lunedì 15 dicembre 2014

15 dicembre 2014 - La conoscenza

Qualche mese fa ho visitato l'orto botanico di Cagliari.
Ho visto molte belle piante, e fiori e alberi, ciascuno col cartellino che ne indicava il nome.

Quando sono arrivata a un certo mastodonte vegetale, ho appreso che si trattava di una washingtonia. 

Inline image 1

Qui, sono rimasta particolarmente colpita dalla caratteristica di noi uomini, che ad ogni cosa dobbiamo dare un nome. 
Ma non è detto che questo nome, per la cosa,  sia necessario.
La washingtonia, ad esempio, certamente esiste anche senza l'etichettina tutta storta che sta ai suoi piedi - metafora della labilità dell'interpretazione umana delle cose - ed esiste magnificamente.

Io, di piante e specie di cui non so il nome, ne incontro a decine ogni giorno, perché come ormai ho detto varie volte abitualmente attraverso un parco a piedi o in bicicletta per andare al lavoro.
Dopo anni e anni di passeggiate, posso dire di conoscerlo abbastanza bene.
So dove nascono gli occhi della madonna a primavera



e che gli occhi della madonna sono tra i primi ad apparire, con la bella stagione.

Conosco il punto in cui il parco sembra un animale fulvo, e quale luce gli fa crescere la pelliccia, - tipicamente, d'autunno.

Inline image 2

So quando e dove è bello fotografare sia la brina

Inline image 3

che la neve, nella sua peggiore fattispecie: quella che da queste parti è chiamata "piccio-paccio".

Inline image 4


Ma sono pochi i nomi che so dare - sia alle piante, che agli animali.
Occhi della Madonna, quercia, trifoglio, cornacchia, merlo, storno.
E comunque, la vera conoscenza, da parte mia, nasce dal fatto che so dove trovarli. La stagione in cui compaiono. Come suonano i versi che emettono.
Li conosco perché, in termini di tempo, in questo parco ho investito tantissimo.

Se invece sapessi i nomi di tutte le specie, e conoscessi la natura da scienziata, mi sentirei a casa ovunque. Non perché io sia stata ovunque, e abbia camminato per mesi e anni ovunque, ma perché conosco teoria e nomi.
Sono due approcci diversi nei confronti della realtà.

Penso in particolare a certi alberi.
Sono alberi che mi piacciono molto, perché cambiano con le stagioni. Più degli altri.
A primavera, ad esempio, sui loro rami nascono gli omini buffi.
Vengono fuori con un'aria birichina, vivace e molto, molto cordiale.
Sono omini buffi che salutano:


Hi!
Poi, arriva la stagione dei fiori.
I fiori di questo albero non sono prima piccoli e poi grandi.
Sono prima crudi, e poi pronti.



Passato un certo tempo, non cadono dai rami.
Rimangono attaccati anche nella brutta stagione, come decorazioni dal sapore un po' orientale



Si tratta inoltre di alberi molto saggi, 
Già a luglio producono foglie gialle gialle



Un "memento mori" vegetale, offerto con molto stile.

Poi, qualche giorno fa esco con una mia amica.
Vede delle foglie a terra, e dice: "L'albero dei tulipani!"
Ma io quelle foglie le conosco...
Guardo su wikipedia


e imparo che i miei alberi dei fiori crudi si chiamano, in realtà, liriodendron.

Mi ha fatto piacere conoscere meglio questi miei amici legnosi?
No.
Perché da quando conosco il loro nome, li sento meno miei.
La pagina di wikipedia può leggerla chiunque...

E quindi, non mostrerò a nessuno la foto di quell'uccello rosso che incrocio di tanto in tanto.
E' un uccello pauroso, che non si lascia avvicinare.
E' a metà strada tra il pappagallo e il falco.
Un giorno l'ho sorpreso dietro una curva, la mia apparizione improvvisa l'ha spaventato, e mi è volato sopra la testa come una nuvola d'oro, fuggendo via, inafferrabile come un vaticinio.

Io posso sognare tutto quello che voglio, su questo uccello.
Posso immaginare persino che sia una specie sconosciuta, che vedo solo io, quando attraverso il Parco Nord.
Conoscere il suo nome non aggiungerebbe niente, anzi mi toglierebbe molto.

Insomma: se la conoscenza è una foresta, forse io preferisco attraversarla da ignorante.
Avanti e indietro, diverse volte.



Buona settimana!


Silvana

Nessun commento:

Posta un commento