lunedì 22 giugno 2015

22 giugno 2015 - Io confesso

Forse, in queste lettere del lunedì, io ho dato un'idea sbagliata di me stessa.
Forse non sono stata onesta, o semplicemente obiettiva: è possibile che attraverso i miei scritti io emerga come essere sensibile, riflessivo, delicato.
Invece no.
Sono piena di difetti, per lo più sgradevoli, e chi mi conosce di persona lo sa bene.
Ad esempio, non l'ho mai scritto prima: io rubo


Se già mi avete invitato a casa vostra, o se aveste intenzione di farlo, tranquillizzatevi: non ho mai sottratto oggetti appartenenti a persone fisiche – tanto meno se amiche - , per numerosi motivi.




La casa di una mia amica

Uno, molto intuitivo: è una cosa che non si fa.
Poi: non ne ho bisogno.
Inoltre: sono orgogliosa. E se avessi avuto un figlio, gli avrei insegnato a non rubare dicendogli “La roba degli altri fa schifo. Tu non vuoi la roba degli altri. Tu devi volere solo la tua”.
Perché rubare è un plagio materiale. Se rubassi consapevolmente un'idea a qualcuno, e mi dicessero “Brava! Pofferbacco, che intelligente che sei!”, visto che l'idea non è mia io saprei benissimo che in realtà stanno dicendo “Ma che intelligente che è Tizio, che avuto quest'idea! Tu invece, che di idee tue non ne hai, sei una squallida”. E non capisco quelli che plagiano e scopiazzano, e ne godono persino. Lo stesso vale per gli oggetti.
La mia anima ladra si esprime, piuttosto, per mezzo di cose il cui proprietario è difficilmente individuabile.
Quando ero piccola, intorno ai dieci anni, per un breve periodo io e la mia amica del cuore abbiamo razziato oggettini in vendita alla Standa – più che altro, gomme da cancellare e matite per gli occhi.


Un supermercato più moderno

Forse è una fase attraverso cui tutte le preadolescenti passano. Tendo a giustificarmi, probabilmente sbagliando, dicendomi che era solo una ragazzata. Infatti, crescendo non l'ho fatto più.
O quasi...
Lo confesso: se passo accanto a un sacchetto di noci rotto, con noci sparse in tutti gli angoli dello scaffale, allungo una zampa colpevole e ne arraffo una.
Faccio lo stesso con le caramelle in fuga dalle confezioni bucate.
Mi giustifico dicendo che tanto non le ho rotte io. Che tanto le noci e le caramelle andrebbero buttate. Che tanto lo fanno tutti. Che poi inoltre soffro di carenze affettive. E che è una botta di gioventù, come quando ero ragazza alla pari a Londra, e bighellonavo con le colleghe per i candy-shop, e le altre allungavano le mani, facendo scomparire i dolcetti, ma io no, vi assicuro, io assolutamente no, oppure solo un paio di volte, per gioiosa distrazione...
Perché questa cosa inquietante ho capito, nella mia carriera di ladra: c'è sempre una giustificazione.
Qualsiasi cosa si faccia di male non è mai male, perché nella propria mente il taccheggiatore, il terrorista, il corruttore, lo stragista, hanno sempre mille validi motivi per potersi dire: “E' giusto così”.


Un consiglio di lettura in tema


E dunque, quando andavo a fare la spesa con la persona che mi ha fantasiosamente usato per sette anni, che io amavo e pensavo mi amasse, e facevamo notare alla cassiera che avevamo 12 cartoni di latte sul carrello – ma a voce un po' bassa, mentre lei era voltata - io mi sentivo come Bonnie accanto a Clyde, entusiasta di complicità.
Credevo che queste ragazzate rinsaldassero il nostro legame di coppia.
Invece.
Quindi sento di potervi dire, care donne: pagate sempre il latte. Rischiare di fare brutte figure per amore non vale la pena. Vostro marito non vi vorrà più bene di quanto già vi voglia, anche se risparmiate colpevolmente una quindicina di euro insieme a lui.
(A meno che, naturalmente, non siate rimasti entrambi senza lavoro con un tot di bambini a carico. In questo caso, secondo me si può anche capire).
C'è però un'occasione in cui la mia anima ladra entra in azione senza tante storie.
Ed è nelle mostre in cui è vietato fare foto.
Quindi, un paio di anni fa, a Palazzo Reale, non sono riuscita a trattenermi dal ritrarre un'opera di Picasso, perché era il mio quadro, parlava a me e non ad altri, solo io lo capivo, mi piaceva tantissimo, lo volevo. E non ero sicura di trovarne la riproduzione in cartolina, nel bookshop. E poi, perché comprare una cartolina nel bookshop, se ho sempre una macchina fotografica a portata di mano, e fare fotografie mi piace tanto? E poi, perché ti vietano di fare fotografie alle mostre, se poi le immagini le ritrovi quasi di certo in internet?

Pablo Picasso: Pichet et pommes - immagine da internet

L'episodio più recente è stato ieri: sono andata alla mostra di Tamara Lempicka a Torino, e non sono riuscita a trattenermi davanti a una foto della pittrice che la ritraeva pluriottantenne, di profilo, mummificata sotto un originalissimo basco oversize a righe, mentre fumava una sigaretta. Immagine tragica e sublime.
Ho trovato concentrati in questo ritratto la potenza di centocinquanta “Viale del tramonto” visti di fila – o contemporaneamente -, il senso della morte e dell'orrore di tutto il folk messicano e della pittura di Goya e dell'iconografia iberica di ogni tempo, e l'essenza di quello che penso di Tamara di Lempicka come persona.
Se poi aggiungo che la mostra di per sé costa tredici euro (pazzesco!), e presenta più materiale sussidiario e opere minori che bei quadri – e quindi secondo me tredici euro proprio proprio non li vale – mi sono sentita giustificatissima, anche se sapevo che la foto non potevo scattarla.

Questa immagine, naturalmente, l'ho trovata in rete! E qui ce ne sono tantissime altre, come volevasi dimostrare

Ma insomma, mi hanno visto, si è avvicinata una custode, mi ha detto che quel che avevo fatto era vietato, e mi ha persino chiesto di cancellare l'immagine.
Io mi sono vergognata, naturalmente, ma dentro di me mi sono anche arrabbiata, e mi è venuta la tentazione di fare finta: chi lo sa, magari ho cancellato solo una vecchia foto brutta, che avevo già scaricato sul pc. Forse, la foto che vedete qui sopra è anche nella mia macchina fotografica. Che mi mandino i carabinieri a casa, se vogliono verificarlo.
E dunque, vi rivelo l'ultima ragione per cui io di tanto in tanto rubo.
La mia giustificazione estrema.

Io rubo perché mi piace dimostrare a me stessa che non sono soltanto sensibile, riflessiva, delicata.
Mi delizia, ogni tanto, sentirmi diversa da quello che tendenzialmente sono.
Mi tranquillizza sapere che ho un barlume di spirito guascone, che nelle occasioni in cui vengo messa alle strette può salvarmi il culo.

Anche se so benissimo che in realtà io sono, manzonianamente parlando, lo straccio che quando i tempi sono duri va per aria.
Andrò pure per aria, ma Tamara de Lempicka (forse) adesso è mia.

Buona settimana


Silvana

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