lunedì 20 ottobre 2014

20 ottobre 2014 - Le Dame Benefiche di Rovereto

Forse mi ripeto se dico che nutro una certa passione per le riviste femminili.
E se dico che in queste riviste trovo l’equivalente dei racconti di fantascienza, in cui i marziani – cioè, le marziane – al posto delle tute spaziali indossano vestitini taglia 38 e tacchi 12, e per confondersi con le terrestri si truccano spalmandosi in faccia ogni mattina tutto ma proprio tutto, dal fondotinta al rimmel, e diffondono sul mio pianeta l’abitudine di dedicare tutto il proprio tempo libero alla manutenzione delle unghie.
Una volta, ero sicura che le marziane non avessero nulla a che fare con me. Adesso, invece, comincio a sospettare che in queste riviste in realtà io cerchi una delle donne che non sono diventata. Una Silvana simile a un’attrice francese – una a caso, tanto mi piacciono tutte – che dorme lì dentro, da qualche parte, e che con un po’ più di smalto sarebbe potuta venir fuori


A dimostrarlo, il seguente episodio.
Un anno fa vedo su una rivista un servizio di moda sui cappotti. Ne noto uno di Max Mara che mi sembra bellissimo: un vero sogno, lungo fino ai piedi, color cammello, avvolgente, non elegante ma regale, descritto come ecopelliccia. Che bello, mi sono detta. Mi piacciono le ecopellicce. Se indosso le ecopellicce, i maglioni pelosi e simili villosità, posso trasformarmi in uno dei peluches che con discrezione popolano la mia casa



E mi faccio le coccole da sola. E assomiglio un po’ a Catherine.
Dunque, ordisco il mio piano di battaglia.
Si tratta poi in fondo soltanto di un’ecopelliccia – fattore che comporta un abbattimento del prezzo.
Se aspetto i saldi posso trovare il capo al 50%.
Poi, magari il peluche color cammello appartiene alla linea più “popolare” di Max Mara.
Insomma: a fine stagione, una botta di vita e via, il cappottone è mio.

Invece, passo in negozio con delle amiche, in centro, e la signora commessa mi spiega: “No no, non è un’ecopelliccia. La rivista si è sbagliata, sarà già la quarta persona che viene a chiedere. Il cappotto" (davvero bello, devo dire) "è fatto di xxx” (non ricordo cosa fosse, ma suonava molto costoso. Immagino si tratti di una nuova razza di capre che vive solo in cima all’Himalaya) “e costa un paio dei suoi stipendi”.
Distruzione di un frivolo sogno.
Un mesetto più tardi, la scuola d'arte che frequento organizza un'uscita al MART di Rovereto. Partecipo.
Ammiro l’architettura dell’edificio.

Inline image 1


Mi sublimo davanti alle opere di Antonello da Messina.

Inline image 2

Ma l’esperienza che veramente rimane pugnalata nei miei ricordi, nel mio immaginario, nei miei sogni, è l’incontro con le Dame Benefiche di Rovereto.
E vi racconto.

Dopo aver visto la mostra, e la permanente, e le opere di Depero, ci rimane un paio d'ore scarse prima di raggiungere il pullman.
Giro per la città con delle sciurette simpatiche – oramai anch’io sono una sciuretta spero abbastanza simpatica – amanti dell’arte come me.

Inline image 3



Guardiamo i begli edifici. Attraversiamo il mercatino di Natale. Ci dilettiamo a toccacciare tutte le merci esposte.
Io compro una sciarpa circolare in tessuto elastico e una pietra deodorante da regalare a mia sorella.
Poi, quando ormai mancano solo una ventina di minuti alla partenza, nella piazza principale leggiamo un cartello che, all'ingresso di un bel palazzo signorile, recita "Vendita benefica al piano superiore", e veniamo attratte come da un canto di sirene.
Saliamo, e scopriamo la terra di Bengodi.
Le Dame Benefiche di Rovereto hanno svuotato i loro armadi per vendere il dismesso, raccogliere un gruzzolo e spedirlo in Africa, in Sudamerica, in cima all'Himalaya!
Rovistiamo tra capi firmati Chanel, RoccoBarocco e Amani come indemoniate, sotto la pressa del tempo che passa. Io trovo - indovinate cosa?
Sì sì sì, proprio lui: il pelliccione di Max Mara!
Che non è color cammello ma nero (anche meglio), non è lungo lungo ma tre quarti, non è svasato ma diritto, non è nuovo ma vecchio - epperò è bellissimo lo stesso, una vera botta di culo, anche perché la Dama che si occupa di me, forse volendo iniziare già a Rovereto la sua opera benefica, me lo lascia a 30 euro.
Torno a casa in pullman stretta stretta al mio sacchettone peloso. E gioisco nell'intimo.
Ma adesso vi chiedo: quante volte pensate che io abbia indossato il mio fantastico peluche di marca, a parte la domenica sera in cui l'ho portato a far vedere a mia madre e a mia sorella?
Esatto! Neanche una!
Perché l'anno scorso non ha fatto abbastanza freddo.
Perché oramai non esco quasi più, la sera.
Perché l'eleganza è eleganza, e sotto il peluche non stanno bene gli scarponi, ma ormai io metto quasi solo gli scarponi perché sono comodi, perché mi si sono allargati i piedi, perché per andare al lavoro attraverso il parco e di certo non lo faccio sulle scarpette...

Inline image 7

E tuttavia, ormai lo so, ogni anno sarà così: sotto Natale sarò preda del sogno. Io agognerò di poter andare a Rovereto non per vedere bellissime mostre, ma per tornare al mercatino delle Dame Benefiche, e rovistare tra Chanel e RoccoBarocco e GiorgioArmani abbordabili, anche se so già che comunque non li metterei mai.
Perché l'importante nella vita non è indossare bei capi, se non ci tieni più di tanto.

Inline image 6

L'importante è sognare...


Buona settimana!

Silvana

Nessun commento:

Posta un commento