lunedì 25 marzo 2019

25 marzo 2019 - Birdwatching n. 1

Attraversare il parco per andare al lavoro è uno dei punti fermi delle mie giornate.
Mi piace vedere i giochi dei cani, la metratura del cielo, l'effetto che fa il succedersi delle stagioni. E se lo spettacolo, in fondo, è ripetitivo, cosa importa? Di fronte alle bellezze del parco sono come una bambina piccola, che si fa ripetere sempre la stessa storia e si diverte ogni volta. Finché mi succede questo c'è speranza. 
Anche se ogni volta che scatto una foto - evento sempre più raro - immancabilmente mi chiedo quante volte non abbia già ripreso la stessa scena. 
Questa consapevolezza sì, questa è un po' deprimente. Per questo faccio sempre meno la fatica di tirar fuori la macchina fotografica dal marsupio.

Invece, ogni tanto provo a contare le varie specie che vedo.
Ho fatto il conto dei fiori.
Ho fatto quello degli uccelli.
Ma tenere a mente una lista col solo ausilio delle dita, mentre si cammina, lo trovo difficile. Proverò a prendere qualche appunto qui, per mail.

Uccelli n. 1: Le cornacchie

Le cornacchie sono la dimostrazione che ad essere intelligenti, quando non si è simpatici, si diventa molto più odiosi.
Le vedo imperversare sui prati del parco e spero che al più presto i Cinesi intervengano per estinguerle. Possibile che le cornacchie non siano buone da mangiare? Che siano così difficili da catturare? O nuovi amici del popolo italiano, per favore, lasciate in pace i girini dei fossi e volgete le vostre attenzioni a questi uccellacci del malaugurio, che hanno causato la scomparsa di tante specie endemiche molto più preziose!
Fino a qualche anno fa, io le cornacchie le avevo viste solo a Mosca. Piacevano tanto alla mia amica Piera, e questo è il solo lato positivo che mi sento di riconoscergli.
Per il resto, so che sono solo scaltre assassine, pronte a rubare gattini dai balconi e pulcini dai nidi. So che sarebbero capaci di assalirci in gruppo per cavarci gli occhi, se mostrassimo segni di debolezza quando attraversiamo il parco.
Quindi, signori Cinesi, si dice che voi mangiate qualsiasi cosa si muova sulla terra.
Venite al Parco Nord, e prendetevi tutte 'ste cornacchie! 
Fatele arrosto.

Uccelli n. 2: Le gazze

Mi piacciono molto le gazze, nonostante siano ladre - dicono - e abbiano una voce assai brutta. Però sono eleganti come pianoforti a coda.
Qualche giorno fa ho visto il loro volo bianco-nero di tastiera, inconfondibile, andare a terminare in un cespuglio. Resto in osservazione. Ce ne saranno altre? Torneranno?
Vi tengo informati.

Uccelli n. 3: I piccioni

I piccioni, dicono, sono ratti con le ali. Forse intendono dire: sono sporchi.
Non sono più sporchi di tutti gli altri uccelli, io credo. E' che ce ne sono di più, quindi quello che producono è più evidente.
I piccioni soffrono secondo me del non essere colorati. Sembrano pezzi d'asfalto con le ali - questo sì.
Se solo fossero blu pavone o azzurri o gialli, avrebbero molti più ammiratori.
Eppure, c'è chi li ama per quello che sono. Per le discrete iridescenze metalliche che portano sul collo, ad esempio. O perché, a guardarli bene, non ce n'è uno uguale all'altro.
Mia madre, ad esempio.
Mia madre non va in vacanza da una vita, ma nel corso degli anni ha speso una piccola fortuna, per nutrirli. Ogni mattina si alza all'alba per andare a spargere cubetti di pane vecchio e riso al parco, in un posto che sanno loro.
I piccioni sono il viaggio quotidiano di mia madre, il suo mare, la sua montagna. Il suo sorriso, la sua motivazione.
Non sono ratti con le ali, i piccioni.

Il seguito alla prossima puntata!


