lunedì 9 dicembre 2013

9 dicembre 2013 - Zwi, mein amour!

Non ho fortuna con i lampadari.
Non ho fortuna e non ho gusto.
Vivo da anni sotto un lampadario da quattro soldi che prima è diventato irrimediabilmente lercio,e adesso è anche un po' rotto.
Ne ho comprato uno nuovo, che però pare non si possa appendere al posto dell'altro.
Continuo a vivere sotto un lampadario rotto, e fondamentalmente per me non è un problema - visto che funziona.

Ma qualche giorno fa ho capito dov'è la radice del problema.
E' che la parola "lampadario" non mi piace. Anzi, mi fa un po' ribrezzo.
"Lampadario" è la parola più squallida e amorfa che ci sia. Perché sprecare energia in un "lampadario"? Basta che dia luce, e vada al diavolo.

Diverso sarebbe se, al posto del lampadario, anche qui in Italia fossimo illuminati dagli chandeliers. 

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Chandelier della chiesa di S. Michele, a Cagliari


Anche un "lustre" andrebbe bene, ma sotto uno chandelier possono accadere solo cose bellissime:



Il fatto è che molti oggetti, e molti concetti, in altre lingue sono espressi con parole più sonore, più evidenti e più belle.
Si può costituire un esperanto unicamente in base a questo criterio? Un esperanto estetico? Un esperanto di espressività?

Un altro esempio: un paio di anni fa ho fatto una testa di cervo in ceramica. E' uno dei pezzi a cui sono più affezionata. 
Un po' perché ha una sottile crepa sul muso, che mi fa molta tenerezza. Ma soprattutto perché l'ho chiamato Zwi.

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Zwi vuol dire cervo, in ebraico. 
E il suono della parola moltiplica la bellezza del significato, e la bellezza dell'animale potenzia la bellezza del suono della parola.
Anni fa ho letto questo bellissimo libro

 

Uno dei personaggi si chiama Zwi.
Ed è, giustappunto, un ragazzo bellissimo e affascinante, che trascina in un amour fou un povero impiegato di banca.
E come non si può cadere follemente innamorati di un bellissimo Zwi?

Stiamo attenti, però.
L'incantesimo non funziona sempre.

"Jabalì" è una parola spagnola che a me piace molto. Ha un bellissimo suono.

Però un jabalì non me lo porterei mai a casa.

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Magari sotto forma di salame... Ma neanche tanto.

Buona settimana!

Silvana

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