lunedì 19 maggio 2014

19 maggio 2014 - Uno scoop lento e riflessivo

Ho rischiato la morte per acqua.

A dire il vero l'ho scampata di sei mesi, ma che fa? 
Ero sulla Concordia nel luglio precedente al naufragio. 
Sei mesi, sei minuti - il tempo, davanti all'eternità, non conta, e l'eternità è sottofondo e presupposto del tempo.

E dunque, com'era la Costa Concordia?
Dicono che l'organizzazione fosse carente, e i fatti parrebbero dimostrarlo.
A me e a Grazia, l'amica con cui ho fatto la crociera, era sembrata organizzatissima.
La Concordia era un meccanismo che funzionava senza intoppi: si chiude qui e si apre là, si pulisce qui e si passa per di lì, hai bisogno di questo chiedi là, vuoi fare quello chiedi lì, non un attimo in cui i passeggeri rimanessero abbandonati a se stessi, o senza cibo, o senza musica, o senza movimento - la nave era la mamma di noi tutti, ripiombati all'età irresponsabile della primissima infanzia.

Non che mancasse un'ombra di consapevolezza del pericolo.
Appena saliti, tutti sistematicamente siamo stati sottoposti, in ordine alfabetico, alla prova di evacuazione.


Ma la vera natura delle persone e delle cose si rivela nei momenti di crisi, dicono.
Queste prove di evacuazione, il 13 gennaio 2012, si sono rivelate abbastanza inutili. L'organizzazione, carente.
Forse, dovendo affrontare un naufragio al giorno, anche la Costa avrebbe risposto meglio, ma Dio ce ne scampi.

Dicono che la Concordia fosse bella.
Secondo me, non era bella.
Rispondeva al gusto che, nella mente degli architetti, potevano avere delle persone abituate a guardare Canale 5. E dunque: ecco una decorazione della Sala del Teatro


Ecco un corridoio,


Un passaggio verso le sale da ballo e e le sale gioco


​Troppi colori, troppe forme mescolati senza un filo conduttore, senza uno stile preciso.

Ma in certi punti arrivava bene la luce. 
Si accoccolava tranquilla e raccolta intorno alla piscina, come un gatto che dorme contento 


E devo dire che la mensa, oltre che dalla luce, era nobilitata dal cibo - tanto cibo, fin troppo, fino allo spreco, certamente, ma io nel mio intimo sono rimasta una contadina affamata del Medioevo, non può dispiacermi il paese di Bengodi



​La nostra cabina era carina, normale.



​L'oblò era piccolo, ma si vedeva tanto mare.


Altri, per pagare di meno, la finestra nemmeno l'avevano.
Probabilmente, erano sempre sul ponte


o anche in piscina


Il pronome personale attribuito alle navi, in inglese, può essere "she".
E, di fatto, chi ha costruito una tale nave non poteva non volerle bene come a una donna, o a una figlia. Non poteva non esserne fiero.



A me, della Costa Concordia, oltre alle fotografie e ai ricordi di viaggio, è rimasto questo


La tessera d'ingresso era l'unico documento che contasse sulla nave. Ci qualificava e ci serviva per pagare tutti i conti.
La biro non scrive più. Me l'aveva data il signore delle pulizie, che era molto gentile e discreto.
Il santino avrei dovuto lasciarlo nella minuscola cappelletta, magari avrebbe aiutato con maggiore efficacia.
Avrei voluto portar via un mug della colazione, ma la mia amica mi ha fatto vergognare dell'idea.
Non che adesso, in fondo al mare, serva a qualcosa.

A volte ripenso a tutti questi ambienti immersi nell'acqua.


Mi sono immaginata bloccata nella mia cabina.
Mi sono immaginata che cercavo scampo nell'acqua gelida, al buio.

A volte, per assurdo, immagino di essere un'abitante dell'Isola del Giglio, e faccio il conto delle coperte che ho casa, per sapere cosa potrei portare ai naufraghi.


Buona settimana!


Silvana

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