lunedì 1 luglio 2019

1 luglio 2019 - Cattedrali in fiamme

Nell'autunno di due anni fa sono andata a Parigi.
E' stato un bel viaggio.
Con la mia amica Sophie, in quell'occasione, ho girato intorno a Notre Dame. Senza entrare.
La luce era nordica, cangiante, grigio-azzurra, e sotto il trascorrere delle nuvole sembrava che la Cattedrale si fosse messa a danzare.

Quando ho saputo che Notre Dame era in fiamme, qualche mese fa, sono rimasta scioccata.
A parte il piccolo rimpianto personale di aver perso poco l'ultima occasione di visitarne l'interno, ho avuto la fortissima sensazione che stesse bruciando una Grande Madre della nostra civiltà.
Dunque, ho dormito sul divano di fronte alla televisione accesa sul canale delle notizie. 
Una specie di piccola veglia personale.

Strano a dirsi, dopo la prima reazione emotiva violenta, mi sono abituata all'idea di una Notre Dame menomata. O, per meglio dire, non ho più pensato a questa perdita.
In fondo, storicamente le cattedrali nascono e muoiono.
Vengono inaugurate, poi bruciano, o sono demolite, vengono restaurate... Anche loro, come noi, sono organismi viventi. Forse perché sono opera nostra - e quindi come noi subiscono i colpi del destino.

D'altronde, anche le multinazionali hanno dimenticato i milioni promessi per la ricostruzione.
Mi pare d'aver capito che alla fin fine quelli che hanno versato offerte per la ricostruzione sono i provati cittadini. 

Qualche giorno fa Andrea Camilleri si è sentito male ed è entrato in coma.
A quanto ne so, ancora adesso sta dormendo.

MI è subito venuto in mente il paragone con Notre Dame.
Camilleri, il nostro piccolo padre, quello che in tutti questi anni ci ha divertito, ci ha indicato con naturalezza la cosa più giusta da pensare in questo mondo sempre più difficile.
Nonostante la sua età veneranda, non mi è mai venuto in mente che potessimo perderlo. La nostra garanzia di civiltà in carne ed ossa.

Sto leggendo una raccolta di racconti di Montalbano.
Spero che la mia lettura funzioni come un mantra, come una di quelle preghiere che tengono in vita il mondo nella mente di Dio che dorme.
Spero che tutti quelli che amano Camilleri stiano leggendo un suo libro.

Nelle storie di Montalbano si ripete regolarmente il risveglio dell'eroe.
In tutti i romanzi - credo - il nostro commissario apre gli occhi al giorno: a volte ristorato, a volte accaldato, a volte con lo stomaco ancora in disordine, o magari risentito per una lite con Livia.

Naturalmente, io non so nulla dello stato di salute di Camilleri - presente o futuro.
Spero che il mantra del risveglio possa funzionare. Che l'Autore si rialzi insieme a Montalbano, e torni tra noi.
Oppure, meno egoisticamente, spero il meglio per lui.

IN ogni caso, ho la certezza banale che continuerà a vivere tra noi nella cattedrale di parole che ci ha lasciato. Anche se mi mancherà la trasparenza con cui ha sempre visto ed indicato la scelta più umana e più giusta da compiere, in ogni occasione.

Capitano, nostro Capitano.


Buona settimana!

martedì 25 giugno 2019

24 giugno 2019 - La lentezza

Venezia è una città lenta.
Accaldata.
Affollata.

Non si può aver troppa voglia di correre, a Venezia.
O di lavorare.

Vi mando l'immagine di una gara a cronometro tipica del luogo.





Fulmini sì, ma solo di bellezza.


Buona settimana!


Silvana

lunedì 17 giugno 2019

17 giugno 2019 - Una storia che si ripete

Como degli scemi, al liceo, ogni volta che la nostra prof citava un topos noi sghignazzavamo.
Il topos, in realtà, non è un piccolo roditore, anche se l'idea di questi animaletti scorrazzanti per la storia della letteratura scatenava le nostre risa: è un luogo comune, una figura retorica, una similitudine che si ripete, secolo dopo secolo, autore dopo autore, di poeta in poeta, di scrittore in scrittore.

Tra le erbe alte del parco, nei giorni scorsi ho ammirato i fiori.
Ammirato ed amato.

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Poi, come doveva capitare, è passata la trebbiatrice, che ha raso tutto al suolo.

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Col mio rimpianto per i fiori perduti sono solo l'ultima di una lunga fila.


Oltre ai poeti, chissà quanti contadini prima di me. Quanti turisti, alpinisti, botanici...
Insomma, tutti lì in lunga schiera a piangere la morte dei fiori.

