lunedì 12 giugno 2017

12 giugno 2017 - Perdere un braccio

Da diverso tempo sono vittima di uno strano fenomeno.
Cammino per la strada, e vedo tante persone senza braccia. Tantissime.
Per lo più, alla fine mi rendo conto che si tratta della prospettiva, della posizione assunta dal passante, di un'illusione ottica.


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Statua di Venere Esquilina - Immagine da Google

Ogni tanto, magari, qualche monco lo incrocio davvero. Ma non troppo spesso.

Perché mi succede questo?

Qui a Francoforte, quando sono tranquilla a casa, la sera, mi capita di passare le mezzorette a chiacchierare con le amiche di Milano.
Whatsapp è l'ultima meravigliosa scoperta. Ma non rinnego la posta elettronica, e internet in generale.
Dovrei sentirmi in colpa?
Dovrei forse scendere in strada ad adescare indigeni per chiacchierare dal vivo - che mi sarebbe anche più utile per la lingua?
No, grazie.

I mezzi di connessione totale ti permettono di sentire vicino chi è lontano. 
Una storia iniziata tempo fa, con l'invenzione del telefono, e arrivata oggi fino a Facebook.
Con Facebook puoi scoprire cosa stiano combinando amici e conoscenti, anche se non li coinvolgi direttamente in una conversazione.
E se pure non sono su Facebook, come è ad esempio il mio caso, spesso è google a tradirli.
Grazie a google sono venuta a sapere che un tipo con cui sono uscita una vita fa è morto all'improvviso d'infarto.
Poveraccio - e fortuna che ho smesso di vederlo. Adesso magari sarei vedova.
E ho visto la foto di quell'altro, con cui sarei voluta uscire e invece no.
E' diventato bruttissimo. Fortuna che non è successo niente...!

Internet mi fa pensare, insomma, allo specchio magico delle fiabe: se lo guardi, scopri come stanno i tuoi congiunti lontani.


Internet fa tanto, è vero. Sembra la macchina della presenza infinita.
Però - che banalità - non arriva dappertutto.

In questi giorni ho avuto modo di considerare, o per meglio dire di sentire, a quello che sono per me i miei amici.

Mi è capitato di perdere delle amicizie per una lite, un disamoramento, un voltafaccia, un colpo di distrazione.
Posso averne patito - a volte di più, a volte di meno - perché ne hanno risentito il mio orgoglio, o la mia sfera affettiva. 
Non è mai stata una tragedia.

D'altro canto, gli amici veri sono quelli che ti stanno addosso come una catenina d'argento: li metti una volta e poi sono sempre lì, senza bisogno di pensarci continuamente.

Neanche ai pezzi del tuo corpo pensi continuamente.
Li hai, li usi, e basta.

Tempo fa, quando ancora scrivevo, avevo imaginato una filastrocca in cui il protagonista, perdendo di volta in volta degli amici, si ritrova senza un dito, senza una mano, senza una gamba... 
Ecco, a me fino ad ora, in fondo in fondo, questo ancora non è successo.
Ancora non ho perso nessuno in modo tragico e definitivo.

Però passano gli anni.
Non sono più tanto giovane.

Vedo persone monche per strada.

Perdere un'amicizia tragicamente, adesso lo sento - o lo presento - sarebbe come se mi levassero un braccio.
Come se mi morisse un pezzo di anima, o come se un'emorragia cerebrale mi ottenebrasse per sempre una parte di cervello.
Quella in cui la tua amicizia viveva tranquilla.
Perdere un'amicizia è come un ictus.

A questo punto, direi che un vantaggio del morire giovani, se proprio dobbiamo metterci a fare questi bilanci, queste valutazioni, questi ragionamenti - un vantaggio del venire a mancare in giovane età, è che non vedi scomparire nessuno.

Non è cosa da poco.


Buona settimana!


Silvana

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