lunedì 16 gennaio 2017

16 gennaio 2017 - Il cortile olandese

Io ho una pessima memoria.
Non sono in grado di riferire una conversazione battuta per battuta. Non ricordo i nomi delle persone, degli artisti, dei movimenti artistici, dei personaggi storici.
Li sapevo – li ho dimenticati.
Ignorante è chi non impara mai e chi dopo aver imparato, dimentica.

Anche dei libri che leggo e dei film che vedo mi rimangono ricordi molto nebulosi.
Rivivono in me come se fossero sogni: i segni che lasciano sono sensazioni  abbastanza vaghe di piacere o noia, trame semplificate, e certamente mai i nomi dei personaggi.
Con delle eccezioni.

Le eccezioni sono rappresentate da quelle scene, quei personaggi, quelle battute che confermano con particolare bellezza ed evidenza ciò che io sono – oppure, che in qualche modo lo determinano.

Ad esempio, in una delle scene finali de "Le conseguenze dell'amore", di Sorrentino (N.B.: ho dovuto cercare il titolo esatto in google), si vede il protagonista – un mafioso di mezz'età che vive isolato dal mondo, in un albergo svizzero, e sta per venire eliminato dai suoi colleghi per averli traditi in nome del suo ultimo sogno d'amore (N.B.: così ricordo la trama, ma non è detto che sia proprio esatta) – si vede il protagonista, dicevo, che dedica uno dei suoi ultimi pensieri all'unico vero amico che abbia avuto in vita, e che ancora sa essere amico suo, sebbene non lo veda da anni e anni.
Un tecnico della compagnia elettrica che vediamo arrampicarsi solitario ed eroico su un palo, durante una tempesta di neve, per riallacciare dei cavi.


E questo per me è l'amicizia.

Un'assenza.
E tuttavia, una consapevolezza che mi sostiene. 
Una comunicazione a distanza.
Una fede.

Vedo le mie colleghe quando lavoro.
Frequento regolarmente mia madre e mia sorella.
Organizzare degli incontri con le mie amiche, il più delle volte, pare sia Mission Impossible.
Ho quasi rinunciato.

Ma non rimprovero niente a nessuno: la vita moderna è difficile e pesante. D'inverno fa freddo. D'estate fa caldo. Abbiamo tanti problemi. Poco tempo. Siamo sempre stanchi – io per prima.
E' troppo grande la città.
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Io non ho una famiglia mia, ma so cosa voglia dire averla, perché so cosa mi manca quando sono da sola, giorno dopo giorno e minuto dopo minuto.

Ma non voglio parlare della solitudine.
La solitudine è una cosa imbarazzante. Più dei segni di un'ustione. Più della puzza di piedi.

Non parlo della solitudine con chi non è solo, perché chi ha fame non parla della propria fame con chi mangia regolarmente.
E non parlo della solitudine con chi è solo come me, perché pare sia obbrobrioso vedere riflesso negli altri questa specie di marchio d'infamia.

E dunque, in questi giorni in cui sono stata in casa per lo più da sola, con braccia e spalle acciaccate dai dolori dell'artrosi cervicale, e a misurarmi con la prospettiva di dover soffrire d'ora in poi di dolore cronico, mi sono venuti in mente i conventi.

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Il convento di San Maurizio a Milano - particolare

Chi lo sa: forse non si sono trovate così male le suorine nei conventi, nel corso dei secoli.
Erano donne che potevano contare sulla continua presenza di eguali.

E nel condominio dove ho vissuto un paio di settimane l'estate scorsa, in Germania, un gruppo di amiche senza famiglia tradizionale si sono organizzate per vivere vicine, ciascuna nel suo appartamento.

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Che soluzione geniale... Che bella tradizione nordica...

Dico nordica, perché tanti anni fa, quando sono stata ad Amsterdam, ho visto un bellissimo "cortile di zitelle".

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L'ingresso

Tradizionalmente, arrivate a una certa età, le donne sole avevano (e hanno tutt'ora, mi pare, ma non ricordo bene, of course) il diritto di ottenere un'abitazione in un condominio tutto per loro.

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Una decorazione del cortile

E non me le immagino disperate.
Non me le figuro incattivite, litigiose, pettegole e rancorose.
Me le vedo allegre e un poco sbevazzone, solidali e forti.
Spaventose, persino, col loro mattarello tra le mani, pronte a difendere i propri diritti.

Che bella vicinanza!
Quante mazzate col mattarello a chi manca di rispetto!

E che forte sensazione di essere nata nel posto sbagliato...

Buona settimana
  
Silvana


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