lunedì 19 marzo 2018

19 marzo 2018 - Le ombre

Nel racconto "L'avventura di un impiegato", Italo Calvino racconta di un uomo che dopo una conquista galante, non incontrando nessuno a cui raccontarla, dall'entusiasmo passa alla delusione, e si sente sfuggire il ricordo dell'esperienza dal cuore, quasi non l'avesse mai vissuta.

Io l'ho sempre pensata come Calvino: a che serve vivere un'emozione, o un qualsiasi episodio della vita di tutti i giorni, se non ne parli con nessuno?

Tanti anni fa l'ho detto a un tipo che frequentavo, ma quello mi ha risposto: "Sciocchezze! La racconti, tu, la m. del tuo cervello? Io, ad esempio, non lo racconterei a nessuno che vorrei che mia madre morisse!"
Sarà forse che io questo desiderio non l'ho mai avuto, ma il suo punto di vista non l'avevo mai considerato.

Ero giovane.
E più ero giovane, più avevo il difetto di non censurarmi mai. 
Dato poi che i miei vissuti erano piuttosto malinconici, il risultato era che non avevo molti amici.
La gente allegra ha più successo, nella vita sociale.


Con la maturità sono cambiata.
Mi faccio molti più problemi, a raccontare quello che provo.
Mi censuro molto. Solitudine, ansia, sconfitte, disperazione le lascio là dentro.
Il risultato è che taccio assai, e ascolto gli altri.
Ogni tanto, qualche interlocutore se ne approfitta... 

Ma mi sembra che queste reticenze siano molto diffuse, tra i "grandi".
Col tempo, forse, perdiamo il contatto non solo con la creatività e col fanciullino che è in noi, ma anche con le nostre ombre.

Allora, perché qualcuno le ascolti dobbiamo pagare.


E poi, ci sono i portavoce, gli artisti.
Quelli che scrivono, compongono e dipingono per tutti noi, esprimendo vissuti che in genere si fa fatica a portare alla luce.


L'Urlo di Munch. A me questo quadro in realtà non è mai piaciuto.

Anche considerando il mondo delle semplici "canzonette", ad esempio, a me sembra che le canzoni dell'amore perduto siano infinitamente più belle di quelle sull'amore trovato (ma per maggiore allegria ve ne faccio sentire una tutta rosa).


Beh, più o meno...

Oppure, troviamo dei modi alternativi, laterali, per raccontare i nostri lati oscuri.
Non dimenticherò mai Roberta, l'amicizia di un'estate a Palinuro, che rimasta vedova pochi anni prima mi parlava della morte del suo cane. "E' stato un momento terribile!", rievocava.
Ma sulla morte del marito non mi ha mai detto una parola.

E così, è anche a questo che servono i nostri piccoli amici.
Giorno dopo giorno, ci aiutano a sopportare e a imparare sentimenti ed eventi tanto più grandi di noi.
In cambio, cosa ci chiedono?

Se penso a Titina direi: tanto amore, una scatoletta di tonno, e qualcosa da distruggere in casa, di tanto in tanto.

Un prezzo equo, direi.

Buona settimana!

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