domenica 29 novembre 2015

30 novembre 2015 - Natale in biblioteca

Si avvicina Natale.
Fervono le attività nelle biblioteche del mondo.

L'anno scorso ho partecipato anch'io al Natalario organizzato dalle colleghe: una favola al giorno per i nostri utenti più piccoli, con regalino in tema, per concludere.



Io avevo adattato al contesto la storia di un mio librino, regalando qualche decina di topi di ceramica che avevo fatto a casa.

Quest'anno, l'iniziativa si ripete.

E dato che io sono una persona con pretese di originalità, ho cercato qualcosa da leggere nel vasto mare di quanto avevo scritto senza mai riuscire a pubblicare, una decina d'anni fa.
Ho trovato la storia seguente:


Il Capodanno del signor Armando
Ancora poche ore, e sarebbe scoccata la mezzanotte di San Silvestro.
L’enorme piazza della città straripava di folla: gente di ogni età si era lì riunita, come ogni anno, per festeggiare insieme, ascoltando il concerto offerto dal Comune, parlando, ridendo e scambiandosi gli auguri, come è consuetudine, in attesa di salutare l’anno nuovo.
Unica eccezione, un vecchio signore tutto vestito di nero che cercava di attraversare la piazza il più velocemente possibile, con il volto quasi completamente nascosto dalla sciarpa, accigliato e stretto nelle spalle.
“Cosa credono di combinare, tutti questi stupidi, riuniti qui in piazza? Cosa c’è da festeggiare? Perché non se ne stanno a casa loro, al loro posto, e fanno tutta questa confusione, questo disordine?”, borbottava nella sciarpa, mentre procedeva a fatica con un passo a destra e due a sinistra, stringendo con le mani affondate nelle tasche un enorme lucchetto, da una parte, e una valvola dall’altra.
“Fortuna che ho trovato aperto il negozio di serramenti e antifurti, mi sembra un miracolo”, pensava. “Lo sanno tutti che i ladri approfittano proprio di momenti come questi, quando tutti i gonzi vanno in giro a fare festa e lasciano le loro case vuote e abbandonate. Con la gente che c’è al giorno d’oggi…
Guarda questo re magio qui, ad esempio”, sibilava a denti stretti passando accanto a un africano che scuoteva ritmicamente una zucca piena di sassolini ed emanava bagliori candidi sorridendo in tutte le direzioni. “È proprio del colore adatto per passare inosservato di notte, e se lo sorprendono e scappa, ciao pepp’, non lo vedono nemmeno in faccia per poterlo denunciare!
Questi altri qui, invece”, borbottava passando accanto a un gruppo di uomini con la testa tonda tonda coperta da una foltissima capigliatura “questi qui sono quelli che si arrampicano dappertutto. Arrivano in cima ai grattacieli veloci come scimmie, e te li ritrovi in camera da letto con le mani sotto il materasso mentre dormi il sonno del giusto! E magari è il tuo ultimo sonno da vivo, perché quelli hanno il coltello facile…
Ma non riusciranno a fare fesso me! Con questi due ultimi pezzi, la mia casa è assolutamente sicura. Tutte le vie d’entrata sono protette, non c’è porta e non c’è finestra che non sia blindata o rinforzata, e se anche riescono a entrare, scattano tanti di quegli allarmi da svegliare i morti, e arriva subito la polizia a portarseli via con l’autoblindo!”
Nel corso degli ultimi anni, di fatto, il signor Armando aveva trasformato la propria casa in una fortezza. Si teneva aggiornato su tutte le innovazioni introdotte nei sistemi di sicurezza, e le adottava. I suoi interessi stavano tutti lì. Parenti non ne frequentava, amici non ne aveva e non ne cercava. Pensava solo alla sua casa, e a come proteggerla.
Attraversata a fatica la piazza, il signor Armando era praticamente arrivato.
Girò dietro un angolo, entrò in un portone, salì qualche gradino e, dopo un lungo sferragliare, varcò la soglia della sua dimora.
“Che bello, che bello, adesso mi metto qui tranquillo…!”, canterellava soddisfatto, mentre con i suoi nuovi acquisti perfezionava il suo poderoso sistema di difesa.
Quando ebbe inserito tutti gli antifurti ed ebbe fatto scattare l’ultimo lucchetto, il signor Armando si sentì finalmente al sicuro. Tirò un sospiro di sollievo, si spazzolò la polvere dalle maniche e, versatosi un bicchierino di porto, andò in soggiorno, a godersi quello che restava dell’anno vecchio in perfetta tranquillità.
