lunedì 11 luglio 2016

11 luglio 2016 - Routinario reportage

I nostri pensieri disegnano una linea continua nelle nostre vite.
Lo stesso i nostri passi.
A volte tracciamo sempre gli stessi percorsi.
A volte - ZIIIP! - la linea si allunga verso destinazioni insolite. Andiamo A Londra. A Malaga. A Stoccolma. A Canicattì.
A Canicattì, evidentemente, ci vanno in tantì: è un luogo citatissimo.

Io ho allungato la mia linea fino a Francoforte, e qui ogni mattina traccio il mio percorso di routine, da casa a scuola.
Ho cominciato la settimana scorsa, e questa settimana finisco. 
Non dura a lungo. E voglio mostrarlo anche a voi.

Dunque:


Questo è l'uscio.
Daniela, la padrona di casa con cui sto facendo amicizia, ha fatto un po' fatica a darmene le chiavi. Per un paio di giorni mi ha chiesto: "Dove le hai messe? Non le dimentichi, vero?".
La capisco benissimo.
Anch'io farei fatica a dare le chiavi di casa mia a una sconosciuta.
Soprattutto, a una come me.


Queste sono le scale.
I tedeschi, spesso, vanno sulle scale a fumare, per non impestare la casa.
Sono molto gentili, i tedeschi. Anche con se stessi.


Questa è la porta che dà sul cortile.


Questo è il cortile, dalla parte del portone che dà sulla strada.
Aprite sempre con prudenza questi portoni, e prima di uscire sul marciapiede guardate a destra e a sinistra.
Martedì scorso stava per investirmi una macchina con gli scopettoni rotanti in azione.
Oggi mi ha mancato per poco una bambina bionda in bicicletta.



​Il portone affaccia su Marburgerstrasse.
Qui, una settimana fa, ho visto un signore caduto dalla bici.
Era steso in mezzo alla strada e urlava "Au au au!" (in tedesco vuol dire "Ahi!) tenendosi una spalla.
Mi sono chiesta se fosse il caso di andare ad aiutarlo, ma subito sono accorse altre persone col cellulare alla mano per chiamare l'emergenza.
Molto meglio così: immaginate se in un momento di bisogno vi soccorresse una straniera che non capisce unaa parola di quello che dite e che non sa nemmeno il numero del pronto soccorso... Una disgrazia dopo l'altra!


Marburgerstrasse sfocia in Leipzigerstrasse.
Leipzigerstrasse mi piace moltissimo.
E' vivace, colorata. La versione nordica ed educata di - diciamo - via Padova a Milano.
Stamattina però era coperto, la fotografia non le rende giustizia.
Dice Daniela che una volta era più bella: c'erano negozietti tipici, e adesso ci sono catene globalizzate.
A me piace comunque.


L'ingresso della metropolitana che prendo io.
La stazione si chiama - guarda un po' - Leipzigerstrasse.


L'ingresso alla stazione.
A Francoforte non ci sono tornelli.
Ogni tanto, è vero, passa il controllore, ma di fatto la Società dimostra di fidarsi di te.
E' lo stesso principio che si respira nelle biblioteche pubbliche.
E io qui, ve lo giuro, non ho mai viaggiato senza biglietto.


Il binario.
Qualche giorno fa ne ho fatta una più bella e meno mossa, ma non c'era il treno in arrivo.


Interno di un vagone della linea U-6.
Se nella foto riconoscete vostro cognato di Francoforte non ditegli che è sul mio blog: non ho voglia di cancellare facce.


Cambio linea a Konstablerwache, passo a prendere un qualsiasi treno delle S-Bahn che vadano da sinistra a destra.
Le S-Bahn sono linee che vanno fin fuori città. Mi pare che S stia per Schnell, cioè veloce.
(Così, giusto per dire qualcosa)


Interno della S-Bahn.
Il solito discorso: se riconoscete la cugina del fratello del vicino della zia, non ditele niente.


Scendo a Ostendstrasse.
Ostend sta per "Estremità est" (della città).
Qui c'è la mia scuola.


"Ausgang" è una parola molto utile da sapere da queste parti: vuol dire uscita.


La pedonale che mi porta a scuola.
In fondo si vede il nuovo grattacielo della BCE.
Mario Draghi lavora qui, in un piano verso il centro del palazzo.
Chi lavora alla BCE non è ben visto da queste parti: è gente che non si mischia con gli altri, hanno un sacco di privilegi e di soldi e hanno rovinato il mercato immobiliare, portando il prezzo degli affitti alle stelle.
Una volta tanto, un problema che in Italia non abbiamo. 


Il piazzale davanti alla scuola.



​Il cortile della scuola.
Si tratta della Volkhochschule, un istituto comunale di educazione permanente, dove frequentano i corsi - ad esempio - gli stranieri che devono dimostrare di conoscere la lingua per poter lavorare.
Non un Goetheinstitut elitario, dunque.
Un'istituzione meritoria e democratica dove noi, Milanesi in spedizione di gemellaggio cittadino, siamo stati trattati molto molto bene.


Nell'atrio: il tabellone dove ogni mattina cerco di capire in che aula ho lezione.
Oggi ero nella 5001.


L'ascensore.
Terza lezione di tedesco: EG sta per Erdgeschoss, piano terra.


L'interno dell'ascensore.


Che si apre sull'atrio del quinto piano.


La porta dell'aula di stamattina.
E' venuta mossa, mi dispiace: ero un po' in ritardo e ho fatto tutto molto in fretta.
Non capisco cosa sia quella macchia scura là in fondo: forse un fantasma?
Mi pare che potrebbe essere la mia ombra, perché un poco mi somiglia, ma non capisco come possa essersi proiettata proprio là.
Bho.


Eccomi arrivata, sui banchi di scuola.
Fine del viaggio.

E mi chiedo quante volte si debba ripetere un percorso perché diventi routine.
Chissà se i beduini del deserto pensano questo, dei loro spostamenti.

Buona settimana!

Silvana




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