Che insieme alle erbe vengono poi raccolti in rotoballe, e portati via, per la gioia delle mucche ruminanti.

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Così è, tutto si ripete: cresceranno altre erbe, altri fiori, io scatterò altre foto, altri poeti piangeranno quando verranno recisi.

Io però, ve lo prometto, non ne parlerò più.

Buona settimana!


Silvana

lunedì 3 giugno 2019

3 giugno 2019 - La gallina nera

Dice una mia amica che il Parco Nord è gestito molto bene: si capisce che alberi e piante sono curati con attenzione e consapevolezza, e tutto cresce o viene tagliato con un ritmo forse ignoto ai più e magari all'apparenza casuale, ma una ragione sottesa al di sotto di ogni scelta agronomica si può sempre intuire.

Non so se sia vero.
So che le erbe di una certa zona che attraverso io per andare al lavoro sono altissime.
Prima, quando pioveva tanto, erano verdi verdi.
Adesso, dopo due giorni di sole, hanno già cominciato a ingiallire.


Tutti ricordiamo, purtroppo, l'omicidio della piccola Yara.
Il suo caso ha rappresentato il realizzarsi delle mie peggiori paure.
Quando ero piccola, ritornavo spesso la sera tardi da casa di mia nonna lungo la Milano - Venezia. Guardare il buio fuori dal finestrino, immaginare i campi freddi e neri oltre i guard-rails, e pensare di poter essere là, persa in quell'oscurità spaventosa, mi riempiva di sgomento.
E questo è toccato alla povera ragazzina: rimanere abbandonata per giorni e giorni in un campo, sola e abbandonata, nell'oscurità della morte, al gelo.

Ma i prati del Parco Nord sono diversi.
L'erba alta che cresce lungo i sentieri mi lancia un richiamo cui non rispondo mai, ma che sento continuamente.
Guardo quel mare verde - ora già dorato - e mi affascina vedere i fiori sospesi nelle sue trasparenza, come pesci nell'acqua.


Penso al pelo folto e morbido degli animali, in una versione stranamente vegetale.

Se quello fosse il pelo della mia Titina, io a entrare e a perdermi nell'erba sarei come una pulce che le sta vicino alla gola, là dov'era più calda.

Potrei stendermi pancia all'aria al centro del prato e non mi vedrebbe più nessuno.
Non mi sentirei sgomenta e impaurita.
Di giorno prenderei il sole guardando il cielo azzurro.
Di notte dormirei sotto le stelle.
La notte non sarebbe il mostro della Milano - Venezia.
Sarebbe come una gallina nera - e io nascosta tra le sue piume. Per sempre.

Buona settimana!


Silvana

lunedì 27 maggio 2019

27 maggio 2019 - Andreia

Quando ero al liceo, ero innamorata di una persona che si chiamava Andrea.
Andrea era il mio sogno infinito, il mio pensiero costante, il mio codice segreto.
Scrivevo "forza" dappertutto, perché questo vuol dire la parola "andreia" in greco antico. Lo scrivevo in stampatello maiuscolo, a caratteri inclinati - così la resa del concetto mi sembrava più dinamica.
FORZA FORZA FORZA era dappertutto: sui quaderni, sui libri, alla lavagna, inciso nel legno del mio banco.
I miei compagni erano esasperati, mi odiavano anche per questo.

Qualche giorno fa un mio collega tuttologo - una di quelle persone che ha conoscenze su ogni cosa, ha avuto ogni tipo di esperienza nella vita, e condivide molto con chi ha intorno - mi ha detto che essendo preparatore atletico ha notato in me la stoffa della vera sportiva dotata. Se per pura ipotesi mi facessero un carotaggio nelle carni, di certo risulterebbe che ho una buona quantità di fibre lunghe - quelle che danno velocità - e una massima parte di fibre chiare, che danno forza.

Io non so bene cosa pensare di questa rivelazione su di me alle soglie della vecchiaia.
Mi sono persa una ennesima fulgida carriera? La carriera agonistica?
Ma quante cose avrei potuto essere, se non avessi perso a studiare quello che ho studiato, e che non mi ha portato a niente?
Chissà, forse il mio collega mi ha voluto prendere un po' in giro... Ma sentire parlare di se stessi in termini che non avresti mai sospettato è sempre affascinante.
Si apre una porta su certi aspetti di te che mai ti saresti aspettato.

D'altronde, quando un mio conoscente capace di leggere i tarocchi mi ha chiesto quale fosse il mio arcano maggiore, io ho risposto senza esitare "La forza!".
La signora che con nonchalance spalanca le fauci di un leone, una mano sotto e una sopra... Come non ammirarla?