Buona settimana

lunedì 18 marzo 2019

18 marzo 2019 - Il sovrannaturale

Affermava Pascal che, di fronte alla questione dell'esistenza di Dio, non si può non decidere: o si crede o non si crede.
Dire "Non so" è da imbelli e da imbecilli.

Confesso di essere imbelle. Con terminologia più raffinata dirò che sono agnostica.
Non ho idee forti sull'esistenza di Dio: non lo so. La mia testa è troppo piccola per decidere di una questione così grande e Lui, se c'è, non ha avuto la bontà di rivelarmisi con amore.
Questione chiusa.
Detto questo, non mi sento particolarmente imbecille. Ritengo anzi di essere piuttosto democratica, perché capisco benissimo le ragioni degli atei - ma l'emotività e il sentimento mi portano a provare simpatia e anche invidia per chi crede.
Io, per questioni di religione, non farò mai la guerra a nessuno. E questo è bene.

Lo stesso vale per i fantasmi - e per il sovrannaturale in genere.
Io di fantasmi non ne ho mai visti. Non ho mai avuto sogni premonitori, telepatie, rivelazioni di essere già stata in posti sconosciuti. 
Però trovo affascinante i racconti che hanno a che vedere con quest'argomento, e non mi sento lontana da chiunque parli di reincarnazione, agnizioni, extraterrestri, spiritualità.

Chi sono io per dire di no?

Così, una spiegazione che mi sono data per il dolore che provo per la morte della mia Titina, un'idea, una storia che mi sono raccontata ultimamente, è che in realtà la Titi fosse la reincarnazione di una figlia che mi è morta in una delle mie precedenti esistenze, 

image.png
In effetti, quando guardavo questo ritratto del Moroni, Titina vivente, mi sembrava di riconoscervi lei.


e che riincontrarla sotto forma gattesca in questa vita attuale, sia una possibilità che mi viene data per elaborare il lutto, una buona volta, in modo più facile, e liberarmi di questo peso.
Peso che, per la cronaca, ancora non se ne è andato. 

E poi, quando attraverso il parco in bicicletta, c'è un certo punto in cui vado più veloce e faccio meno fatica.
Forse è solo perché in realtà il terreno è in discesa.
A volte invece mi domando se non sia che in quel punto ha deciso di restare a vivere qualcuno che mi voleva bene e che, quando passo, mi mette due mani sulla schiena e spinge, per aiutarmi.

Chi siete voi per dire che non è vero.

Questo è tutto quello che posso dire sul sovrannaturale.
Mi sembra significativo.
Non sono portata.

In realtà è da tempo che penso a una bella mail piuttosto lunga su un certo argomento che mi interessa con più calore, ma divento sempre più pigra e rimando continuamente.
Accontentatevi, per questa volta, di reincarnazione e di fantasmi.

Buona settimana!

lunedì 11 marzo 2019

11 marzo 2019 - Miami

Quando scatto fotografie, sono spesso attratta dagli effetti facili: i controluce, i riflessi, le rifrazioni. I toni accesi dai raggi diretti del sole. I flu naturali della nebbia.
Tutti giochi di luce che si risolvono in un attimo.
Io sono attratta da effetti facili, è vero, ma d'altronde anche questo è photo-graphéin.

Stamattina sono uscita per commissioni, e per la seconda volta sono passata lungo una certa recinzione in materiale plastico semi-trasparente di un bel verde pisello.
L'altra sera, al tramonto, ero dalla parte opposta, con la macchina fotografica scarica.
Col plasticone vitaminico sempre tra me e il sole, oggi l'effetto era lo stesso. E l'effetto era questo

Miami.jpg

Mi colpisce come a volte diventino parte di noi i ricordi e le sensazioni degli altri.
Ad esempio, tanti anni fa la professoressa di lettere delle medie raccontava di suo suocero, montanaro valtellinese, che da bambino, a Natale, si stupiva che i Re Magi potessero arrivare alla capanna del presepe di casa sua. Le statuine stavano in piedi grazie a certi spuntoni che avevano sotto la base, da infilare in un fondo morbido. Ma la strada che portava da lui era di pietra dura: questi poveri Re Magi come potevano avanzare?
La mia professoressa non poteva dimenticare questa logica da bambino, e io con lei.

