lunedì 28 marzo 2016

28 marzo 2016 - Non sono Maddalene

Non c'è bisogno di essere Proust per sapere che un gusto dimenticato da tempo ti riporta con forza nel passato.
Qualche tempo fa ho assaggiato una carruba - misteriosissimo frutto - e all'improvviso ho ricordato le mie vacanze al mare di quando avevo tre o quattro anni.

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O forse, mi è tornata la memoria di una vita precedente: ero un cavallo, galoppavo e nitrivo felice, e le carrube erano il mio pasto preferito. 
Chi può dirlo.


Diverso è il caso dei cibi-feticcio - quelli che adoriamo e ricerchiamo in ogni angolo del mondo, perché ci siamo messi in testa che sono buonissimi, straordinari, e che non possiamo vivere senza, almeno un paio di volte all'anno.

I croissant, ad esempio.

Io vado pazza per i croissant.
I croissant per me sono come il sacro Graal.
Ovunque vada li compro e me ne nutro religiosamente (mai sotto casa, per ovvie ragioni: il sacro Graal lo trovate forse nel discount all'angolo?) - soprattutto in Francia bien sur.
E però, sebbene in ogni croissant io riconosca qualche caratteristica che lo avvicina all'idea platonica originaria, non ce n'è uno che risponda pienamente all'illusione che me ne sono fatta.
Perché queste brioche sono sempre troppo secche. O troppo unte. O troppo dolci. O troppo piccole. O troppo pesanti.

Ma così non è stato nella bella città di Bordeaux, nel lontano 2010.

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A Bordeaux mi sono fermata solo un paio di giorni, ma per qualche misterioso motivo mi è subito sembrata una città magica.
Sono arrivata col buio, e mi sono subito ritrovata in mezzo alle luci e ai riflessi di Place de la Bourse.


In città vedevo antichi palazzi che mi sembravano materializzarsi dalle favole che leggevo quando ero bambina.


Non c'è da stupirsi che il mattino dopo, dopo una notte passata in una pensione che trovavo piena di charme, degna della Brigitte Bardot dei tempi migliori

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La moquette, dopo la visita di BB, non è più stata cambiata

in una viuzza del centro abbia finalmente mangiato il croissant PERFETTO!
Né dolce né salato, leggero, friabile, brroso ma non pesante, lo vendeva una signora anziana metà fata turchina, metà portinaia di un giallo di Simenon.

Avrei voluto e dovuto tornare indietro e comprarne altri quindici, ma l'essere con cui mi trovavo non era in grado di capire il mio entusiasmo, e ha disapprovato quello che per lui era solo un eccesso da donna delle caverne sottosviluppata - come dubitarne.

Se qualcuno vuole tornare a Bordeaux con me per fare il tour delle boulangéries alla ricerca del croissant perduto, fatemelo sapere.
Mi pare che a Bordeaux arrivi Ryanair, che forse non è una linea da favola ma certo in molti casi rende tutto più facile.

Un altro cibo-feticcio, per me, sono le lasagne di mia madre.

Le lasagne, nella mia famiglia, vengono fatte in due occasioni: a Natale e a Pasqua.
Una volta se ne occupava mia madre, da sola.
Da qualche anno, data la monumentalità dell'opera, sono io che aiuto la cuoca, alla vigilia della festa, spiattellando con sempre maggior maestria sugo e besciamella tra i vari strati di pasta.

Le lasagne di mia madre sono un piatto che è stato perfezionato nel corso del tempo.
Anche in questo caso si è cercato il sacro Graal dell'equilibrio perfetto tra spessore delle lasagne, densità della salsa, sapidità del sugo.
E poi: se mettere o no le uova sode in memoria di mio padre, e quanto a lungo cuocerle, quanto a lungo scaldare, e a che temperatura... Tutti dettagli su cui mia madre ha preso nota, un anno dopo l'altro, per poi perdere gli appunti, o non saperli più interpretare.
Ma questo è un male di famiglia, la capisco benissimo.

Quest'anno, le lasagne sono venute bene, come sempre.
Come sempre, più o meno bene, nella nostra ricerca della perfezione assoluta.
Le lasagne, nella mia famiglia, sono come l'Olandese Volante: l'importante è cercare, sperimentare, sognare,


mangiare è quasi una questione secondaria.

E questo mi riconforta relativamente al futuro: perché c'è sempre l'ultima volta che si mangia un certo cibo, ma dopo viene la memoria, come nell'Eucarestia

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Immagine da Pinterest


e finché c'è la memoria, che venga materialmente ingoiato o no, il cibo feticcio è sempre lì, davanti a noi, o dietro di noi, a riempire le nostre bocche e il nostro cuore.

Buona settimana

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