Qualche giorno fa una mia amica lontana mi ha consigliato di vedere il film della Coixet "La casa dei libri". "La protagonista mi ha fatto pensare tantissimo a te!", mi ha detto.
Io ho guardato questo film. L'eroina è una donna ancora giovane, vedova da anni, che in un paesino di campagna apre una libreria in una vecchia casa. Ma la Lady del luogo la prende a malvolere, e per nessunissima ragione al mondo scomoda il nipote deputato e gli fa varare una legge in Parlamento che le consente di portare via casa e negozio alla protagonista, senza che le venga versato il becco di un quattrino come risarcimento.
Allora, la donna prende il mare e abbandona quel tristo villaggio, con  tutti i suoi averi chiusi in una valigia nemmeno troppo grande.
Unica amica, unica persona a dirle addio è la ragazzina che per qualche tempo l'ha aiutata in negozio.
Solo allora lo spettatore scopre che è sua la voce narrante del film, che alla fine dice "Di lei ricorderò sempre l'assoluto coraggio e l'amore dei libri".

Spero sia questa la ragione per cui la mia amica lontana ha pensato a me, nel vedere quel film. I libri e il coraggio...

E il pensiero mi va a un altro, grandissimo film: La lista di Schindler.
Come tutti ricorderanno, a un certo punto Schindler dice al comandante del campo di concentramento: "Lei è un essere superiore, una persona generosa e buonissima!".
Naturalmente non era vero: il comandante era anzi un nazista folle e scellerato come e più di molti altri. 
Ma sotto l'influenza delle parole di Schindler, per un paio di giorni non uccise nessuno.

Così mi chiedo: sono io forte? Sono coraggiosa?
Una bambina che piange sempre perché gli altri non fanno che prenderla in giro è una debole?
E se non avessi avuto una infanzia infelice, se non fossi abituata ad affrontare traversie e frustrazioni, sarei ancora qui?

Non lo so se sono davvero forte, ma per favore, voi ditemelo lo stesso.

E magari, qualche volta, anche che sono bella.

Grazie.


Buona settimana!

lunedì 20 maggio 2019

20 maggio 2019 - Una storia semplice

Oggi è il mio compleanno, e vi regalo una storia bella.

Forse l'ho già raccontata, ma se mi ripeto fingerò che non sia per un mio difetto  di memoria, ma perché voglio nutrire il nostro spirito bambino, che davanti alle cose belle non si vergogna di volerle ascoltare sempre uguali.

E' una storia che mi ha raccontato Magda, e sa di paesi freddi e verdi, di gente semplice che lavora sodo, di sogno e di riscatto.

E' una storia semplice.

Mi racconta dunque Magdalena che nel suo paese viveva un signore che rimase vedovo molto presto, con due o tre bambini da crescere.
Dunque, questo signore passò venti o trent'anni da solo, magari quaranta, pensando a lavorare e a crescere i figli.
Poi, all'inizio della vecchiaia - diciamo, credo, verso i 60... Verso i 65... Non saprei... Insomma, un giorno questo bravo papà va a un funerale e incontra una signora della sua età, e nasce l'amore.
Da quel giorno, i due vissero insieme felicemente tanti tanti anni - venti, trenta, non ricordo di preciso -, condividendo una lunga vecchiaia sana, proficua e felice.

Per tutto quello che di fiabesco ha questa storia, cui io penso di rado ma sempre con piacere, e di consolatorio, e anche di fantascientifico, e di umile, di quotidiano, di tenero, di costruttivo, di folkloristico e di sorprendente, io ringrazio Magdalena che me l'ha raccontata.

E spero che a voi piaccia quanto è piaciuta a me.

Immagine correlata


Buon compleanno. Auguri.

Buona settimana.


Silvana

lunedì 13 maggio 2019

13 maggio 2019 - Ancora!

Mi piace cantare nel coro perché ci esibiamo gratis.

Intendo dire: se ci pagassero proverei la soddisfazione di guadagnare qualcosa dedicandomi ad una attività artistica (andrebbe tutto sul conto del coro, comunque, non su quello mio personale...).
Però, per come stanno le cose, dedicare tanto tempo insieme a un gruppo di altre persone per costruire qualcosa di bello, che poi si lascia vagare nell'aria come un seme di soffione, mi piace.
Agiamo fuori dall'ottica del guadagno.
Siamo contrabbandieri di vibrazioni sonore.
Regaliamo bellezza.

