lunedì 29 giugno 2015

29 giugno 2015 - Miracoli

Nonostante tutto, non vorrei tornare ad esser giovane.
Non certo ai tempi del liceo, per lo meno: trovavo l'ambiente familiare squallido e soffocante, e in classe ero vittima di mobbing.


Alcuni compagni di classe
Mi davano sollievo i sogni, lo studio, la lettura e le mie amichette.
Per il resto, ho vissuto momenti così oscuri che a volte mi sorprendo di essere ancora qui.

Il fatto è che, quasi per miracolo, quando raggiungevo il punto più profondo della mia fossa depressiva, regolarmente succedeva qualcosa – qualcosina – che mi tirava su di morale.
E cioè: mi sorrideva e mi salutava amichevolmente un ragazzo più giovane di qualche anno, molto carino e con gli occhi azzurri azzurri. Sorrideva a me, che ero orribile e universalmente ritenuta la ragazza più odiosa e sfigata del mondo.
E quando mi salutava lui, rimandavo il suicidio.



A quei tempi, come diceva Calvino, ero triste di giovinezza.



Adesso, è la consapevolezza che mi abbatte.
Scriveva Conrad in un suo romanzo – forse Lord Jim, e riporto il pensiero molto approssimativamente – che quello che ci salva è il non renderci conto di ciò che siamo. Era un suo personaggio ad affermarlo, un marinaio-narratore che giunge a questa conclusione dopo aver parlato con un capitano in un qualche paese delle colonie britanniche, e questo capitano era solo, grasso, non solo brutto ma squallido, e spiacevole. Però, tutto sommato – dice Conrad – non si suicidava, e stava lì seduto sotto il sole dei Tropici a conversare, quando ne aveva l'occasione.
Io ho avuto un fortissimo momento di auto-coscienza pochi giorni prima del mio compleanno, alla vigilia della partenza per Vilnius.
Insomma: stavo per compiere 50 anni tutta sola – anche perché, comunque, se avessi cercato di organizzare il viaggio con qualcuno, come già ho fatto, mi sarei sentita rispondere solo no.
Per la disperazione ho perso due chili in tre giorni e mi è venuto un attacco di periartrite, che dura tutt'oggi.
Però il giorno prima di partire sono andata al supermercato, e mentre ero in fila alla cassa una vecchietta dopo di me – una di quelle signore anziane di altri tempi, dall'aspetto curato, che a me ispirano un senso di dignità del vivere che trovo difficile da riportare – mi ha sorriso, poi mi ha salutato, mi ha riconosciuto come figlia della mia mamma, di cui era una collega in ospedale, e dandomi una una carezza sulla guancia mi ha detto: “Sua madre diceva che era molto studiosa...”.
“Io sono Reda Gloria” si è poi presentata, prima di scomparire nella luce tardoprimaverile, come il deus-ex-machina delle narrazioni mitiche, che rivela la propria identità prima di distruggerti – o di salvarti.


​Sono riuscita a fotografarla prima che scomparisse


Il miracolo si è ripetuto, insomma.
In questo momento, spero caldamente che continui a ripetersi, anche se so benissimo che può non essere sempre così, e che non è così per tutti. Infatti, quanta gente si suicida?

kalen holloman
Immagine da Pinterest

Io sono convinta che i casi di suicidio sono numerosissimi, e che semplicemente non rivelano le statistiche per non gettare la popolazione nella consapevolezza.

Però è vero che i miracoli che ti aiutano a vivere a volte assumono un aspetto assai strano.
Ad esempio: nei giorni scorsi ho partecipato al programma di screening per il tumore al seno della Regione Lombardia. Sono stata convocata in qualità di neocinquantenne – giustappunto – in un certo ospedale a una certa ora.
Io vado.
Entra una mucca – esce una mucca – entra una mucca: arrivato il mio momento mi strizzano nella macchina fotografica, clic. Poi, me ne vado per i fatti miei.
Dopo qualche giorno, mi telefona una signorina – una signorina antipatica e ignorante, devo proprio dirlo – e mi convoca per il giorno dopo presso lo stesso ospedale per degli accertamenti.
Io, mezzo morta di paura, mi presento. Mi ristrizzano. Mi rifotografano. Mi fanno anche un'ecografia. (Le dottoresse sono state molto brave e gentili, devo dire anche questo).
Non ho niente.
Scappo via.

E non fa nulla se una collega dispettosa mi ha fatto tornare al lavoro sebbene fossi morta di stanchezza, mentre di me si poteva benissimo fare a meno.
Uscita dalla biblioteca, ho visto una mia amica e abbiamo preso un ottimo gelato insieme.
Il tempo era magnifico. Siamo andate a sederci nel parco, e davanti a noi hanno gonfiato un castello coloratissimo, ed è arrivata una nuvola di bambini per giocare.




Poi, verso sera, sulla via di casa, mi sono fermata in un'altra gelateria che volevo provare da svariati mesi a questa parte.
Una botta di vita.
Nello spiazzo davanti al negozio si era raccolta molta gente del quartiere. Erano tutti allegri e sorridenti, e parlavano e scherzavano tra di loro. Le donne di una certa età stavano in ciabatte, vestite coi grembiuli di casa, come se fossero in un vicolo di Napoli – o come se si sentissero a proprio agio, nella cucina di casa.


Anche la gelataia era di buon umore. “Sto qui e faccio coni a chi me li chiede! Che devo fare?”, raccontava a un cliente. E si vedeva che la cosa non le dispiaceva affatto.
Io ho preso un gelato stracciatella e nocciolato.
La stracciatella era piuttosto acquosa.​
Ma il nocciolato era davvero molto buono.
Molto buono.


Buona settimana



Silvana

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