lunedì 28 luglio 2014

28 luglio 2014 - Che me ne importa a me

Questo mi ha insegnato il mondo dell'editoria, per quel poco che l'ho frequentato: se ti dicono che un tuo lavoro è "Carino!", "Divertente!", "Interessante...", o anche "Bello...", vuol dire che non va bene. Oppure anche, a voler proprio leggere tra le righe, che il tuo lavoro è una schifezza.

Potete capire di aver fatto un buon lavoro solo se il feedback è superlativo: "Bellissimo! Meraviglioso! Divertentissimo, simpaticissimo: un capolavoro!"
Insomma...

I superlativi di questo genere grammaticale sono, di per sé, assoluti.
Ma se la mente corre ai poemi omerici, alle tragedie di Shakespeare, alla Divina Commedia, o anche solo, per citare un esempio che a mio parere è un vero capolavoro, a 1984 di Orwell, 


cosa rimane delle mie filastrocche, anche qualora fossi riuscita a pubblicarle?

Eppure, la nostra anima brama i superlativi.
Se la mente corre a M.me Curie, a Virginia Woolf, alla bella Otero, magari nel cantuccio più recondito del nostro cuore ci rendiamo conto di non essere creature obiettivamente fuori dal comune, eppure tutte quante vogliamo sentirci dire "Sei una donna eccezionale!"
Mutatis mutandis, lo stesso discorso vale per gli uomini.

Il segreto forse sta nel rimpicciolire l'"assoluto" di questo superlativo. 
Non prendiamo in considerazione la Storia, ma solo la vita di tutti i giorni:
Possiamo forse negare che un'ottima mamma di tre bambini, che magari ha anche un lavoro a tempo pieno, non sia una persona eccezionale? Caspita, lo è eccome. 
Se ti è venuto cinque volte il cancro e rimani comunque una persona bella da frequentare, non sei straordinario?
Portare ogni giorno il peso della sieropositività, o anche solo dell'obesità, senza diventare un peso per gli altri, non è impresa di pochi?
E, insomma, non siamo meravigliosi per chi ci vuole bene?


Anni fa a Torino ho visto una mostra dedicata alle porcellane degli anni '20/'30 di casa Lenci.
Erano belle di un loro fascino rétro, a metà strada tra ingenuità e malizia.

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Una sezione della mostra era dedicata ai progetti su carta. Ricordo di essere rimasta profondamente colpita dalla bruttezza dei disegni, che erano approssimativi, sgraziati e banali.
Sono sicura che oggi nessuno avrebbe dato credito a quelle idee, così malamente espresse. Nessuno avrebbe assunto un artista così goffo! Lo so per certo. 
Oggi, se non offri prestazioni eccezionali, ti ridono dietro.
Eppure, in una società più tranquilla della nostra, da quei brutti disegni sono nati dei begli oggetti. Io, se qualcuno mi regalasse una porcellana Lenci, non mi lamenterei affatto!
Forse dovremmo rivendicare il legittimo spazio di una rilassata normalità.
Credo che la nostra qualità di vita ne gioverebbe.

Personalmente, cerco di esprimermi in tanti modi - canto, scrivo, faccio ceramiche torte e collanine all'uncinetto.
Però, l'unica cosa che davvero mi interessa sentirmi dire è che sono incredibilmente bella


e invece non me l'ha detto mai nessuno.
Neanche la mia mamma.

Per finire: un breve racconto in tema, che avevo scritto qualche anno fa.



I superlativi

C’era una volta una donna che voleva essere ammirata. Nella vita, amava i complimenti. 

Sopra ogni altra cosa, adorava i superlativi.

Di notte, mentre il marito dormiva, accostava la bocca al suo orecchio e sussurrava: 

“Issima... Issimo... Issima...”, sicura che, prima o poi, queste lezioni avrebbero avuto effetto.

Un mattino, appena sveglio, il marito si girò verso di lei, la guardò negli occhi e disse:

“Sei stronzissima!”

Quindi, si vestì con calma, prese la porta di casa, e chiudendola con discrezione se ne andò.




Buona settimana!
Anzi: eccezionale!

Silvana

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