lunedì 16 aprile 2018

16 aprile 2018 - Appunti di viaggio

Aspettavo l'autobus per andare alle prove del coro, l'altra sera, alla solita fermata.
Naturalmente, prima che passasse il mio ne ho visti di tutti i colori. 
Cioè, di tutti i numeri. 
Ce n'era persino uno nuovo, appartenente a una linea a me ancora poco conosciuta, che porta fino al capolinea della metropolitana lilla.

Io sono lì in piedi, da sola alla fermata, considero il bus che si avvicina, mi dico che la città è cambiata parecchio senza che me ne accorgessi, vedi che c'è una linea nuova - questo vuol dire che sono invecchiata, purtroppo - e a me in che occasioni potrebbe servire un autobus che fa questo percorso? Agito tra me e me tutte queste meditazioni, e vedo che il veicolo nell'avvicinarmisi rallenta, l'autista mi guarda interrogativo, alza un po' il mento come a dire: Mi devo fermare? e fa un mezzo sorriso. Io rispondo con un mezzo sorriso, scuotendo leggermente la testa, e lui con un gentile cenno d'assenso, come a dire "Ho capito", tira dritto.

Come spiegare quanto mi è piaciuto questo breve dialogo muto, di stile otto-novecentesco, tra adulti mediamente educati, che condividono lo stesso patrimonio di segni?
Non lo spiego.

E ricordo quando viaggiavo regolarmente in autobus, nella mia giovinezza, sempre nelle ore di punta. Era uno strazio. Ogni tanto riuscivo a guadagnarmi un posto a sedere e mi mettevo a leggere. 
Il sedile nell'angolo in fondo, però, - quello con il divisorio trasparente a cinque centimetri dalla faccia - in genere rimaneva vuoto.
Nessuno ci teneva a sedere con le gambe sotto il mento.
Io sono più pigra che claustrofobica, piuttosto che niente mi infilavo lì. A costo di scomodare tutti i viaggiatori già seduti lì accanto.
Un mattino, vedo un signore anziano distinto, concentrato su un libro, seduto di fianco al sedile del castigo, ancora vuoto. "Mi scusi, mi lascerebbe andare lì?", gli chiedo. Lui continua a leggere. Io, presupponendo sordità o ritardo nei riflessi, mi rassegno e non ripeto la richiesta.
Lui dopo un minuto e passa di silenzio alza lo sguardo, mi pianta in faccia due occhi furbetti e divertiti - erano azzurri, mi pare, solo un poco sbiaditi - e mi fa: "Io l'ho sentita benissimo, sa. Non sono mica sordo. Solo che a volte mi piace scherzare'..."
E mi è venuto da ridere, e lui mi ha lasciato passare, e ci siamo messi a leggere uno accanto all'altra.

Non l'ho mai più visto.

Questo mi fa pensare che due delle amiche più intelligenti che abbia mai avuto mi hanno detto quasi la stessa cosa a distanza di anni, a proposito del viaggiare in autobus.
La prima mi raccontava che, facendo sempre lo stesso percorso alla stessa ora, si riconoscono le persone, e quindi impari le abitudini, e dunque puoi metterti accanto a quello che scende presto, per prendere il suo posto.
Lei era una persona così, molto calcolatrice, molto agguerrita e soddisfatta di sé.

Io, che vivo in un mondo tutto mio, non sono mai riuscita a intravvedere una regolarità nei visi che mi circondavano, quando ero frequente viaggiatrice di bus affollati. Neanche adesso sono arrivata ad affinare quest'arte. Mi sento sempre circondata da sconosciuti che vedo - se li vedo - per la prima volta.

Ma l'altra mia amica l'anno scorso mi ha raccontato di aver familiarizzato con i compagni di viaggio di un certo orario, di una certa linea che passa sotto casa mia, che in quel periodo prendeva regolarmente.
Le piaceva riconoscerli per seguirne le vite, ascoltando di sottecchi (sottorecchi?) le loro conversazioni, con interesse e benevolenza. Come fossero vicini di casa. Simpatici.
Perché la mia amica è così, benevola e simpatica e interessata. Infatti continuo a vederla. 
Quell'altra, quando la incrocio per errore, faccio gli scongiuri.

Questi sono piccoli episodi, piccoli ricordi.

Come la mia amica d'infanzia, quando eravamo ragazzine, che si era presa una cotta per un autista di bus.
"Ma è vecchio!", le dicevo io, esterrefatta. "Ma guarda che mestiere fa!"
"Beh...", rispondeva lei. "E' uno che viaggia..."

Piccoli viaggi. Piccole cose.
In certi momenti le vite si fanno piccole così.

Come un percorso d'autobus.

Buona settimana!


Silvana



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