Ma non appena si fu seduto in poltrona udì un frusciare, un battere lungo le pareti, dei rumori inspiegabili e inquietanti che sembravano provenire dalla canna fumaria del caminetto.
“È arrivato uno di quelli che si arrampicano! Il camino dovevo farlo murare! Come ho fatto a non pensarci, stupido che sono?”, si disse Armando, mentre correva in cucina alla ricerca del matterello.
Arrivò in soggiorno giusto in tempo per accogliere l’invasore che, in un gran nuvola di polvere e fuliggine, aveva già toccato terra e stava per rialzarsi.
“Beccati questo! E questo!”, urlava il signor Armando mentre menava colpi con il furore di un indemoniato, “Maledetto ladro, alla fine sei riuscito a entrarmi in casa, eh? Da quanto tempo mi spiavi? Pensavi di tagliarmi la gola e portare via tutto, non è vero? E invece avrai quello che ti meriti! Prendi questo! E questo!”
Il malcapitato stava steso sul pavimento e cercava di proteggersi la testa con i gomiti sollevati, senza emettere un gemito. Infine, una voce tonante e profonda risuonò:
“Fermati, Armando! Come osi farmi questo?”
Il tono era così autorevole che il padrone di casa rimase bloccato col matterello a mezz’aria, perplesso. Nella voce dell’intruso non aveva colto paura o dolore, ma una sicurezza e un’indignazione che Armando non riusciva assolutamente a spiegarsi. E quando i suoi occhi non furono più annebbiati dalla furia, vide sollevarsi lentamente da terra un bellissimo giovane senza né un livido né un graffio, alto e atletico, coi capelli lunghi arrotolati in voluttuosi boccoli biondi, vestito con una lunga tunica di stoffa azzurra cangiante che ricadeva morbida su due piedi vigorosi ed eleganti insieme, stretti da sandali di cuoio dorato. Dietro la schiena, sbattevano nervosamente con un frusciare da aquilone due enormi ali di penne colorate, simili a quelle dei germani che sguazzavano nel laghetto del parco cittadino.
Il signor Armando trasecolò, fulminato da tanta bellezza, che in precedenza aveva visto solo raffigurata in certe annunciazioni rinascimentali. Il matterello gli cadde pesantemente di mano con un rumore sordo.
“Ma tu… chi sei?” chiese al nuovo venuto con una voce che si era fatta sottile e tremante, portandosi una mano alla bocca.
Lo splendido giovane lo fulminò con lo sguardo e tuonò:
“Sono, anzi, ero il tuo angelo custode!”
“Oh, mio Dio…”, esclamò Armando, allarmato, e poi balbettò “Ti prego, perdonami! Pensavo che tu fossi… Ti ho scambiato per qualcun altro! Ma perché sei venuto giù dal camino? Ti ho fatto male? Cosa posso fare per te?”
“Settanta volte sette stolto, o miserevole uomo, tu per me, anzi per te, non puoi fare più niente! Ti ho smarrito poc’anzi nella confusione della piazza, ho pensato di raggiungerti qui, presso la tua dimora, ma ho trovato tutte le porte e le finestre sbarrate! E tu osi accogliermi a bastonate, anima persa… Ma non ti aduggiare per me, niente può ferire noi angeli. Offenderci, però, sì, possiamo, e tale è l’indignazione che mi arde nell’animo, che immantinente ti abbandono a te stesso, né più mai ti offrirò i miei servigi!”
Armando non ebbe tempo di aprire bocca per formulare una preghiera o una scusa: l’angelo in un istante si avvicinò a una finestra, l’aprì e sparì su nel cielo, mentre rintoccava la mezzanotte e mille fuochi d’artificio salutavano il nuovo anno.
Che per il signor Armando non durò molto a lungo: il giorno dell’Epifania fu travolto sulle strisce pedonali da un autotreno a rimorchio che aveva perso il controllo su una lastra di ghiaccio.
Le autorità che dovettero sbrigare le pratiche del caso riuscirono a fatica a introdursi nella sua casa. Per aggirare antifurti e asserragliamenti decisero di chiamare i pompieri, che dovettero calarsi, anche loro, giù dal camino.
“Strano!”, commentò il comandante in seguito, “Lo abbiamo trovato perfettamente pulito. C’era solo questa…” aggiunse, mostrando ai colleghi una lunghissima penna d’oro, che illuminava la caserma con mille bagliori.

Mi rendo conto molto bene che, così com'è, il racconto non è perfettamente adatto ai più piccoli...
Per questo lancio un appello: fatevi editor, datemi dei consigli, rimaneggerò la favola secondo le vostre indicazioni e fra qualche giorno leggerò proprio la storia che ci vuole. 
Proprio ma proprio quella!

Grazie.

E buona settimana.


Silvana

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