Lo scorso fine-settimana sono stata in Umbria col coro.
Abbiamo partecipato a una rassegna sabato sera. Abbiamo cantato una messa domenica mattina.
In cambio, l'organizzazione ci ha regalato un giro turistico di Gubbio.

Da quei cantores assatanati che siamo, abbiamo approfittato della visita al Duomo per improvvisare un Alleluja in un cantuccio.
Più tardi, visitando la chiesa di un convento di monachine di clausura, abbiamo ripetuto l'exploit.


Ed ecco il piccolo miracolo - l'emozione, lo struggimento, il momento d'oro, il fiorire del senso.

Le suorine del convento di clausura si sono affacciate alla grata da cui possono guardare nella chiesa.
Terminato l'Alleluja ci hanno applaudito e ci hanno chiesto: "Ancora!"
E noi abbiamo fatto il bis.


Prima di uscire, una di loro è scesa a farci i complimenti ("Qui accanto fa le prove un coro e ogni tanto vengono a cantare, poi anche altri, ma nessuno così bene!"), a ringraziarci, ad augurarci Pace e bene.
Questo auguro anche a voi - ed egoisticamente, soprattutto a me stessa.

Pace e bene.

Buona settimana.

lunedì 6 maggio 2019

6 maggio 2019 - Qualcun altro

Ho letto da qualche parte che Einstein era una persona modesta, non si inorgogliva pubblicamente dei successi della sua mente scienziata (che stupidaggine sarebbe stata, d'altronde: essere un genio di successo e vantarsene pure. Che atto gratuito).
Quando però si esibiva pubblicamente col suo violino, e la stampa dava risonanza all'evento con lodi e apprezzamenti, lui ritagliava la notizia e la mostrava a tutti, molto orgoglioso.

Qualche anno fa un mio libro è stato tradotto in spagnolo, e la casa editrice che ne ha realizzato questa versione ha pubblicato sul proprio sito qualche notizia su di me, dando rilievo alla mia vasta esperienza nel campo dell'educazione e ai riconoscimenti conferitimi in America Latina per la mia opera pubblica di organizzatrice di studi, conferenze, congressi mondiali eccetera eccetera.
Bello, mi sono detta. Interessante.
Ho avvisato la casa editrice dell'equivoco, e mi sono goduta il frisson che mi veniva dall'essere presa per qualcuno di diverso da me - e naturalmente migliore, perché proprio in quel periodo avevo ripreso a pensare che tutti siano migliori di me e vivano vite molto più felici e in gamba della mia.

Dunque, mi sono detta, è così che vivono gli avventurieri.
E' per questo.
Interessante.

Un leggero brividino in questi giorni me lo ha dato partecipare a una mostra d'arte collettiva.
Da ieri espongono nell'hinterland milanese alcuni allievi delle civiche scuole d'arte Faruffini e P. Borsa le proprie opere. Io, tra loro, con le mie ceramiche.

La ceramica è una vacanza, una distrazione che mi accompagna da tantissimi anni.
Non ho genio in questo campo, ma ne sono consapevole e proprio questo mi permette di dedicarmici con leggerezza.
Fare ceramica - non tanto, ma regolarmente - mi permette ormai da tanto tempo di sentirmi qualcun altro.

In occasione della mostra Cinzia, la mia validissima Maestra, mi ha suggerito di proporre delle opere che facessero parte di una narrazione.
Dunque, questo è il testo della mia mostra, a titolo "La storia degli animali":

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Qui avete una visione d'insieme del mio tavolo, alla mostra

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Le volpi cacciatrici

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Le lepri che sanno scappare
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La timida talpa

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Il lupo dal caratteraccio

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E la coppia di innamorati

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Ricordo una persona che avevo frequentato tanti anni fa.
Era molto cinico. Molto sarcastico. Molto pieno di disprezzo per le persone e per quello che le persone fanno (se non sono affermati professionisti o artisti, naturalmente).

Di certo, avrebbe riso delle opere esposte, non solo delle mie.
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Sono molto felice di non aver provato un briciolo di cinismo nei confronti di questa mostra.
Invece, ho apprezzato molto il discorso con cui il maestro Antonio T. l'ha introdotta,dicendo che se è vero che la bellezza salverà il mondo, ci sono persone che si dedicano alla ricerca della bellezza con occhi, cuore, mente e mani, e soprattutto con grande sincerità.
L'estrema sintesi che ne faccio non rende onore a queste parole. Lui si è espresso molto meglio, e in modo persino commovente.

Tutti, naturalmente, mi hanno fatto i complimenti: gente che conosco e anche gente che non conosco. E dico naturalmente perché nessuno verrebbe a dirmi in faccia "Che brutta roba, provo molto cinismo nei tuoi confronti!".

