lunedì 27 ottobre 2014

27 ottobre 2014 - Panda

L’Italia non è più il paese dei bastardi.

Me ne rendo conto quando giro per Milano, o per le strade della mia zona di periferia, o quando attraverso il parco per andare al lavoro.
I meticci, che sono cani così simpatici, così intelligenti, vivaci, affezionati, sono in via di sparizione.

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Il loro posto, nei cuori delle famiglie con quadrupede, è stato occupato dai cani con pedigree.
E certe razze sono più diffuse di altre, a dimostrare che persino la scelta del nostro migliore amico è influenzata dalla moda.
Vedo tanti Jack Russell

Tanti chihuahua, e labrador gialli e neri, e golden retriever, e segugi, e border collie…
I loro padroni si ritrovano a orari fissi nel parco, fanno gruppo, fanno amicizia, chiacchierano allegri…

https://www.youtube.com/watch?v=7Xi6kCNw9VY

Come dice la mia amica Grazia, fine osservatrice delle sale d’aspetto veterinarie, in genere gli animali tirano fuori il meglio che c’è in noi. Quando un animale ci accomuna, diventiamo cordiali e comprensivi.

Io non ho niente contro i cani col pedigree, non sono razzista – giustappunto – all’incontrario. Mi chiedo le ragioni della loro diffusione, tanto più strana in un periodo di crisi così nera.
Forse, visto che mantenerli costa, vogliamo essere sicuri che i soldi che spendiamo per loro siano giustificati da un valore riconosciuto.
Confesso che quest’idea comperare per soldi il mio amico migliore, comunque, a me fa un po’ impressione.
E però anche loro, quando sono simpatici, mi sono simpaticissimi.
Ad esempio, Rebus, il Labrador nero.
A Rebus, quando l’erba è alta, piace stendersi nel verde e stare fermo lì a guardarsi intorno. “Dài, andiamo, sbrigati! E’ ora di tornare!” lo chiama il suo padrone. Tutto inutile: Rebus si mette ancora più comodo, apre la bocca e tira fuori la lingua.
Il retriever, poi – io tra me e me, molto banalmente, l’ho battezzato Goldie -, l’ho visto crescere. La sua padrona è una signora anziana che cammina con un po' di fatica. Secondo me, gliel'hanno regalato i figli per costringerla ad uscire. Quindi, è lui che porta fuori lei. E lei, purtroppo, non lo lascia mai libero di correre, probabilmente per timore di perderlo. Ma Goldie non se la prende: le trotterella accanto, cordiale, senza perdere l’indole scherzosa. Una volta l’ho visto steso al bordo del sentiero. “Alzati! Alzati!” lo chiamava la padrona, attaccata al guinzaglio. Lui alzava la testa e la guardava ridendo.
Anche i levrieri non vengono mai lasciati liberi.
I loro padroni sembrano appartenere a un gruppo a sé. Non li vedo fare amicizia con le altre accoppiate centaure, di natura canino-umana. Hanno l’aria, se non scontrosa, di certo molto chiusa. Spesso il numero dei loro beniamini cresce col tempo. Prima ne hanno uno. Poi due. Poi tre…
Tempo fa – ero troppo curiosa – ho forzato la timidezza mia e quella dei padroni, ho chiesto spiegazioni a una signora. La quale gentilmente mi ha spiegato di appartenere a un programma di salvataggio internazionale. I suoi cani venivano dall’Irlanda e dalla Spagna. Erano corridori e cacciatori infortunati, ormai disabili, destinati alla soppressione nel loro paese. “Anche lei li può adottare: sono dolcissimi!” mi diceva, mentre quelli mi guardavano ad occhi spalancati, con espressione allarmata e perplessa. “Basta, basta!” ha poi cominciato a dire all’improvviso alla levriera che mi stava masticando il peluche appeso allo zainetto – probabilmente, la corridora abituata a rincorrere lepri meccaniche – e se li è portati via.

Io però non ne ho adottato neanche uno. A me, fondamentalmente, piacciono i gatti.
Sento che con i cani svilupperei un’empatia affettiva difficile da reggere.
Perché i cani sono uguali noi. E questa uguaglianza si fa più evidente mano a mano che il tempo passa e la loro età avanza: guardate i cani vecchi, al guinzaglio dei loro padroni. Diventano lenti e artritici come i nostri nonni – mentre pochi anni prima erano i nostri bambini, i nostri compagni di giochi.
E’ insopportabile.
D’altra parte, so bene che i cani sono fonti di gioia inenarrabile.
E non solo per i loro padroni…

Per dimostrare questa affermazione, faccio un paio indietro nel tempo e racconto un episodio che mi ha visto protagonista a Cork, nel sud dell’Irlanda, l’estate scorsa.
Sono andata a Cork con il gruppo di amici che ho conosciuto a Dublino, un sabato mattina
Appena arrivati, invece di andare a girare per le strade del centro, siamo saliti su una collina per guardare la città dall'alto, chiacchierando e scattandoci foto molto piacevolmente, distesi su un bel prato - una decisione e un punto di vista originali, che alla fine ho apprezzato anch'io.
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C'erano un paio di cani in libera uscita col loro padrone.
C'era anche una cagna apparentemente sola, che correva di qua e di là.
Era bella, quella cagnetta: della misura più piccola dei cani grandi, quadrata di struttura, quadrata di muso, nera e marrone. Io ogni tanto la lumavo e mi battevo le mani sulle ginocchia: "Vieni qua! Vieni qua!" le dicevo. A tratti, riuscivo ad allungare una mano e a toccarla di sfuggita.
Passa il tempo, arriva una donna ai bordi del prato. "Panda! Panda!" grida, portandosi le mani alla bocca. E' alta e allampanata, ha i capelli grigi lunghi e incolti, indossa jeans sdruciti, e ha un gran numero di braccialetti d'argento e parapolsi borchiati alle braccia. Ci avvicina, e "Quella non è la mia cagna", ci spiega, con aria allarmata, "La sto tenendo per un mio amico che è in vacanza, ma per qualche ragione non le piaccio: è scappata via e non riesco a riprenderla!". Poi si volta verso di me: "Vedo che tu le piaci: per favore, avvicinati e mettile il guinzaglio". E Panda si lascia avvicinare da me, si lascia accarezzare e mettere il guinzaglio. "Adesso, per favore, portala all'auto". E tranquillamente, Panda si fa guidare fino all'automobile, mentre la sua dog-sitter ripete: "Ma questo è incredibile, tu sei straordinaria!" e la mia amica Inna, per commentare, aggiunge: "Sì, i cani le sanno distinguere, le persone brave".
Io, quel mattino a Cork, ho vissuto un momento eccezionale. Mi sono sentita, più che speciale, magica. Più che magica: una santa, come San Francesco che addomestica il lupo, come Sant'Antonio che predica agli uccelli. Non so se avrò un altro momento di gloria come questo. E l'ho vissuto grazie a Panda.

Purtroppo, non ho fatto nessuna foto a questa cagnetta. La sua dog-sitter hippy d'antan se l'è portata via in auto, per sempre.
Poco prima di conoscerla avevo fatto una foto a un gatto, perché questa è la mia forma mentis.
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Ma è grazie a Panda che ho capito quanto ti può far sentire speciale un cane.


Buona settimana bau!

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