lunedì 30 giugno 2014

30 giugno 2014 - Frammenti

Qualche sera fa passavo casualmente di fronte alla pizzeria sotto casa e ho visto un signore di mezz’età che entrava, tutto baldanzoso, chiedendo “Ma mi volete spiegare perché le vostre donne quando sono qui sono tutte così belle e magre, mentre se vai giù in Egitto le vedi tutte grasse?”

(non è sempre vero - dico io)

Non ho fatto a tempo a sentire la risposta.

Tempo fa, mentre andavo al lavoro, ho visto da lontano un enorme camion parcheggiato in uno spiazzo.
Scorgevo una figurina al suo interno, seduta al posto di guida, senza capire dalla strana posizione che cosa il tipo stesse facendo. Passando proprio sotto il finestrino, mi sono resa conto che l’autista del camion aveva un sassofono tra le mani, e lo stava suonando appassionatamente.

Tanti anni fa, quando ero giovane, mi piaceva molto questa canzone dei REM


La sentivo per radio, la sentivo in televisione (era MTV? O era ancora la gloriosa Videomusic, una delle principali cause del ritardo con cui mi sono laureata?), e con tutto il mio studio dell’inglese riuscivo a capire solo una frase su due.
Ma credo che questo contribuisse al fascino che la canzone esercitava su di me.

Come pure le finestre aperte sulle scene familiari, o sulle case altrui: non riesco a non guardare dentro, nel passare. Sono una vera maleducata.


E durante un viaggio in Olanda, dove hanno la strana abitudine di lasciare le finestre spalancate sui soggiorni - sul cuore delle loro case - ho rischiato varie volte di svenire, vittima di un attacco della sindrome di Stendhal.

Un paio di mesi fa ho partecipato a una rimpatriata degli ex bambini che vivevano nel cortile dove ho trascorso l'infanzia.
Tra i tavoli della pizzeria giravano foto d’epoca, e in una di queste ho trovato un'immagine di me, di cui non sapevo e non ricordavo assolutamente nulla.


Quanti frammenti di noi stessi disseminiamo inconsapevolmente, nella fotografie delle conoscenze occasionali, o degli sconosciuti, o nella mente di chi ci incrocia per strada o alle poste o al supermercato?
Quanti ricordi ci lasciamo dietro?

E in noi quanto rimane dei frammenti di immagini, suoni, sensazioni che raccogliamo nelle nostre giornate? Tutto ciò che è non finito, impreciso, occasionale, poco chiaro, tutto quello che ci sfugge - ma non del tutto -, non capiamo, non ricordiamo...
Che cosa lascia nel nostro profondo questo humus autunnale di foglie secche?

Foglie

Tanti anni fa, un’amica di famiglia molto più anziana di me, gioviale ed estroversa, e grande viaggiatrice, mi raccontò di aver ricevuto un bigliettino da uno sconosciuto. 
“Quella sera, alla stazione di Liverpool, io stavo per fare un gesto sconsiderato, ma lei mi ha salvato la vita”, diceva la lettera. 
Ma lei, di questa persona, di questo episodio, non ricordava assolutamente nulla.

Chissà se è vero.
Chissà se quel bigliettino l’ha ricevuto sul serio, la mia amica di famiglia.
Di certo, nessuno scrittore sarebbe così ingenuo da mettersi a scrivere una storia così banale.
Però, esprime molto bene quello che intendo dire.



Buona settimana!


Silvana

Nessun commento:

Posta un commento