Quelli che mi conoscono, in particolare, mi hanno detto che nella mia mostra mi hanno riconosciuta.
Hanno riconosciuto me.
Anche nella ceramica, io sono io.

Non sarò mai qualcun altro.

Buona settimana!


Silvana

lunedì 29 aprile 2019

29 aprile 2019 - Patrimonio

La scorsa settimana è venuta a trovarmi la mia amica Sophie dalla Francia.
Come già successo, la visita delle amiche da fuori è l'occasione per fare la turista nella mia città - che ogni volta riscopro bella.
Il cielo non era "bello quando è bello" e non faceva caldo, ma per lo meno non pioveva come avevano previsto - dunque, tutti fuori a spasseggiare!
Dopo le modernità di piazza Gae Aulenti e le bizzarre mode di Corso Como, ecco che io e Sophie entriamo da Eataly - l'ex teatro Smeraldo, dove mia mamma andava a guardare i musical quando era signorina.

Che dire? Un tempio.
Cibo dappertutto. Sopraffino ben confezionato ed italiano.
Tanta folla che vuole libare e mangiare. Oppure regalare. O solo sognare...
Mentre Sophie preme per uscire il prima possibile per non soffrire più la frustrazione di non poter comprare tutto, io passo un po' sperduta tra gli scaffali, tenendomi le mani allacciate dietro la schiena - atteggiamento che ho in comune col principe Carlo, quando guarda qualcosa che gli interessa. 
Lui forse per concentrarsi meglio, io anche per non destare sospetti nelle commesse. Non sia mai che pensino che sto rubando (forse ho davvero un'aria sospetta, chi lo sa, ma mi ricordo che persino alla bancarella del mio editore, alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna, sono stata tallonata passo passo da una assistente. Chissà se a dirle che ero un'autrice avrebbe smesso).
All'improvviso, sono stata fulminata da un ricordo.

Apro una parentesi: non mi piace molto che si commenti come sono fatta fisicamente. 
I complimenti fanno sempre piacere, senza dubbio. Quanto al resto, mi è già stato detto molto di me quando ero una bambina grassa, penso che basti.
Faccio rare eccezioni per le persone di cui ho deciso di fidarmi a prescindere.
Quindi, il giorno in cui il mio collega simpatico, guardandomi le mani, mi ha detto con aria stupita, come davanti a un animaletto sconosciuto e strano ma in fondo simpatico: "Ma che dita grosse hai...", non me la sono presa.
E' vero: ci si è messo anche un principio di artrosi. Ho le dita grosse...

...e quando da Eataly mi sono presa due dita con una mano, dietro la schiena, all'improvviso si è risvegliato dentro me il ricordo fisico, lontano lontano ma preciso, inequivocabile, di quando mio padre mi portava a fare un giretto - io molto piccola, probabilmente sotto i cinque anni - e per guidarmi mi offriva due grandi dita da stringere.

Ho dentro me un patrimonio genetico che ha spinto le mie ossa verso la misura L.
Ho dentro di me il ricordo di qualcuno che si prende cura di me e mi guida.
E anche se io, dopo l'infanzia, ho avuto tanti problemi con mio padre, sono stata felice di ritrovare questo ricordo così intimo e dolce.

Ero già una ragazza grande quando lui mi disse, probabilmente in un momento conflittuale: "Non incontrerai mai nessuno che ti voglia bene più di me". Che lui intendeva fosse una dichiarazione d'amore.
A me in quell'occasione parve una cosa egoista da dire, pesante come una maledizione - che purtroppo si è avverata.

Ma è bello sapere che nella mia vita c'è stato qualcuno che sapeva di potermi fare una dichiarazione d'amore così assoluta - e che me l'ha fatta.

Buona settimana!


Silvana

22 aprile 2019 - Il tempo e il desiderio

Manca un uccellino nella rassegna alata cui ho dedicato le scorse settimane.
E manca in più di un senso, perché il passero non è rientrato nella mia lista - come pure è sparito dal parco.

Lo davo per scontato, tanti anni fa.
Lo consideravo una piccola gioia quotidiana che non sarebbe mai venuta a mancare, da tanto mi sembrava facile e comune da trovare. E invece...

