lunedì 18 gennaio 2016

18 gennaio 2016 - Gentilezze

Tanti anni fa avevamo un'amica di famiglia australiana.
Si chiamava Elsa, e a me, che ero bambina, sembrava vecchissima.
In realtà non era così vecchia. Aveva - o cielo! - pochi anni più di quanti io ne ho adesso.
Però - questo è certo - aveva più esperienza di noi in famiglia. O, quanto meno, aveva visto più mondo.
Le piaceva viaggiare, e nei suoi spostamenti transcontinentali di mesi e mesi, ogni cinque o sei anni faceva tappa a casa nostra, come una cometa.


Raccontava storie interessanti, Elsa, soprattutto dopo che ho imparato l'inglese.
Una delle sue massime preferite era: "Nei miei viaggi, ho sempre potuto contare sulla gentilezza degli estranei".
E quanto piacerebbe anche a me poterci contare, soprattutto adesso che ho quattro protrusioni cervicali che mi limitano nei movimenti...

Purtroppo, il tempo ci porta spesso a scoprire che l'originalità dei nostri amici non è sempre così cristallina:


E tuttavia, l'essenza della massima non cambia: perché il mondo sia vivibile, tra estranei dobbiamo essere gentili.

Una costatazione meno scontata di quanto sembri.

Io, ad esempio, il 31 dicembre scorso, verso sera, quando sono stata investita sul marciapiede da un ciclista che mi ha preso alle spalle, avrei preferito quanto meno che il tipo mi chiedesse "Come sta, signora? Le ho fatto male? Guardi, mi scuso tanto, non posso rischiare di andare per strada per non farmi uccidere, e avevo fretta di tornare a casa per festeggiare Capodanno con gli amici, quindi effettivamente stavo andando un po' troppo veloce e non facevo attenzione a dove andavo... Però le chiedo scusa, neh, e se le ho fatto davvero male le do una mano!".
Invece, quell'individuo ha alzato la voce, aggredendomi con un: "Ehi, ma gli occhi ce li hai? Perché non guardi dove vai?"
E' vero: non ho gli occhi nella schiena, e almeno sul marciapiede vorrei poter camminare tranquilla...
Insomma, abbiamo finito per urlarci reciprocamente brutte cose.
Fortuna che non era il primo di gennaio: l'avrei preso per un cattivo segno.


Io, invece, so di essere una persona gentile.
Me lo diceva quel ragazzo che amavo alla follia.
Quando cucinavo per lui, quando lo ospitavo a casa mia, quando mi toglievo il sangue dalle vene per offrirglielo, mi rispondeva: "Grazie, sei molto gentile".



Per quanto fossi innamorata, non potevo non capire che quell'individuo mi prendeva in giro, e che le sue formule di cortesia erano pura ironia.
A quei tempi soffocavo di rabbia e frustrazione.
Più tardi, ho colto l'ispirazione e ho preso ad imitarlo, 

Così, lo scorso dicembre, quando ho costatato che certi miei cr-editori non mi avevano ancora corrisposto i diritti d'autore per il 2014, e ho dovuto farmi viva io per ricordargli la mia esistenza (non era la prima volta che si sbadavano, e non sarà l'ultima, perché nel rispondermi mi hanno candidamente detto: "Non vogliamo abusare delle tua pazienza, quindi le prossime volte ricordaci di te un po' prima"), e quando finalmente poi sono stata pagata, io ho risposto: "Grazie, sei molto gentile".

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Il tenore era questo, se conoscete il libro. 
Se non lo conoscete, ve lo consiglio. E' roba forte...


Per concludere: la nostra gentilezza rivolgiamola agli estranei. Pretendiamola dagli estranei.
Per una questione di civiltà.


Da chi ci è vicino, è meglio ottenere, a seconda dei casi, amore e giustizia.


Buona settimana!

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