lunedì 30 marzo 2015

30 marzo 2015 - Voci di dentro

Forse lo sapete già: non riesco a fare a meno di sbirciare nelle finestre altrui.
Come in tanti altri casi, mi vergogno un po' ma lo faccio lo stesso.
Io non riesco a trattenermi. Si difendano gli abitanti delle case come possono.


Amsterdam
E' la curiosità per il mondo degli altri a spingermi. Come vivono, gli altri? Che gusti hanno? Come si organizzano le case? Che tesori vi custodiscono, come ci si muovono?
Come anche Nanni Moretti, mi piacerebbe visitarle tutte.


In realtà, sono sicura che moltissime case, se riuscissi a entrarci, mi deluderebbero.
Le abitazioni degli altri sono, innanzitutto, di gusto diverso dal mio. Alcune sono squallide, altre troppo pulite. Possono essere banali, o pretenziose...
Insomma, entrare in una casa d'altri è anche un rischio.


Lo stesso vale per la testa della gente.
Mi interessano, gli altri. Sono sempre curiosa di sapere come vivono la realtà. Che sensazione traggono dalla realtà. Che interpretazione ne danno.
Uno dei grandi misteri che mi arrovellava, quando ero piccola, era: "Perché io sono io, e non un altro? Perché non riesco a uscire dal mio cranio e entrare nella coscienza - ad esempio - di mia sorella? E che cosa dovrei fare, per riuscirci?"
Una semplice risposta a questo interrogativo sarebbe: ascolta quello che dicono.
La parola dovrebbe essere una produzione diretta della mente.
Ma come non tenere conto delle menzogne, delle auto-censure, delle reinterpretazioni involontarie, e chi ne ha più ne metta? 
Chi parla con te, in qualche modo, non dice mai la verità.

Diverso è, credo, se una persona parla da sola, a se stessa, seguendo un proprio treno di pensieri.
In questo caso, mi illudo di assistere a un sincero disvelamento dell'intimità cerebrale.
Ma anche qui, mi chiedo: vale davvero la pena guardare nella testa altrui?
Quando mi capita di uscire dalla biblioteca insieme alla collega che non amo, e assito al cerimoniale di chiusura che mette in atto sempre uguale, mormorando a se stessa, a mezza voce, le azioni che compie - Apri l'armadio, tira fuori la roba, spingi l'antina, gira la chiavetta, mettiti questo, controlla quell'altro - io mi rendo conto che guardare nella testa altrui può essere un vero giro nel tunnel dell'orrore


Meglio rimanere sulle proprie, e non chiedere niente a nessuno.
Tanto, ne ho già abbastanza delle mie, di produzioni mentali...

Ad esempio, io una volta parlavo abbastanza spesso nella mia mente, ma mi rivolgevo a qualcun altro. Immaginavo di spiegare a mio figlio come si fanno le cose.
Poi, giunta nullipara ai 40 anni - quella che ai tempi era considerata l'età limite per avere bambini - ho smesso di botto.
In compenso, ancora adesso spiego tra me e me che cosa sto facendo, via via che lavoro la creta. 
C'est bizarre: lo faccio in francese, perché per qualche arcano motivo immagino di essere la maestra di un corso d'Oltralpe.



​Aujourd'hui, je vous apprendrai à faire des chatons.


Forse, troppo forte è la pulsione all'immaginarsi di avere una vita diversa dalla propria, anche quando i giochi oramai sono fatti.

Poi, quando ho un'amicizia nuova - una entusiasmante -  nel mio intimo mi capita di parlare molto di me stessa a questo interlocutore nuovo. Racconto di me fatti, storie e sensazioni che avevo dimenticato, e mi sento molto ricca.

Questo mi accadeva anche quando mi innamoravo, ma è un fatto ormai lontano.

So che alcune persone hanno un interlocutore mentale fisso.
Quando ero molto giovane - ancora andavo all'università - una mia amica più grande mi aveva invitato qualche giorno in montagna, da lei, mentre era là da sola.
Ovunque andassimo, qualsiasi cosa vedessimo, diceva "Questo devo dirlo a mio marito. Lui risponderebbe così. Penserebbe cosà. Perché nel 1978, invece, ci eravamo detti questo....".
Era evidente che questo marito, conosciuto sui banchi del liceo tanti anni prima, e da cui si stava separando con dolore, aveva pervaso tutto il suo mondo, quello interno e quello esterno. Stava stampato sulla faccia delle montagne della Valtellina, e sulle pareti della caverna che era il suo cuore.


Da Nationalgeogrphic Science

Io di interlocutori fissi non ne ho.
Però, quando ho smesso di parlare al mio bambino immaginario, ho cominciato a scrivere favole.

Forse queste lettere del lunedì sono le mie voci di dentro?

Non lo so... Diciamo che è meglio lasciar perdere le domande inutili, e ascoltarsi un bel brano di Mozart.
Pensate che privilegio abbiamo: ancora oggi possiamo ascoltare la produzione mentale di un genio.
Chi ragiona con le note fa più fatica a mentire...


Buona settimana!

Silvana

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