichiarazione d'amore.
A me in quell'occasione parve una cosa egoista da dire, pesante come una maledizione - che purtroppo si è avverata.

Ma è bello sapere che nella mia vita c'è stato qualcuno che sapeva di potermi fare una dichiarazione d'amore così assoluta - e che me l'ha fatta.

Buona settimana!


Silvana

22 aprile 2019 - Il tempo e il desiderio

Manca un uccellino nella rassegna alata cui ho dedicato le scorse settimane.
E manca in più di un senso, perché il passero non è rientrato nella mia lista - come pure è sparito dal parco.

Lo davo per scontato, tanti anni fa.
Lo consideravo una piccola gioia quotidiana che non sarebbe mai venuta a mancare, da tanto mi sembrava facile e comune da trovare. E invece...

Allo stesso modo, tante capacità che diamo per scontate quando siamo giovani, e crediamo non verranno mai meno - anzi, non crediamo proprio niente, perché le riteniamo indiscutibili - queste capacità con l'età ci abbandonano.
Ma non intendo dire quelle vagamente strutturate, quale può essere la capacità di imparare una lingua nuova perché si ha abbastanza memoria: mi riferisco alle più elementari!
E così, ad esempio, un mio collega mi ha confessato che rimpiange della gioventù la capacità di bere senza risentirne il giorno dopo. Adesso, invece, se una sera si abbandona ai piaceri della tavola e del vino, il giorno dopo si sente completamente stonato. E che cosa ci importa di tutto il resto - amore arte guerra...? L'importante è stare bene, dice saggiamente, e il vino fa stare molto bene! Finché non fa stare male.
E accidenti, altro che vino: io oramai sto male con la pizza!

Ma non è la pizza la capacità elementare che rimpiango.

Ricordo che uno dei momenti più belli del 2018, per me, è stato il giorno della gastroscopia.
Ho reagito così bene alla blanda anestesia che mi hanno fatto, che sono crollata addormentata. Un sonno profondo e senza sogni che, purtroppo, è durato poco, pochissimo!

La mia fascinazione è stata così profonda che ho cercato in rete qualche notizia sulle fumerie d'oppio di colettiana memoria.
Certo che non sono oppiomane! Certo che non diventerei mai e poi mai oppiomane, lo giuro! (Non si giura mai, lo so).
Ma se le fumerie d'oppio tornassero a diffondersi, e diventassero legali, io qualche giro ce lo farei.

Perché purtroppo non riesco più a dormire, e la cosa mi dispera.
Sono fortunata se riesco a schiacciare cinque ore di sonno in una notte.
Regolarmente mi sveglio alle tre - alle due se mi va male, alle quattro se mi va particolarmente bene - e poi rimango lì ad occhi spalancati, aad angosciarmi da sola, al buio.

Certo, che ho sviluppato delle tattiche.
Leggo o guardo qualche serie tv in rete, finché a volte mi riaddormento.
Più spesso no, ma per lo meno non penso.
E di prendere sonniferi ho paura, perché so che ne diventerei dipendente, e non riuscirei mai più ad addormentarmi da sola.

Quindi: altro che sogni di gloria e d'amore.
Io ho soltanto sogni di sogni.

Quando ero giovane volevo "realizzarmi" e incontrare l'anima gemella. Non ho avuto niente di tutto ciò.
Però adesso vorrei tanto dormire.
Dormire. Dormire. Dormire. Profondamente, senza sogni, a lungo. Molto a lungo. Sempre più a lungo. Scomparire. Non esserci. Cadere altrove.

Dormire.


Buona settimana!
E sogni d'oro.


Silvana

lunedì 15 aprile 2019

15 aprile 2019 - Birdwatching n. 4

Uccelli n. 11 - I colombacci

Sono belli, i colombacci. Rappresentano la versione atletica dei piccioni. Hanno delle righe a pianoforte bianche e nere, sotto le ali, molto decorative, che quando sono in volo funzionano da segnaletica, per comunicare cosa io non so.
Pur non essendo colorati come auspicato, rispetto ai piccioni hanno tutt'un altro savoir faire, un altro aplomb.
La prima volta che li ho visti è stato a Parigi - lassù al Nord sono molto più diffusi, i colombacci. Non conoscendoli, mi sono chiesta se da quelle parti i colombi prendessero le vitamine - o se si nutrissero unicamente di ipercalorici croissants.
Scoperto l'arcano (in realtà, sono un'altra specie), gli è rimasta comunque un'aura di esotismo addosso, il fascino dell'altrove.
Chissà se anche i colombacci cadono vittima delle cornacchie.
Almeno loro, spero di no. Mi sembrerebbero abbastanza ben piantati per difendersi. Abbastanza costauds.