Dunque, vedendo l'accostamento dei colori del cielo e della staccionata, stamattina e l'altra sera, mi è venuta in mente la giovinezza errabonda della mia amica Erika, che su una terrazza di Miami, all'ora dell'aperitivo, mi raccontava: "Quando mi chiedono la ragione per cui sono venuta a vivere qui, rispondo: perché a Miami il blu è davvero blu, e il verde davvero verde".
Due colori che da quelle parti si vedevano spesso, e spesso insieme - il mare, il cielo, tutte quelle palme... - e che lei portava volentieri stampati addosso, su un certo vestitino di Versace. 
Un accostamento che adesso, nella mia mente, corrisponde alla divisa della giovinezza della mia amica, e di rimando un poco anche della mia.

Quando vedo questi due colori insieme, ovunque mi trovi, ed a qualsiasi età, insomma, sono a Miami con Erika.

Buona settimana!


Silvana

lunedì 4 marzo 2019

4 marzo 2019 - Un'ode

Ho ritrovato un po' me stessa, qualche settimana fa, interrompendo l'alienante routine casa - biblioteca - mamma - casa per andare a visitare la mostra di André Kertész.

E' stato come ritrovarsi, per me, lo spingere la mente a rincorrere stimoli diversi, tra  l'Ungheria Parigi e New York, luoghi dove il fotografo ha vissuto, e gli interni e gli esterni, e i dettagli e le viste dall'alto che hanno attirato il suo occhio.
Anche vedere questa immagine 



mi ha fatto ritrovare me stessa, confermandomi nel mio amore per i divani.

Amo i divani appassionatamente.
Vorrei avere una casa di trentaquattro stanze solo per metterne in ognuna uno diverso, e adattargli il resto del mobilio intorno.
Ne terrei uno persino in bagno - ma forse la vasca è già una specie di sofà. E infatti io adoro anche fare il bagno.
Quando sto bene, è magnifico alzarsi dal letto, al mattino, per trasmigrare sul divano a panciollare ulteriormente.
Quando sto male, è consolatorio alzarsi dal letto per andare a condolersi sul divano ulteriormente.
Così, se il letto è l'orizzontale notturno, il divano è l'orizzontale diurno, che in una situazione diversa dalla mia sarebbe bello condividere - non dico tanto, anche solo con un gatto, se il gatto lui non fosse morto pure lui.
Amo i divani nuovi per il loro tonico splendore.
Amo i divani vissuti per i loro teneri affossamenti, segni del tempo trascorso nella dolcezza, e per gli eventuali squarci nel tessuto, segni delle unghie dei nostri beniamini baffuti, quando ci sono, quando sono sani, vitali, e vogliono manutenere le armi fornitegli dalla natura, senza alcun dubbio consapevoli di farci un bel dispetto.
Mi piacciono i divani anche quando puzzano un po', come fossero le nostre ascelle in cui, con mirabile salto mortale, riusciamo ad accoccolarci.
Il momento più bello della giornata, per me, è quando la sera cado addormentata sul divano, davanti ala televisione accesa, o con lo smartphone in mano, mentre cerco di guardare qualche serie tv su raiplay.
Dopo l'insonnia delle mie notti, dopo l'insipienza delle mie giornate, questo crollo nell'inconsapevolezza è come un balsamo ristoratore.

Così, come Don Giovanni muore trascinato all'inferno dalla statua di bronzo della sua vittima, allo stesso modo vorrei scomparire io per sempre, sprofondando nel nulla, inghiottita dal divano, mio contrappasso personale, mia delizia, mio destino fatale.

E per chi vuole sapere quale sia stato l'esito della mia visita alla mostra di Kertész: quel giorno nevicava, ho preso freddo, e sono rimasta bloccata due giorni a casa con la febbre, che mi sono sbollita rimanendo stesa notte e giorno - come dubitarne? - sul divano.

Buona settimana!

Silvana