Allo stesso modo, tante capacità che diamo per scontate quando siamo giovani, e crediamo non verranno mai meno - anzi, non crediamo proprio niente, perché le riteniamo indiscutibili - queste capacità con l'età ci abbandonano.
Ma non intendo dire quelle vagamente strutturate, quale può essere la capacità di imparare una lingua nuova perché si ha abbastanza memoria: mi riferisco alle più elementari!
E così, ad esempio, un mio collega mi ha confessato che rimpiange della gioventù la capacità di bere senza risentirne il giorno dopo. Adesso, invece, se una sera si abbandona ai piaceri della tavola e del vino, il giorno dopo si sente completamente stonato. E che cosa ci importa di tutto il resto - amore arte guerra...? L'importante è stare bene, dice saggiamente, e il vino fa stare molto bene! Finché non fa stare male.
E accidenti, altro che vino: io oramai sto male con la pizza!

Ma non è la pizza la capacità elementare che rimpiango.

Ricordo che uno dei momenti più belli del 2018, per me, è stato il giorno della gastroscopia.
Ho reagito così bene alla blanda anestesia che mi hanno fatto, che sono crollata addormentata. Un sonno profondo e senza sogni che, purtroppo, è durato poco, pochissimo!

La mia fascinazione è stata così profonda che ho cercato in rete qualche notizia sulle fumerie d'oppio di colettiana memoria.
Certo che non sono oppiomane! Certo che non diventerei mai e poi mai oppiomane, lo giuro! (Non si giura mai, lo so).
Ma se le fumerie d'oppio tornassero a diffondersi, e diventassero legali, io qualche giro ce lo farei.

Perché purtroppo non riesco più a dormire, e la cosa mi dispera.
Sono fortunata se riesco a schiacciare cinque ore di sonno in una notte.
Regolarmente mi sveglio alle tre - alle due se mi va male, alle quattro se mi va particolarmente bene - e poi rimango lì ad occhi spalancati, aad angosciarmi da sola, al buio.

Certo, che ho sviluppato delle tattiche.
Leggo o guardo qualche serie tv in rete, finché a volte mi riaddormento.
Più spesso no, ma per lo meno non penso.
E di prendere sonniferi ho paura, perché so che ne diventerei dipendente, e non riuscirei mai più ad addormentarmi da sola.

Quindi: altro che sogni di gloria e d'amore.
Io ho soltanto sogni di sogni.

Quando ero giovane volevo "realizzarmi" e incontrare l'anima gemella. Non ho avuto niente di tutto ciò.
Però adesso vorrei tanto dormire.
Dormire. Dormire. Dormire. Profondamente, senza sogni, a lungo. Molto a lungo. Sempre più a lungo. Scomparire. Non esserci. Cadere altrove.

Dormire.


Buona settimana!
E sogni d'oro.


Silvana

lunedì 15 aprile 2019

15 aprile 2019 - Birdwatching n. 4

Uccelli n. 11 - I colombacci

Sono belli, i colombacci. Rappresentano la versione atletica dei piccioni. Hanno delle righe a pianoforte bianche e nere, sotto le ali, molto decorative, che quando sono in volo funzionano da segnaletica, per comunicare cosa io non so.
Pur non essendo colorati come auspicato, rispetto ai piccioni hanno tutt'un altro savoir faire, un altro aplomb.
La prima volta che li ho visti è stato a Parigi - lassù al Nord sono molto più diffusi, i colombacci. Non conoscendoli, mi sono chiesta se da quelle parti i colombi prendessero le vitamine - o se si nutrissero unicamente di ipercalorici croissants.
Scoperto l'arcano (in realtà, sono un'altra specie), gli è rimasta comunque un'aura di esotismo addosso, il fascino dell'altrove.
Chissà se anche i colombacci cadono vittima delle cornacchie.
Almeno loro, spero di no. Mi sembrerebbero abbastanza ben piantati per difendersi. Abbastanza costauds.

Uccelli n. 12 - I pettirossi

Hanno una cosa in comune coi cavalli, i pettirossi. Non certo le dimensioni...
E' che i loro occhietti, come quelli ben più grandi dei quadrupedi, sono lucidi e neri, sporgono, e sembrano poter riflettere tutto il mondo di fuori, concentrandolo in un punto di vista microcosmico.
Perché sono sfacciati, a volte, i pettirossi, e restano lì a guardarci incuriositi.
Se poi penso alla favola scritta da Oscar Wilde - scrittore che detesto, ma la sua favola del pettirosso mi ha segnato - il punto di vista del pettirosso mi sembra molto appassionato, e mi commuove profondamente.