Uccelli n. 12 - I pettirossi

Hanno una cosa in comune coi cavalli, i pettirossi. Non certo le dimensioni...
E' che i loro occhietti, come quelli ben più grandi dei quadrupedi, sono lucidi e neri, sporgono, e sembrano poter riflettere tutto il mondo di fuori, concentrandolo in un punto di vista microcosmico.
Perché sono sfacciati, a volte, i pettirossi, e restano lì a guardarci incuriositi.
Se poi penso alla favola scritta da Oscar Wilde - scrittore che detesto, ma la sua favola del pettirosso mi ha segnato - il punto di vista del pettirosso mi sembra molto appassionato, e mi commuove profondamente.

Uccelli n. 13 - Gli storni

Ho già scritto altrove degli storni, del loro piumaggio che sembra un ricamo portoghese di paglia su fondo nero, della somiglianza ingannatrice coi merli, della loro attitudine allo spettacolo della murmuration.
Non abito a Roma e non ho l'auto, quindi, ripeto, li posso amare.
Tanto più che da queste parti si vedono raramente, poco prima che volino via - a inzaccherare le proprietà dei nostri amici della capitale, probabilmente.
Di loro ricordo l'allegria brigantesca e spensierata.
Certo che sono felici, gli storni.
Hanno un sacco di amici e volando tutti insieme si fanno beffe anche dei falchi.
E chi li ammazza, gli storni?

Uccelli n. 14 - I falchi

Sì, ci sono pure loro. 
Quelli piccoletti, grigiolini, appollaiati di guardia sulla cima degli alberi.
Quelli un po' più grandi, rossicci, con le ali nere, che io penso siano falchi ma non è detto. Sono molto timidi, e vivono ammantati di mistero...
E' affascinante vederli fare lo spirito santo in alto in alto, e poi buttarsi giù in picchiata.
Purtroppo, per ogni picchiata c'è un topolino che muore.
Magari fosse una cornacchia!
Ora che ci penso, però, è da un pezzo che non li incontro più.
Forse proprio perché sono falchi, appollaiati al vertice della piramide alimentare, sono più delicati dei piccioni.

E poi c'è una serie di uccellini piccoli, a me sconosciuti, che più che vedere io intravedo e non distinguo. Scorgo un frullo d'ali che si mimetizza in una siepe - forse un verdone? E quelle righe che segnano la fuga di un cuore poco più grande di un calabrone, apparterranno a un cardellino? Ed è vero o no che sono riuscita a sbirciare i colori vivaci di una cincia?

Magari ne comparissero sempre di nuovi, a stimolare pensieri sempre diversi, a rappresentare differenti forme di felicità.

Questi uccelli, alla cui vista siamo così sensibili - come scriveva Primo Levi - perché una volta ne studiavamo il volo per leggervi il futuro.
E che quando non vediamo, ma sentiamo intorno a noi, sopra le nostre teste, aerei, alati, rappresentano la nostra anima - che forse non c'è ma magari è vera, e sa andare più in alto di noi.

Forse.



Buona settimana!


Silvana

lunedì 8 aprile 2019

8 aprile 2019 - Birdwatching n. 3

Uccelli n. 8 - Le cocorite

Sono belle, le cocorite. Infondono un tocco di esotismo ai nostri parchi. Ci aiutano a coltivare stupore ed incredulità. Quando volano, disegnano balestre verdi in cielo.
Chissà chi fu la dama romantica che liberò la prima coppia dalla sua gabbietta. O forse, più che romantica, distratta... Ma probabilmente bisogna parlare al plurale: i pappagallini sono diffusi ormai anche a Roma, e chissà in quante altre città d'Italia. Quindi, forse si sono liberate da sole in massa - un movimento spartachista degli uccelli canticchiato da un balcone all'altro in un linguaggio a noi ignoto.
Ma sgradevole: quando fanno cagnara, le cocorite, forse ci incuriosiscono, ma non ci deliziano di certo.
D'altronde, mi dicono che sian cattive: anche loro, rubano i nidi alle cince e divorano le uova altrui.
Ma è cattiveria, questa? O è una interpretazione del tutto umana di un fenomeno della natura?
Le specie vanno, le specie vengono. Come il litorale all'Uccellina: qui cresce, là si consuma.
Dovremmo giudicare?
Non dovremmo, anche perché le cocorite le abbiamo strappate noi ai loro luoghi natali.
E però io lo faccio lo stesso: non ho mai visto una cincia, al parco. Mi sarebbe piaciuto.
Cattive, cocorite!

Come forse sono cattivi anche gli uccelli n. 9 - i gabbiani.
Spietati cacciatori dei mari, che da queste parti non volteggiano sui pescherecci, ma sulle discariche. E non si bagnano nelle onde del Mediterraneo, ma sulla corrente del Seveso.
Però sono belli anche loro. Sanno d'estate. I loro richiami fanno pensare agli orizzonti lunghi e azzurri, alle serate interminabili.
E poi, non è detto che debbano restare ancora a lungo sulle discariche, nella mia città.
Il trend da queste parti è così positivo che probabilmente i gabbiani sono ambasciatori di una sorte meravigliosa: a Milano certamente un giorno arriverà anche il mare!

