lunedì 29 settembre 2014

29 settembre 2014 - Altre volpi

La volpe di cui ho parlato la settimana scorsa, in realtà, non è stata la prima volpe della mia vita.
Già nel 2005 mi è capitato di incontrarne una, di notte, nel parco dell'Uccellina, lungo la strada che da Alberese porta alla spiaggia del parco.

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Anche allora incontrare una volpe che si avvicinava all'uomo tanto da mangiare dalle sue mani mi era sembrato un miracolo.
O, per meglio dire, una meravigliosa magia romantica: per la prima volta vado in vacanza con un certo nuovo fidanzato , e guarda cosa succede, quando siamo insieme!

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In realtà, le volpi dell'Uccellina avevano l'abitudine di presentarsi lungo quella strada ogni sera, per farsi nutrire dai turisti.
Ne aveva scritto con sdegno Concita de Gregorio, stigmatizzando l'imbastardirsi della vita selvaggia. Gli animali si avvicinano troppo all'uomo, e noi li corrompiamo, diceva lei.

Io trovo consolatorio e tranquillizzante  che ci siano sempre persone che hanno una visione più obbiettiva, integra ed etica - diciamocelo: anche più intelligente - della mia. Io ho persino il coraggio di divertirmi quando vado allo zoo. Mi intristisco anche un pochino, è vero, ma non abbastanza. Prevale comunque il piacere che provo a guardare gli animali.

Ma non è di questo che volevo parlare, oggi.
Oggi voglio ricordare che queste volpi, mentre prendevano il pane dalle nostre mani, guardavano altrove - mai noi.
Certo, stavano sul chi va là. Avevano paura e tenevano la situazione sotto controllo. 
Ma non è solo questo.

Il lunedì in genere vado da Lidl.
Sono un'abitudinaria: mi piace dare un occhio alle nuove offerte. Guardo incuriosita i formaggi "francesi" e i bagel "americani" delle vendite tematiche. Ci tengo a comprare gli Gnocchi della Nonna col 20% di sconto prima che gli altri clienti ne facciano incetta.
Due o tre settimane fa, da Lidl ho incrociato una ragazza di colore che ha risvegliato in me ricordi ancestrali: attraversava il negozio con una grossa confezione di detersivo in testa. 
Mi sono chiesta: chissà se anche la mia nonna del Molise ha trasportato la spesa a quel modo, quand'era a Milano. Tanto tempo fa, al paese di mio padre le donne facevano tutte così. Ora, la zona del trasporto cervicale si è spostata molto più a sud.
Poco più tardi, quella ragazza me la sono trovata poche clienti avanti a me, alla cassa. La cassiera le ha chiesto qualcosa e lei ha eseguito, senza dire una parola. La nostra lingua, quindi, la capiva.
Però non le ha risposto, e soprattutto non l'ha guardata in faccia.
Non ha mai guardato nessuno in faccia. Né all'interno del negozio, né una volta uscita.
Se n'è andata verso casa sua, sotto gli occhi ammirati di tutti, trasportando la sua spesa sulla testa, con un passo molleggiato da giraffa. 
Non era lei a Milano: eravamo noi a essere trasportati nella savana. Eravamo noi nel posto sbagliato.

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E io mi chiedo: quante cose possiamo fare, senza guardare? Da quanto male possiamo difenderci? Quanto riusciamo a preservare la nostra dignità, semplicemente escludendo dal nostro campo visivo l'interlocutore?

Forse, il primo lupo che ha preso del cibo dalle mani dell'uomo guardandolo negli occhi è stato anche il primo che è diventato cane.

Un ultimo episodio.
Le giornate si sono accorciate, non posso più tornare a casa in bicicletta, la sera. Ormai è troppo buio. Troppo pericoloso.
La settimana scorsa mi sono goduta una delle ultime corse verso casa in autonomia.
Il tempo era stupendo. Il cielo era di un blu cina intenso e luminoso. Tutto il mondo era blu cina e luminoso. Gli alberi del parco si stagliavano scuri contro il resto del mondo, i prati erano di un verde fosforescente, e le finestre accese delle case risaltavano allegre come le lucine del presepe. 

Immagine da Google

Io immaginavo le famiglie nelle cucine, le signore che con un gesto - hop! - lanciavano la tovaglia sulla tavola, e mi sembrava che stessero apparecchiando anche per me. Apparecchiavano il mondo per me, che non capivo bene se ero dentro una casa o fuori, per la strada.
Insomma: io vado, con la mia lucina della bici accesa, col mio gilet arancione fosforescente addosso, e nell'ultimo tratto di parco vedo venirmi incontro tre ragazze che fanno jogging. Anche loro sono illuminate da delle luci. "Ma che brave!" mi dico, "Segnalano la propria presenza per correre in tutta sicurezza!".
Io mi sposto sulla destra, perché in questo paese si usa così. Immagino che anche la ragazza che mi viene incontro si sposterà sulla destra. D'altronde, se va in giro con la lucina è perché è guardinga e attenta alla situazione.
E ci avviciniamo sempre di più.
"Adesso si sposta!", continuo a dirmi. E ci avviciniamo. "Si sposterà", continuo a ragionare. E siamo sempre più vicine. "Si sposter.."
Non si è spostata.
Per la seconda volta in meno di un mese sono finita col sedere a terra.
Perché le lucine che illuminavano le giovani atlete non erano luci di segnalazione.
Era il riflesso del display dei cellulari da cui non staccavano gli occhi.

Delle vere volpi!




Buona settimana

Silvana

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