Uccelli n. 13 - Gli storni

Ho già scritto altrove degli storni, del loro piumaggio che sembra un ricamo portoghese di paglia su fondo nero, della somiglianza ingannatrice coi merli, della loro attitudine allo spettacolo della murmuration.
Non abito a Roma e non ho l'auto, quindi, ripeto, li posso amare.
Tanto più che da queste parti si vedono raramente, poco prima che volino via - a inzaccherare le proprietà dei nostri amici della capitale, probabilmente.
Di loro ricordo l'allegria brigantesca e spensierata.
Certo che sono felici, gli storni.
Hanno un sacco di amici e volando tutti insieme si fanno beffe anche dei falchi.
E chi li ammazza, gli storni?

Uccelli n. 14 - I falchi

Sì, ci sono pure loro. 
Quelli piccoletti, grigiolini, appollaiati di guardia sulla cima degli alberi.
Quelli un po' più grandi, rossicci, con le ali nere, che io penso siano falchi ma non è detto. Sono molto timidi, e vivono ammantati di mistero...
E' affascinante vederli fare lo spirito santo in alto in alto, e poi buttarsi giù in picchiata.
Purtroppo, per ogni picchiata c'è un topolino che muore.
Magari fosse una cornacchia!
Ora che ci penso, però, è da un pezzo che non li incontro più.
Forse proprio perché sono falchi, appollaiati al vertice della piramide alimentare, sono più delicati dei piccioni.

E poi c'è una serie di uccellini piccoli, a me sconosciuti, che più che vedere io intravedo e non distinguo. Scorgo un frullo d'ali che si mimetizza in una siepe - forse un verdone? E quelle righe che segnano la fuga di un cuore poco più grande di un calabrone, apparterranno a un cardellino? Ed è vero o no che sono riuscita a sbirciare i colori vivaci di una cincia?

Magari ne comparissero sempre di nuovi, a stimolare pensieri sempre diversi, a rappresentare differenti forme di felicità.

Questi uccelli, alla cui vista siamo così sensibili - come scriveva Primo Levi - perché una volta ne studiavamo il volo per leggervi il futuro.
E che quando non vediamo, ma sentiamo intorno a noi, sopra le nostre teste, aerei, alati, rappresentano la nostra anima - che forse non c'è ma magari è vera, e sa andare più in alto di noi.

Forse.



Buona settimana!


Silvana

lunedì 8 aprile 2019

8 aprile 2019 - Birdwatching n. 3

Uccelli n. 8 - Le cocorite

Sono belle, le cocorite. Infondono un tocco di esotismo ai nostri parchi. Ci aiutano a coltivare stupore ed incredulità. Quando volano, disegnano balestre verdi in cielo.
Chissà chi fu la dama romantica che liberò la prima coppia dalla sua gabbietta. O forse, più che romantica, distratta... Ma probabilmente bisogna parlare al plurale: i pappagallini sono diffusi ormai anche a Roma, e chissà in quante altre città d'Italia. Quindi, forse si sono liberate da sole in massa - un movimento spartachista degli uccelli canticchiato da un balcone all'altro in un linguaggio a noi ignoto.
Ma sgradevole: quando fanno cagnara, le cocorite, forse ci incuriosiscono, ma non ci deliziano di certo.
D'altronde, mi dicono che sian cattive: anche loro, rubano i nidi alle cince e divorano le uova altrui.
Ma è cattiveria, questa? O è una interpretazione del tutto umana di un fenomeno della natura?
Le specie vanno, le specie vengono. Come il litorale all'Uccellina: qui cresce, là si consuma.
Dovremmo giudicare?
Non dovremmo, anche perché le cocorite le abbiamo strappate noi ai loro luoghi natali.
E però io lo faccio lo stesso: non ho mai visto una cincia, al parco. Mi sarebbe piaciuto.
Cattive, cocorite!

Come forse sono cattivi anche gli uccelli n. 9 - i gabbiani.
Spietati cacciatori dei mari, che da queste parti non volteggiano sui pescherecci, ma sulle discariche. E non si bagnano nelle onde del Mediterraneo, ma sulla corrente del Seveso.
Però sono belli anche loro. Sanno d'estate. I loro richiami fanno pensare agli orizzonti lunghi e azzurri, alle serate interminabili.
E poi, non è detto che debbano restare ancora a lungo sulle discariche, nella mia città.
Il trend da queste parti è così positivo che probabilmente i gabbiani sono ambasciatori di una sorte meravigliosa: a Milano certamente un giorno arriverà anche il mare!