Uccelli n. 10 - I merli

Voglio bene ai merli.
Quando ero bambina mi davano l'impressione di essere molto intelligenti. Perché se il passero sa solo saltare, e il piccione sa solo camminare, lui salta e cammina, come gli conviene.
Ma forse non è poi così sveglio... Una volta ho assistito all'arrotamento di un povero merlo. Oggi, venendo al lavoro, ho visto due cornacchie (maledette!) che banchettavano con un uccellotto nero. Spero che ne abbiano trovato il corpo già morto per cause naturali, ma temo che non sia così.
E però mi piacciono tanto.
Sono eleganti, così neri e lucidi. Con quel becco giallo che portano alto come un trofeo.
E cantano così bene... 
Una volta, al mattino, mi svegliavo col loro fischiettare, e con il ciangottio dei passeri.
Nella casa dove sono adesso non li sento. Chissà un domani...
Chissà, forse è nella loro natura attirare il male.
Io stessa un giorno, avvicinandomi al limite del parco, ne ho visto uno che saltellava sul sentiero, e per fargli uno scherzetto ho fatto finta di volerlo arrotare con la bici. Lui è scappato via volando raso terra, urlando di paura e rancore, e attraversando la strada ha rischiato - ancora! - di essere investito per davvero.
Io me ne sono tornata a casa con la coda tra le gambe, vergognandomi della mia idiozia, e l'ho sentito a lungo urlarmi dietro: "Stronza! Stronza! Stronzaaaaaaaaaaaa!"
Non fate scherzi stupidi ai merli... Sono troppo sfortunati, andranno a finir male.


lunedì 1 aprile 2019

1 aprile 2019 - Birdwatching n. 2

Uccelli n. 4 - Le anatre selvatiche

Le anatre selvatiche mi piacciono sempre.
Mi mettono di buon umore quando le vedo camminare goffamente sulle rive dei canali. Mi fa ridere il loro quack-quack, che sia il ciangottare un po' spaventato di quando si allontanano circospette, o il richiamo a tutta gola - forse un grido di gioia - di quando le vedo volare. E quando le vedo volare, mi sembra di cadere in uno dei quadri che dipingeva mia nonna nel secolo scorso, per fortuna senza cacciatore.
La prima volta che ho visto le anatre selvatiche da queste parti volevo chiamare la protezione animali perché le portassero via, al sicuro, in zone meno inquinate.
In realtà la famiglia De' Paperis sembra prosperare.
Speriamo che i Cinesi, quando vanno a caccia, si rivolgano altrove. Ho già detto dove dovrebbero guardare.

Uccelli n. 5: Gli aironi

Gli aironi sono la meraviglia, il miracolo, lo stupore incarnato.
Non mi abituerò mai alla loro vista, anche perché si mostrano piuttosto di rado, e a volte si appollaiano sugli alberi... Vi assicuro che un airone appollaiato su un albero è una cosa molto strana da vedere. Quando cantano, poi, sembra di udire il richiamo degli archeopterix, in diretta dal Giurassico. Hanno una voce brutta, ma fa tanta impressione.
Gli aironi sono capaci di solcare il cielo in volo planato. Allora, sembrano dei grani aquiloni di legno. 
In genere avvisto gli aironi cinerini, quelli azzurri, con gli occhi truccati da antichi egizi.
Una volta ogni due anni, circa, mi si rivela un piccolo airone bianco.
Lui no, non deve essere rimasto a vivere nel parco. Sarà solo di passaggio.
Sarà un sogno.

E' una rarità riuscire a sentire, in una certa zona del parco, un fremito, un battere metafisico, un riverbero legnoso che sembra ritornare dalle sfere del cielo.
Quando mi capita, comincio a guardarmi intorno. So che da qualche parte, appeso a un tronco, dev'esserci l'uccello n. 6 - il picchio.
Non riesco mai a vederlo. Forse qualche anno fa ne ho scorto un'immagine verticale, appesa a un albero.
Rapidissima si è spostata dalla parte opposta a me, e se giravo intorno alla pianta, quella girava con me, mantenendo sempre la distanza.
Il picchio: un'illusione...

Uccello n. 7 - Le rondini

Fra poco ritornano le rondini. Ancora non ne ho viste. Forse dovrebbero già essere qui. Forse dovrei preoccuparmi. O forse sono stata solo un po' distratta.
Le rare volte che le ho sorprese a terra, le rondini, mi sono sembrate bruttine. Mi sono sembrate dei piccoli preti.
Ma poi, quando torno a casa la sera, e le vedo andare a caccia in un certo appezzamento di cielo, capisco che ho sbagliato a nascere. Avrei dovuto essere una di loro, anche soltanto per un'estate. Volare dalla troppa felicità - e quasi per caso ingoiare un dolce moscerino per carburarla. Mi strapperei il cuore dal petto e lo butterei nel cielo, per farlo volare insieme a loro.