Uccelli n. 10 - I merli

Voglio bene ai merli.
Quando ero bambina mi davano l'impressione di essere molto intelligenti. Perché se il passero sa solo saltare, e il piccione sa solo camminare, lui salta e cammina, come gli conviene.
Ma forse non è poi così sveglio... Una volta ho assistito all'arrotamento di un povero merlo. Oggi, venendo al lavoro, ho visto due cornacchie (maledette!) che banchettavano con un uccellotto nero. Spero che ne abbiano trovato il corpo già morto per cause naturali, ma temo che non sia così.
E però mi piacciono tanto.
Sono eleganti, così neri e lucidi. Con quel becco giallo che portano alto come un trofeo.
E cantano così bene... 
Una volta, al mattino, mi svegliavo col loro fischiettare, e con il ciangottio dei passeri.
Nella casa dove sono adesso non li sento. Chissà un domani...
Chissà, forse è nella loro natura attirare il male.
Io stessa un giorno, avvicinandomi al limite del parco, ne ho visto uno che saltellava sul sentiero, e per fargli uno scherzetto ho fatto finta di volerlo arrotare con la bici. Lui è scappato via volando raso terra, urlando di paura e rancore, e attraversando la strada ha rischiato - ancora! - di essere investito per davvero.
Io me ne sono tornata a casa con la coda tra le gambe, vergognandomi della mia idiozia, e l'ho sentito a lungo urlarmi dietro: "Stronza! Stronza! Stronzaaaaaaaaaaaa!"
Non fate scherzi stupidi ai merli... Sono troppo sfortunati, andranno a finir male.


lunedì 1 aprile 2019

1 aprile 2019 - Birdwatching n. 2

Uccelli n. 4 - Le anatre selvatiche

Le anatre selvatiche mi piacciono sempre.
Mi mettono di buon umore quando le vedo camminare goffamente sulle rive dei canali. Mi fa ridere il loro quack-quack, che sia il ciangottare un po' spaventato di quando si allontanano circospette, o il richiamo a tutta gola - forse un grido di gioia - di quando le vedo volare. E quando le vedo volare, mi sembra di cadere in uno dei quadri che dipingeva mia nonna nel secolo scorso, per fortuna senza cacciatore.
La prima volta che ho visto le anatre selvatiche da queste parti volevo chiamare la protezione animali perché le portassero via, al sicuro, in zone meno inquinate.
In realtà la famiglia De' Paperis sembra prosperare.
Speriamo che i Cinesi, quando vanno a caccia, si rivolgano altrove. Ho già detto dove dovrebbero guardare.

Uccelli n. 5: Gli aironi

Gli aironi sono la meraviglia, il miracolo, lo stupore incarnato.
Non mi abituerò mai alla loro vista, anche perché si mostrano piuttosto di rado, e a volte si appollaiano sugli alberi... Vi assicuro che un airone appollaiato su un albero è una cosa molto strana da vedere. Quando cantano, poi, sembra di udire il richiamo degli archeopterix, in diretta dal Giurassico. Hanno una voce brutta, ma fa tanta impressione.
Gli aironi sono capaci di solcare il cielo in volo planato. Allora, sembrano dei grani aquiloni di legno. 
In genere avvisto gli aironi cinerini, quelli azzurri, con gli occhi truccati da antichi egizi.
Una volta ogni due anni, circa, mi si rivela un piccolo airone bianco.
Lui no, non deve essere rimasto a vivere nel parco. Sarà solo di passaggio.
Sarà un sogno.

E' una rarità riuscire a sentire, in una certa zona del parco, un fremito, un battere metafisico, un riverbero legnoso che sembra ritornare dalle sfere del cielo.
Quando mi capita, comincio a guardarmi intorno. So che da qualche parte, appeso a un tronco, dev'esserci l'uccello n. 6 - il picchio.
Non riesco mai a vederlo. Forse qualche anno fa ne ho scorto un'immagine verticale, appesa a un albero.
Rapidissima si è spostata dalla parte opposta a me, e se giravo intorno alla pianta, quella girava con me, mantenendo sempre la distanza.
Il picchio: un'illusione...

Uccello n. 7 - Le rondini

Fra poco ritornano le rondini. Ancora non ne ho viste. Forse dovrebbero già essere qui. Forse dovrei preoccuparmi. O forse sono stata solo un po' distratta.
Le rare volte che le ho sorprese a terra, le rondini, mi sono sembrate bruttine. Mi sono sembrate dei piccoli preti.
Ma poi, quando torno a casa la sera, e le vedo andare a caccia in un certo appezzamento di cielo, capisco che ho sbagliato a nascere. Avrei dovuto essere una di loro, anche soltanto per un'estate. Volare dalla troppa felicità - e quasi per caso ingoiare un dolce moscerino per carburarla. Mi strapperei il cuore dal petto e lo butterei nel cielo, per farlo volare insieme a loro.